Partiamo dal titolo, "Nella
valle di Elah" è un titolo molto particolare.
Da dove le è venuta l'idea del titolo? Cosa ha
voluto raccontare con questo film?
Come viene raccontato anche nel film, Elah è
la valle dove si sfidarono secondo la Bibbia, Davide
e Golia. I soldati si sentono dei David, ma quando arrivano
in Irak si rendono conto di essere dei Golia e quando
tornano a casa si sentono distrutti. Ecco perché
l'ho chiamato così il film, questo è il
senso del titolo. La conclusione lavorando al film,
è che queste persone sono fondamentalmente buone,
se fossero così cattive non sarebbero sconvolte
dalle atrocità a cui assistono. Rispetto alle
guerre precedenti, è aumentato il tasso dei suicidi
tra i reduci, per non parlare di quelli che si sfogano
con le moglie, massacrandole.
In questo film lei racconta la
perdita del confine tra il bene e il male, i personaggi
non distinguono più ciò che è giusto
da ciò che è sbagliato. Secondo lei è
un problema degli effetti della guerra in generale o
di questa in particolare?
In tutte le guerre si paga un prezzo. In questa ce ne
sono molte tra i civili. Non volevo raccontare la perdita
dell'anima di questi soldati. Dalle ricerche che ho
fatto per i film su Iwo Jima viene fuori che i veterani
erano soldati che avevano combattuto contro altri soldati,
ed è più facile combattere contro un uomo
in uniforme, ma qui è diverso. Qui entri in un
villaggio, getti la granata e solo dopo ti rendi conto
che sono morti donne e bambini. L'America tende a utilizzare
il potere in maniera scorretta, ma d'altronde qualsiasi
altra nazione al suo posto farebbe lo stesso dopo tanto
tempo che sta al comando. L'Italia non ha avuto per
fortuna un passato coloniale così lungo, mentre
in Francia ancora vediamo le conseguenze delle guerre
che hanno avuto in Algeria e negli altri stati africani.
In generale è più facile parlare della
politica di un altro paese.
Secondo lei il cinema può
cambiare l'opinione della gente? Cosa pensa dello sciopero
in corso degli sceneggiatori a Hollywood?
Nel Midwest e negli stati del sud "Nella valle
di Elah" è andato molto bene mentre non
si può dire lo stesso delle grandi città
nel resto degli Stati Uniti, perché il film parla
delle famiglie che mandano i figli al fronte e statisticamente
queste famiglie sono più numerose nel sud. Quindi
questo film parla direttamente a loro, alla loro tragedia,
al loro dolore. Io spero che quello che vediamo nel
film succeda anche alle loro famiglie, è la storia
di un veterano che pensa che cosa sia giusto e cosa
sia sbagliato. Alla fine il protagonista interpretato
da Tommy Lee Jones apre gli occhi su quello che succede,
spero che sia così anche per le altre famiglie,
ma non posso saperlo. Mi auguro piano piano che la gente
lo vede, il messaggio diventi universale. Per quanto
riguarda quello che sta accadendo a Hollywood, io sono
in sciopero e sono fiero di esserlo. Negli Stati Uniti
non abbiamo il copywright, non c'è un organismo
come la SIAE in Italia che ci tutela. Io guadagno tanti
soldi, ma ce ne sono tanti di sceneggiatori meno fortunati
di me e io lotto per loro, per difendere i loro diritti.
La nostra lotta non è contro gli studios, ma
contro le corporation soprattutto per lo sfruttamento
dei nuovi media. E tutto quello che chiediamo è
avere una fetta della torta. Si aprono e si sono aperti
nuovi mercati, ma le corporation ci dicono no e no.
Si oppongono. Ad esempio, parliamo della vendita dei
dvd. Un dvd in America costa tra i trenta e i quaranta
dollari e se noi chiediamo di guadagnarci otto dollari
invece di quattro centesimi, loro ci rispondono che
se ce lo concedessero, fallirebbero. Tutto ciò
è assurdo e ingiusto.
Cosa ne pensa dei nuovi media,
delle possibilità che ha la gente di documentarsi
direttamente andando a cercare le notizie su internet?
