Nella valle di Elah
In The Valley of Elah
Regia
Paul Haggis
Sceneggiatura
Mark Boal, Paul Haggis
Fotografia
Roger Deakins
Montaggio
Jo Francis
Scenografia
Laurence Bennett
Costumi
Lisa Jensen
Musica
Mark Isham
Interpreti
Tommy Lee Jones, Charlize Theron, Susan Sarandon, Frances Fisher, Jason Patric,
Jake McLaughlin, Josh Brolin, Victor Wolf, Wes Chatham, Mehcad Brooks
Produzione
Blackfriars Bridge Films, NALA Films, Samuels Media, Summit Entertainment
Anno
2007
Nazione
USA
Genere
drammatico
Durata
120'
Distribuzione
Mikado
Uscita
30-11-2007
Giudizio
Media

La valle di Elah è il luogo dove si scontrarono Golia e Davide. Al giorno d'oggi, Golia sono i terroristi di Al Qaeda, Davide i soldati americani e la valle di Elah l'Iraq, l'Afghanistan e i teatri di questa guerra postmoderna che non ha confini e che sembra non finire mai.
Nel cuore della notte, mentre i sogni si confondono con gli incubi e con i fantasmi del passato, un uomo viene svegliato da una telefonata. Suo figlio reduce dall'Iraq non ha fatto ritorno in caserma e se non rientra in poche ore saranno costretti a denunciarlo come disertore. L'uomo è un poliziotto militare in pensione e vive con la moglie in una villetta nel Tennessee. Attraversa gli Stati Uniti per cercarlo nella base in California. Ma prima di partire rimprovera un custode di una scuola che ha ammainato la bandiera al contrario. Gli spiega che in quel modo è una richiesta di soccorso. Significa che l'America non ce la fa a difendersi dai nemici con le proprie forze e deve ricorrere ad un aiuto esterno. Hank mette a disposizione la sua esperienza per ritrovare il figlio ma quando invece di una semplice scomparsa verrà fuori un omicidio, i vertici cercheranno di ostacolarlo in tutti i modi. Ma Hank è un uomo ostinato e grazie all'aiuto di un'ispettrice di polizia del New Mexico, scoprirà quello che un padre non vorrebbe mai scoprire sugli orrori della guerra.
Il nuovo film di Paul Haggis dopo il pluripremiato Crash e dopo le sceneggiature per Clint Eastwood (mentore di Haggis fino a sostenerlo nella realizzazione del film) è secondo la definizione di Truffaut un film di sceneggiatura. E non di regia. Differenza importante prima di cominciare a parlarne. Nella valle di Elah svolge il suo compito in maniera ineccepibile, ogni scena è necessaria, i personaggi sono articolati e approfonditi in ogni loro angolo e in ogni anfratto, i conflitti sono dipanati con sapienza, la struttura è robusta e potente, ma rimane freddo e distante. Il film combina due generi e li distribuisce nelle tre parti.
Nella prima è la storia del padre alla ricerca del figlio, è il percorso che un padre deve intraprendere per ricongiungersi al proprio ragazzo, cosa un padre ha insegnato e cosa il figlio ha imparato nella sua vita, in uno stile che ricorda un po' certi film americani di Wenders, un po' quelli di Schrader regista (Hardcore per intenderci, soprattutto nelle sequenze da incubo nei locali di striptease girate alla luce del giorno in cui emerge tutto lo squallore di questi spettacoli) e molto quelli di Clint Eastwood (e bisogna dire che Tommy Lee Jones si conferma come suo erede naturale in questa recitazione tutta interiore e mai sopra le righe). Nella seconda parte la trama principale viene lasciata sullo sfondo per diventare un onesto giallo di ambientazione militare dove scoprire chi è l'assassino sembra più importante del movente che l'ha portato a compiere il delitto. Nella terza, senza anticipare nulla, viene ripreso il tema del rapporto padre - figlio, con il primo che arriva alla consapevolezza che forse in Iraq Davide sono i civili iracheni e Golia i cattivi soldati americani, spietati assassini e crudeli torturatori che non si rendono più conto della differenza tra la vita e la morte, e che filtrano tutto attraverso lo schermo di un telefonino per inondare la rete delle loro imprese, perché probabilmente le parole non riescono più a definire l'orrore in cui l'intera civiltà occidentale sta precipitando.
Nella Valle di Elah è il film più importante del nuovo filone che i Cahiers du Cinema hanno battezzato come l'Iraq movie, la versione aggiornata dei film sul Vietnam di trent'anni fa, ma senza prendere di petto l'argomento, sceglie la strada più difficile del problema dei reduci e del loro reinserimento dal punto di vista psicologico. Il film ha una cadenza da grande tragedia americana, una narrazione minimalista e quotidiana, tra luci artificiali e caserme ordinate, tra locali di striptease e motel lungo la strada, dove la fa da padrone la meravigliosa fotografia di Deakins stretto collaboratore dei fratelli Coen. Qui la guerra è raccontata attraverso i video di un cellulare e spedite per email ed è chiaro l'omaggio di Haggis per Michelangelo Antonioni, in cui la realtà è frammentata e restituita attraverso fotogrammi e frammenti disordinati e confusi. Ma la scelta di Haggis nella rappresentazione è ambigua e cerca di fare dei distinguo che sono difficili da accettare. Si stupisce che un soldato possa commettere delle azioni malvagie, dimenticandosi che innanzitutto è un essere umano e attribuisce la responsabilità alla situazione attuale, e quando le domande sollevate diventano troppo complesse da gestire si affida ai canoni manichei di una narrazione investigativa. [matteo cafiero]