La valle di Elah è il luogo dove si scontrarono Golia
e Davide. Al giorno d'oggi, Golia sono i terroristi di Al
Qaeda, Davide i soldati americani e la valle di Elah l'Iraq,
l'Afghanistan e i teatri di questa guerra postmoderna che
non ha confini e che sembra non finire mai.
Nel cuore della notte, mentre i sogni si confondono con gli
incubi e con i fantasmi del passato, un uomo viene svegliato
da una telefonata. Suo figlio reduce dall'Iraq non ha fatto
ritorno in caserma e se non rientra in poche ore saranno costretti
a denunciarlo come disertore. L'uomo è un poliziotto
militare in pensione e vive con la moglie in una villetta
nel Tennessee. Attraversa gli Stati Uniti per cercarlo nella
base in California. Ma prima di partire rimprovera un custode
di una scuola che ha ammainato la bandiera al contrario. Gli
spiega che in quel modo è una richiesta di soccorso.
Significa che l'America non ce la fa a difendersi dai nemici
con le proprie forze e deve ricorrere ad un aiuto esterno.
Hank mette a disposizione la sua esperienza per ritrovare
il figlio ma quando invece di una semplice scomparsa verrà
fuori un omicidio, i vertici cercheranno di ostacolarlo in
tutti i modi. Ma Hank è un uomo ostinato e grazie all'aiuto
di un'ispettrice di polizia del New Mexico, scoprirà
quello che un padre non vorrebbe mai scoprire sugli orrori
della guerra.
Il nuovo film di Paul Haggis dopo il pluripremiato Crash
e dopo le sceneggiature per Clint Eastwood (mentore di Haggis
fino a sostenerlo nella realizzazione del film) è secondo
la definizione di Truffaut un film di sceneggiatura. E non
di regia. Differenza importante prima di cominciare a parlarne.
Nella valle di Elah svolge il suo compito in maniera ineccepibile,
ogni scena è necessaria, i personaggi sono articolati
e approfonditi in ogni loro angolo e in ogni anfratto, i conflitti
sono dipanati con sapienza, la struttura è robusta
e potente, ma rimane freddo e distante. Il film combina due
generi e li distribuisce nelle tre parti.
Nella prima è la storia del padre alla ricerca del
figlio, è il percorso che un padre deve intraprendere
per ricongiungersi al proprio ragazzo, cosa un padre ha insegnato
e cosa il figlio ha imparato nella sua vita, in uno stile
che ricorda un po' certi film americani di Wenders, un po'
quelli di Schrader regista (Hardcore
per intenderci, soprattutto nelle sequenze da incubo nei locali
di striptease girate alla luce del giorno in cui emerge tutto
lo squallore di questi spettacoli) e molto quelli di Clint
Eastwood (e bisogna dire che Tommy Lee Jones si conferma come
suo erede naturale in questa recitazione tutta interiore e
mai sopra le righe). Nella seconda parte la trama principale
viene lasciata sullo sfondo per diventare un onesto giallo
di ambientazione militare dove scoprire chi è l'assassino
sembra più importante del movente che l'ha portato
a compiere il delitto. Nella terza, senza anticipare nulla,
viene ripreso il tema del rapporto padre - figlio, con il
primo che arriva alla consapevolezza che forse in Iraq Davide
sono i civili iracheni e Golia i cattivi soldati americani,
spietati assassini e crudeli torturatori che non si rendono
più conto della differenza tra la vita e la morte,
e che filtrano tutto attraverso lo schermo di un telefonino
per inondare la rete delle loro imprese, perché probabilmente
le parole non riescono più a definire l'orrore in cui
l'intera civiltà occidentale sta precipitando.
Nella Valle di Elah è
il film più importante del nuovo filone che i Cahiers
du Cinema hanno battezzato come l'Iraq movie, la versione
aggiornata dei film sul Vietnam di trent'anni fa, ma senza
prendere di petto l'argomento, sceglie la strada più
difficile del problema dei reduci e del loro reinserimento
dal punto di vista psicologico. Il film ha una cadenza da
grande tragedia americana, una narrazione minimalista e quotidiana,
tra luci artificiali e caserme ordinate, tra locali di striptease
e motel lungo la strada, dove la fa da padrone la meravigliosa
fotografia di Deakins stretto collaboratore dei fratelli Coen.
Qui la guerra è raccontata attraverso i video di un
cellulare e spedite per email ed è chiaro l'omaggio
di Haggis per Michelangelo Antonioni, in cui la realtà
è frammentata e restituita attraverso fotogrammi e
frammenti disordinati e confusi. Ma la scelta di Haggis nella
rappresentazione è ambigua e cerca di fare dei distinguo
che sono difficili da accettare. Si stupisce che un soldato
possa commettere delle azioni malvagie, dimenticandosi che
innanzitutto è un essere umano e attribuisce la responsabilità
alla situazione attuale, e quando le domande sollevate diventano
troppo complesse da gestire si affida ai canoni manichei di
una narrazione investigativa. [matteo
cafiero]