Con Noi
due sconosciuti la regista danese Susanne Bier realizza
la sua prima pellicola per il mercato americano dopo il successo
mondiale di film come Dopo
il matrimonio ( candidato all’Oscar® 2006),
Open Hearts (2002) e Non
desiderare la donna d’altri, distribuito dalla
Teodora Film, candidato a 11 premi per l’European Film
Academy.
Le storie della Bier, molto dirette ed emotivamente molto
dense, hanno conquistato un pubblico sempre più vasto
grazie anche alla capacità di sorprendere lo spettatore
con elementi narrativi inaspettati. Tra gli estimatori della
Bier si colloca il regista premio Oscar® Sam Mendes. Dopo
il successo di American Beauty
e Era mio padre, la società
di produzione di Mendes ha ricevuto numerosissimi copioni,
tra cui quello di Noi due sconosciuti,
scritto da Allan Loeb. “Ma quella di Loeb è il
racconto che più di tutti mi ha emozionato” spiega
Mendes. “E’ sempre più difficile trovare
copioni per il grande schermo che parlano di persone le cui
vite si intrecciano in modo così coinvolgente”.
Mendes decide immediatamente di produrre il film: “Percepivo
la necessità di chiamare un regista con un timbro stilistico
molto particolare”, spiega Mendes. “Volevo che
la realizzazione del progetto fosse il più possibile
fedele alla sceneggiatura. Così ho pensato alla Bier,
per certi versi paragonabile ad altri registi come Fernando
Mereilles o Alejandro González Iñárritu”.
“I film di Susanne Bier – continua Mendes - posseggono
una bellezza molto terrestre, a tratti più dura, più
aspra rispetto ad altre pellicole realizzate da registi inglesi
o americani”.
La Bier, che stava cercando una storia per il suo debutto
in America, confessa di aver avuto qualche dubbio sulla scelta
del materiale. Dopo aver ricevuto molte sceneggiature, Susanne
Bier si è sentita subito attratta dal racconto di Allan
Loeb, nel quale due anime combattono per superare un terribile
lutto. “Sono sempre stata interessata a capire come
ci si comporta in situazioni estreme, perché –
dopo tutto – è qualcosa che potrebbe accadere
a chiunque”, sottolinea la regista. “Inoltre mi
piaceva molto l’idea di lavorare con Sam Mendes, una
persona che trovo stimolante e anche molto divertente”.
“In realtà – continua la Bier – temevo
che qui negli USA non avrei ritrovato le emozioni che invece
provo in Danimarca. Pensavo che in America ci sarebbero stati
più divieti, più difficoltà. Invece è
stato tutto il contrario. Spesso mi sono sentita dire: Spingi
di più, mostra più coraggio, più forza!”
Per Loeb, autore della sceneggiatura, la trama di Noi
due sconosciuti è la storia di una catarsi,
di una guarigione, ma è anche la fotografia di una
grande amicizia. Quando è venuto a sapere che la Bier
era stata scelta per tradurre in immagini il suo racconto,
Loeb
ha voluto vedere i suoi film. “Sono rimasto colpito
da “Non desiderare la donna d’altri” e “Open
Hearts”: là ho capito che lei sarebbe stata perfetta
per quel film”.
Ambientato in una città del nord negli Stati Uniti,
il film racconta di Audrey (Halle Berry) e Brian (David Duchovny),
che conducono una normale vita di coppia con i loro due bambini.
Il matrimonio procede senza grandi scossoni: l’unico
problema è rappresentato da Jerry (Benicio Del Toro),
grande amico di Brian, un avvocato la cui vita è distrutta
a causa della sua dipendenza dalle droghe. Audrey non capisce
per quale motivo suo marito sia così attaccato a Jerry,
mentre tutti lo hanno abbandonato già da tempo per
il suo comportamento autodistruttivo.
All’improvviso Brian muore, e Audrey decide di invitare
comunque Jerry al funerale, in riconoscenza della grande amicizia
che lo legava a lui. Solo allora capisce come Jerry sia l’unica
persona che conosceva realmente Brian oltre a lei.
Per Mendes è stata proprio la semplicità di
cui è pervaso il racconto ad attirarlo: marito e moglie,
la loro felicità, due bambini. “Una vita molto
tranquilla ma comunque speciale per loro. E poi all’improvviso:
la morte”. “Audrey cerca di mantenere vivo il
ricordo del marito attraverso Jerry. E’ una persona
difficile – spiega Mendes – ma in qualche modo
sono attratti l’uno all’altra non solo dal punto
di vista affettivo, ma soprattutto psicologico. E tutti e
due devono vedersela con le rispettive tragedie che stanno
vivendo”.
“Non intendevo fare un film con un messaggio –
dichiara la Bier – non è il mio genere. Ma amo
le storie con un contenuto, e che – nella loro semplicità
– ti restano addosso e ti danno l’occasione di
riflettere”.