Non so se Internet è il luogo dove trovare la
verità, ma sicuramente sul web ci troviamo tante
notizie corrette o no che siano. Internet è uno
strumento cinico per attaccare le persone perché
nella rete siamo anonimi, possiamo nasconderci dietro
un'identità fittizia.
Lei ha sceneggiato l'ultimo film
di Bond, Casino Royale e sta scrivendo quello nuovo.
Cosa la affascina al personaggio e cosa pensa del suo
autore Ian Fleming di cui ricorre quest'anno il centenario?
Adoro scrivere per Bond, pensavo fosse una follia. Ero
qui in Umbria quando mi hanno contattato da Hollywood
per ingaggiarmi e gli ho chiesto "Ma voi avete
visto i miei film? Potrei distruggere Bond per sempre
e per chiunque!!" Mi hanno risposto che li avevano
visti e proprio per questo sapevano meglio di me che
ero adatto a scrivere le sceneggiature. Ho affrontato
la figura di Bond come se fosse un qualsiasi altro personaggio.
Per me non è un cartone, non volevo mostrare
Bond che saltava e sparare e rimorchiava qualche bella
ragazza. Per me Bond è un uomo e gli ho posto
la stessa domanda che pongo ai miei personaggi "Cosa
significa per te uccidere? Qual è il costo umano
che devi affrontare? E cosa succede tra te e le donne?"
Bond vive dentro una corazza e quando una donna gli
spezza il cuore la richiude e va avanti. Scrivendo per
Bond mi sono scoperto romantico e cinico. Per me Fleming
è un grande scrittore, ha inventato la spy story
ma prima di lavorare per Casino Royale ammetto che non
era uno dei miei scrittori preferiti.
In molte scene della Valle di
Elah vediamo Tommy Lee Jones al momento del risveglio,
che combatte i suoi demoni prima di affrontare se stesso.
Che significato ha voluto trasmettere con queste scene?
Sicuramente si sveglia molto lentamente, è un
uomo che mantiene il controllo, lo vediamo attraverso
una sua ritualità, come per difendersi dal caos
in cui è piombato.
Quali sono le differenze rispetto
a Crash?
Quando lavoro sui personaggi, quando penso a loro penso
a me stesso. Io mi considero una persona molto cattiva
ma che compie delle cose buone e penso che la gente
sia così ovunque. Siamo essere umani e non devo
guardare troppo lontano da me per raccontare gli esseri
umani. Nella valle di Elah è un film molto diverso
da Crash, ha un altro stile, è la classica tragedia
americana. Secondo me la forma dev'essere funzionale
al contenuto. Io volevo raccontare la tragedia americana
e per raccontarla al meglio ho guardato molto i film
di John Ford ma anche quelli di Antonioni. Crash era
diverso e avevo scelto un altro stile.
Verso metà film Charlize
Theron è costretto a girare con un cerotto al
naso. C'è un qualche riferimento a Jack Nicholson
e a Chinatown di Polanski?
Beh non ci avevo pensato, ma quando abbiamo girato quelle
scene Charlize ha voluto fare un omaggio a Nicholson,
si sentiva molto sicura di sé, molto maschiaccio
con quel naso rotto. Forse è stato il mio inconscio
cinefilo a mostrarla così.
Lei è lo sceneggiatore
anche degli ultimi film di Clint Eastwood, ci può
dire se c'è stata una collaborazione anche per
questo suo film tra di voi?
Clint è semplicemente il motivo per cui questo
film è stato fatto. Avevo appena finito di girare
Crash e mi ero subito messo a lavorare su questo soggetto.
Mi ero imbattuto in questo articolo che raccontava di
una famiglia distrutta dalla guerra in Irak e volevo
farne un adattamento. Ero andato in giro per gli studios,
tutti leggevano la storia ma nessuno si fidava. L'ho
fatto leggere a Eastwood e mi ha detto che era molto
bello e che gli piaceva tanto, ma nel 2004 era un materiale
difficilissimo. Si è dato da fare, mi ha fatto
avere i diritti per l'articolo, ha fatto diverse telefonate
e ha mobilitato molte persone. Lo ha fatto vedere a
Spielberg e a Oliver Stone e tutti lo trovavano fantastico.
