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luglio 1776. Dichiarazione di Indipendenza dei primi tredici
Stati d’America: “Noi riteniamo che sono
per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli
uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati
di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono
la Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità.”
La ricerca della felicità
appunto, un tema oggi protagonista di due film in contemporanea
sui nostri schermi come Rocky Balboa
ed il debutto americano di Gabriele Muccino che a tale ricerca
assurge sin dal titolo, tratto dalla storia vera di Chris
Gardner un uomo vittima di un investimento sbagliato, che
si ritrova con il conto in banca in rosso, abbandonato dalla
moglie, un figlio a carico e sena un lavoro. Costretto a dormire
nei ricoveri per poveri, nei gabinetti della metropolitana
di San Francisco, troverà la forza, la testardaggine,
di rincorrere il sogno americano o umano come lo ha definito
il protagonista cinematografico Will Smith affiancato dal
vero figlio Jaden Christopher Syre Smith. Ora Gardner è
un milionario americano che ascendendo la scala del successo
ha costruito dal niente una carriera nel mondo del brokeraggio.
Una storia come questa non poteva che trovare sbocco nel campo
del sogno per eccellenza, Hollywood; un mondo dove di eroi
non ce ne sono mai abbastanza. Un eroe borghese seguito dalla
macchina da presa nervosa di Gabriele Muccino, imposto alla
produzione dallo stesso Smith dopo aver visto i suoi lavori
italiani.
Così dopo le corse spropositate dei vari Pasotti (Ecco
fatto), Muccino jr (Come te nessuno
mai) ed Accorsi (L’ultimo
bacio), tocca a Will Smith percorrere le strade di
San Francisco per stare dietro alla grande illusione che governa
la sua vita: primeggiare in un campo per dimostrare a tutti,
ed in primo luogo al figlio affinché gli sia da esempio,
il proprio valore. “Non permettere a nessuno di
dirti che quello che desideri è irraggiungibile…
Se hai un sogno, devi difenderlo… Se vuoi qualcosa,
vai e prenditelo. Punto.”
Per motivi drammaturgici, la vita di Gardner è stata
di molto semplificata rispetto alla sua esperienza raccolta
oggi nell’omonimo libro di imminente pubblicazione per
Fandango Libri. Questo ha elevato di non poco il grado di
inverosimiglianza dell’opera che vive di un accumulo
continuo di sfighe che manco fosse un Fantozzi qualsiasi,
ricoperte di una melassa tanto zuccherosa quanto alla lunga
indigesta. E se le ombre del sogno americano si allungano
sui protagonisti, siamo ben consci che verranno spazzate via
al primo sole e così anche l’effetto sorpresa
va a farsi benedire.
Un film costruito sulla figura "monstre" di Will
Smith che con questo ruolo punta, giustamente da par suo,
all’Oscar ma che dimostra ancora una certa rozzezza
per tutta una gamma di sfumature interpretative che ce lo
rendono simpatico ed accattivante da una parte, ancora acerbo
dall’altra. [fabio melandri]
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