“Per
cinque dollari in più, posso darvi la suite della luna
di miele. Ha qualcosa che le altre stanze non hanno…”
Con questa ammiccante provocazione il direttore del fatiscente
ed isolato Pinewood Motel accoglie la coppia sull’orlo
di una crisi matrimoniale Amy e David Fox, minata dalla scomparsa
prematura del giovane figlio.
Quel qualcosa in più che la stanza offre è un
viaggio all’interno di un incubo senza fine, che se
da una parte ha il potere catartico di ricomporre la coppia,
altro che anni in psicoanalisi un bell’incubo ad occhi
aperti ed il trauma viene cicatrizzato, dall’altro trasporta
i due sfortunati protagonisti al centro della cronaca nera
più inquietante.
Vacancy aveva tutte le carte
in regola per soddisfare il palato poco sopraffino degli amanti
del genere b-movie, ingredienti ad hoc per un viaggio rinfrescante
all’interno della paura e dell’orrore in cerca
di quei brividi che aiutano a sopravvivere nel caldo afoso.
Un motel isolato che richiama, sin troppo (?) i ben più
famosi di Psycho – vedi
la reception - e Quel motel vicino alla
palude; due attori accattivanti come la bella Kate
Beckinsale ed il funzionale Luke Wilson; un’idea che
se non eccelle per originalità poteva dare luogo a
divertenti spunti e divagazioni narrative. Insomma gli ingredienti
c’erano, mancava un abile cuoco che li cucinasse a dovere
e servisse con professionalità artiginale.
Invece la scialba regia di Nimrod Antal (Kontroll,
da riscoprire) finisce da una parte per prendersi troppo sul
serio dall’altro si fa scivolare la non eccelsa materia
narrativa dalle mani. Non lo aiuta di certo la sceneggiatura
di Mark L. Smith che si prolunga troppo nell’incipit
di apertura, sottolineando in maniera eccessiva lo stato emotivo
e psicologico dei due protagonisti – si capisce subito,
di cosa soffrono i due -, prosegue con una buona costruzione
della suspence all’arrivo dei due nel motel, nel primo
impatto con i suoi abitanti e con l’ambiente circostante.
Buona la tensione sino alla scoperta da parte dei due protagonisti
delle videocamere in stanza, ma da qui in avanti il film inizia
a girare a vuoto su se stesso, ripercorrendo stanche modalità
di inseguimenti e contro-inseguimenti, con il motore narrativo
che si surriscalda in un’inutile accelerata con la marcia
in folle.
Reiterazioni di situazioni non aiutano il film a decollare
o imbroccare una strada risoluta: o la parodia a tutto tondo
o il coraggio di andare sino in fondo all’eccesso serioso
ed orrorifico. Stando in equilibrio precario sopra le due
opzioni, il film finisce per sgonfiarsi su se stesso ed al
povero spettatore non rimane che la sola consolazione di gustarsi
la bella Kate Beckinsale in tutto il suo splendore. Da consigliare
per una distratta serata in dvd. [fabio
melandri]
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