Era un periodo in cui gli americani tenevano le bandierine
americane fuori alle finestre e gli adesivi sulle macchine.
Io volevo fare qualcosa per aiutare questi ragazzi e
queste ragazze, raccontare la verità su quello
che succedeva quando tornavano a casa dal fronte.
Il film è molto duro e
racconta una realtà dura. In America c'è
stata qualche polemica sulla bandiera rovesciata? Voleva
dire che anche l'America ha bisogno di aiuto?
Si qualcuno si è offeso, ma vorrei mantenere
il mistero sul film, non voglio raccontare tutto, visto
che dopotutto è un giallo e non si deve sapere
tutto fino alla fine. Queste persone che si ritengono
tanto patriottiche e si sentono offese dal film sono
idiote. Io mi ritengo un patriota e amo il mio paese.
L'America è un grande paese finché la
gente potrà contestare i propri leader. Noi critichiamo
i popoli che seguono ciecamente i propri leader. Ho
cercato di fare un film che fosse politico, che parlasse
di politica ma che non fosse di parte. Io non penso
che un film possa cambiare di tanto la mentalità
della gente. Se tu eri contro la guerra, non penso che
andrai a vederlo ma se tu eri a favore, beh vedi le
conseguenze. Ma noi ora al governo non abbiamo dei repubblicani.
Io ne conosco tanti di repubblicani che sono contrari
alla guerra, al governo abbiamo dei neocon e i neocon
sono fascisti.
La scena dove è avviene
il delitto ricordava molto quella analoga di Crash.
Ah interessante, io non l'avevo notato, sì ha
ragione... è come se stessi facendo sempre lo
stesso film.
Nel film vediamo sempre soldati
e veterani, tranne un momento sullo sfondo, il protagonista
guarda la tv e sente il presidente che parla alla nazione.
Si è trattato di una scelta voluta?
Molti dei personaggi che vedete nel film sono veterani,
non sono attori ma soldati veri che hanno partecipato
alla guerra. Molta gente si è arruolata dopo
l'11 settembre perché credevano che quella fosse
la cosa giusta da fare in quel momento. Ma poi i politici
hanno cinicamente sfruttato la buona fede di questi
ragazzi. Ma anche io devo vergognarmi perché
sono sceso in piazza per manifestare contro la guerra,
mi devo vergognare perché quei ragazzi combattono
anche per me. Nel film non si vedono mai i responsabili,
innanzitutto perché era troppo facile dire Bush
ha sbagliato, poi perché è un film giallo
e i film in generale non devono mai "dire"
le cose, ma farle sentire al pubblico. Io volevo che
il pubblico sentisse una morsa che crescesse sempre
di più fino a farlo soffocare. E per raggiungere
tale obiettivo, ho scelto di raccontare la storia dal
punto di vista del personaggio più scomodo, un
veterano che crede nel suo paese ed è solo attraverso
il percorso che la gente prenderà coscienza delle
proprio scelte. Un film secondo me è diverso
dal documentario, deve emozionare la gente. Vedete io
questo film non l'ho fatto per voi, ma l'ho fatto per
la gente che manda i figli laggiù, che non vuole
ripensare a quello che fa e tutto quello che posso sperare
è di impedire una prossima guerra se il film
avesse più successo.
Cosa pensa dei ruoli femminili?
Può dirci qualcosa a riguardo della giornata
internazionale contro la violenza delle donne?
Io racconto storie. Ma è pur vero che tutto quello
che vedete nel film è vero, tranne per la donna
che muore affogata. Tutte le storie che si vedono nel
film sono prese da fatti realmente accaduti. Ma l'episodio
della donna era inventato. Dopo che avevamo finito il
film un mio collaboratore mi ha mandato un articolo
in cui si parlava di un uomo che tornato dall'Irak aveva
affogato sua moglie... L'unica cosa che era romanzata
si è rivelata vera. Questa gente è disturbata
e se la prende con le persone che gli sono più
vicine. Per quanto riguarda il personaggio di Charlize
Theron, lei lavora in un mondo dove dominano gli uomini
e per reagire, deve scendere a patto con se stessa e
tirar fuori la grinta.