“Colui
che ha detto ‘Preferirei essere fortunato che buono’
aveva capito tutto della vita. Le persone non vogliono accettare
il fatto che gran parte della nostra vita dipenda dalla fortuna,
E’ spaventoso pensare quante siano le cose che sfuggono
al nostro controllo. Ci sono momenti, in una partita di tennis,
in cui la palla colpisce la parte alta della rete e per una
frazione di secondo non sappiamo se la supererà o se
cadrà indietro. Con un pizzico di fortuna, la palla
supera la rete e vinciamo la partita ma senza fortuna ricadrà
indietro e perderemo.”
In queste poche righe è contenuta la spiegazione dell’ultimo
lavoro di Woody Allen, Match Point,
un film anomalo nella filmografia del nostro sia per l’ambientazione,
Londra, che per la tipologia di storia, un thriller nero assolutamente
pessimista e melanconico, che per la durata, oltre due ore.
Se in Melinda e Melinda Allen
riassumeva la duplicità della sua vena artistica, in
bilico perenne tra dramma e commedia, qui il regista newyorkese
sceglie il dramma; la pallina in bilico sopra la rete cade
nella metà di campo dominata dai toni plumbei del cielo
di Londra, dalla malinconia, rassegnazione e fatalismo a cui
le nostre vite sono sottoposte per un volere più alto
e più grande che possiamo chiamare fortuna, destino,
casualità, Dio.
La storia è quella di una specie di cenerentolo, l’istruttore
di tennis ed ex-professionista Christopher (Jonathan Rhys
Meyers), sedotto dai modi e dall’agiatezza dall’alta
aristocrazia inglese prima e dalla giovane e sbandata attrice
americana Nola (Scarlett Johansson) subito dopo. Ma nel momento
in cui dovrà scegliere tra la ragione ed il sentimento,
l’ambizione e gli agi conquistati attraverso un infelice
matrimonio, avranno la prevalenza. E quando la colpa non viene
punita dalla legge, non rimane altro che rivolgerci al nostro
senso morale per guidarci nelle azioni; ma se questo è
anestetizzato dall’ambizione e dagli agi allora siamo
realmente alla fine di ogni civiltà e di conseguenza,
citando Sofocle, “il miglior regalo che si può
fare ad un figlio, è quello di non lasciarlo nascere”
come beffardamente e sardonicamente chiosa Chris nel finale
shakespeariano della pellicola.
Un film che spiazza i fan di Allen pur mantenendo i pregi
dei precedenti lavori del regista come una scrittura mai banale
di dialoghi e situazioni e una scelta attoriale di primo livello
soprattutto per la protagonista, con una Scarlett Johansson
che ruba il respiro al solo vederla mentre il suo collega
Jonathan Rhys Meyers pare troppo un clone, fisicamente ed
artisticamente, di Jude Law per convincerci completamente.
Di nuovo oltre all’ambientazione come detto precedentemente,
una maggior attenzione da parte di Allen alla messa in scena,
ai movimenti di camera, alla costruzione della suspence che
fa pensare ad un sincero omaggio ad uno dei suoi maestri,
Alfred Hitchcock.
Per chi non può fare a meno dell’Allen commediante,
consigliamo solo 12 mesi di attesa. In arrivo infatti una
commedia leggera leggera sempre a Londra, sempre con la Johansson,
dal titolo Scoop! [fabio
melandri]