Dopo l’uscita
di Agorà, storia della filosofa
Ipazia, ancora una volta il cinema si cimenta in un dramma
storico il cui protagonista è una donna ed in cui questa
è una perseguitata.
La storia che noi conosciamo è a metà via tra
la legenda e la realtà, un po’ come il britannico
Re Artu’ in cui fatti storici, concomitanze e testimonianze
conservate nei testi di tutti i tempi ne stabiliscono l’ipotetica
identificazione con personaggi realmente attivi in quelle
epoche. Ma mentre la figura di Artù è nata come
aspirazione al perfetto monarca, l’ebbrezza papale di
Giovanna non le fu mai riconosciuta e non fu sufficiente neppure
a concederle la misericordia. Il Regista Sonke Wortmann, figura
di spicco per il box office tedesco, ci permette di conoscere
Giovanna dalla sua venuta al mondo, accaduta in un piccolo
paese ai margini dell’impero ed in condizioni di povertà,
sino alla sua ascesa alle fila religiose e quindi al Pontificato.
Siamo nel IX secolo e il successore di Carlo Magno è
prossimo al trono. L'Alto Medioevo è quello che è
e l’ostinata e dotata ragazzina si farà strada
dalla Germania sino a Roma camuffandosi in abiti maschili
per inseguire l’istruzione sacra e profana ed in continuo
tormento tra l’amore terreno e quello di Dio.
Fino a qui, come la sua storia, il film sarà commovente,
passionale e ricco di speranza, le tre giovani attrici che
interpretano Giovanna dall’infanzia all’adolescenza
hanno gli occhi vibranti e la lingua sciolta impersonando
perfettamente il personaggio nella sua fase di crescita e
di sete acuta di sapere. Poi a loro succede Johanna Wokalek
vincitrice del premio Bambi nel 2008 come migliore attrice
tedesca con La banda Baader Meinhof.
Non sarà forse tutta colpa sua ma il film subisce una
brusca frenata rispetto alla prima parte, con piccole dosi
di John Goodman nei panni di Papa Sergius che tentano di rianimarlo.
I minuziosi dettagli della prima ora di pellicola e la cura
con la quale si tende ad elevare quella piccola bambinetta
ad una aspirante religiosa, scandisce con armonia le varie
tappe che non risultano mai troppo lunghe e nemmeno il contrario.
Giunta a Roma la futura Papessa nei panni di un frate medico,
goffo come chi ha il timore di essere scoperto da un momento
all’altro di “soffrire” di ciclo mestruale,
non lascia trapelare affatto quella unicità che ci
si aspetta da chi, dopo un percorso come il suo, sta per essere
eletto Papa.
E forse neppure lei se lo aspettava più di tanto, sedotta
nuovamente dal suo spasimante e ormai tra le braccia del caduco
amore umano.
Le esili mani di Papa Giovanna, col nome di Johannes Anglicus,
si schiudono al popolo che la festeggia. Così Johanna
Wokalek (omonima al suo personaggio) si presenta al suo popolo
di attori figuranti che la acclamano.
Infine la storia, o leggenda che sia, ci lascia una testimonianza
dura e cruenta sulla sorte di Giovanna una volta scoperta
la sua identità, sorte che il regista Wormann ha preferito
addolcire con squarci di luce Divina. [silvia
langiano]