Sono
stato giudicato veementemente sospetto d'eresia, cioè
d'aver tenuto e creduto che il sole sia centro del mondo e
immobile e che la terra non sia centro e che si muova.
(Galileo Galilei, costretto dalla Chiesa ad abiurare e poi
all’isolamento).
Io,
filosofo, scrittore e osservatore del mondo, invoco il diritto
di cercare la verità, senza obbedire ad alcun dogma,
come uomo libero. (Giordano Bruno, condannato dalla Chiesa
al rogo per eresia).
…
(Ipazia, una voce muta. Trucidata fatta a pezzi e data alle
fiamme per empietà e con lei tutti il suo lavoro).
Alejandro
Amenàbar fa risorgere dalle ceneri la maestra dei Neoplatonici
Alessandrini rendendo noto un fatto che prima di adesso in
pochi conoscevano, lui compreso. Le ridà la voce, le
ridà il volto, le concede il riscatto perché
non solo i sapienti abbiano il vantaggio di provare amarezza
per quanto è accaduto ma perché sia permesso
anche agli ignari di riflettere e giudicare.
Agorà
è un dramma storico ambientato in Egitto tra
il IV e il V secolo, durante l’avvento del Cristianesimo.
Rachel Weisz è Ipazia astronoma e filosofa alla quale
sono attribuite importanti scoperte sul moto degli astri,
e perchè non influenzasse il nuovo movimento religioso
fu brutalmente uccisa da un gruppo di cristiani capeggiati
dal vescovo Cirillo, assai violento, autoritario e anche un
pò invidioso, santificato post mortem e proclamato
dottore della Chiesa. Una vittima della gelosia politica dunque,
lei che all’amore aveva rinunciato come sposa unica
del Cielo e per questo più vicina a Dio di quanto lo
fossero Cirillo e i Cristiani.
Una sottile similitudine tra storia e attualità per
invitarci a riflette su come l’uso della violenza per
imporre un’idea sia un argomento senza tempo e su come
l’uomo sia pronto a rinunciare all’evoluzione
in nome del potere facendo passi indietro imperdonabili. Bisognerà
infatti aspettare il 1609 la tesi di Keplero perchè
le teorie di Ipazia vengano riconfermate su trame tessute
e predisposte da Bruno, Brahe, Copernico e Galileo.
Per
la pellicola, dai costi molto elevati, Amenàbar ha
scelto di non utilizzare il canonico taglio che si da ad un
film epico con musiche assordanti e riprese in grandangolo,
ma la sua telecamera scende in piazza, imperfetta come se
fossero gli occhi del popolo, poi dall’alto, immersa
in un profondo ed improvviso silenzio come se ci fosse qualcuno
a giudicare il tutto, con lo scopo di dare un’ immagine
più cosmica del film e di rendere l’uomo più
vulnerabile di quanto creda di essere, evitando anche la violenza
esplicita per non farci concentrare sul sangue ma sulle sue
conseguenze. Ha poi giustificato l’interpretazione dimessa
di Rachel come un atteggiamento proprio dei saggi, dei pensatori,
distaccati e abulici. Così ne risulta una pellicola
piuttosto soporifera dove ad attimi di rabbia si susseguono
lunghi momenti di torpore in cui Rachel Weisz sembra impersonificare
uno zombie fiacco piuttosto che una pensatrice commossa dal
cosmo. Bella la ricostruzione di Alessandria d’Egitto
ma poco credibili gli effetti speciali utilizzati per il suo
assedio e per la distuzione della Biblioteca.
Gli
adattamenti di copione necessari per una migliore commerciabilità
implicano inevitabilmente delle dissonanze con la realtà.
Per esempio non si conoscono bene i tempi che intercorrono
tra la vita di Ipazia e la distruzione della biblioteca. Davo
lo schiavo non è una figura reale ma serve per creare
un pò di antagonismo con un altro pretendente di Ipazia,
Oreste, e per descrivere il mondo degli schiavi, considerati
più vicini agli animali che all’essere umano,
e la loro aspirazione alla libertà. Inoltre Ipazia
il giorno della sua morte aveva 60 anni ma ovviamente Rachel
è bella così, nonostante la sua pelle di luna
sia più affine alla donna greca che egiziana.
Infine però se tutti ci siamo chiesti perchè
Kate Winslet non abbia fatto spazio a Leonardo Di Caprio sul
grande legno gallegiante dopo che il Titanic affondò,
di Amenàbar stavolta non possiamo lamentarci per aver
proposto allo spettatore una morte di Ipazia meno cruenta
ma più romantica di come la realtà ci narra
evitandoci un inutile disgusto senza sottrarci ai sentimenti.
[silvia langiano]