La crisi
dell’individuo, della coscienza, della persona come
espressione di una totalità. La difficoltà che
prova il singolo nel tentativo di capire chi è e cosa
vuole. Ecco il tema portante della seconda pellicola di Saverio
Costanzo, anche sceneggiatore.
Il giovane Andrea (Christo Jivkov, protagonista del film in
costume di Ermanno Olmi Il mestiere
delle armi) ha tutto dalla vita, eppure sente il bisogno
di un “ideale”. È alla ricerca della sua
identità, vuole diventare una “persona”.
È in uno stato di totale smarrimento. Per poter capire
chi è si sottopone al noviziato, attraverso un periodo
di esercizi spirituali. La pellicola di Costanzo, già
autore di Private si fonda su questo:
il silenzio, la preghiera, l’umiliazione che può
portare alla redenzione e alla scoperta del mistero divino.
Andrea nel monastero inizia ad esplorare un mondo nuovo, che
alla fine, come affermerà con dolore e consapevolezza
il dubbioso Zanna (interpretato dall’intenso Timi),
compagno di introspezione che deciderà di tornare nella
realtà umana, “noi replichiamo il mondo”.
Ma per Andrea non sarà così. La cinepresa parla
attraverso gli occhi di Christo Jivkov, occhi inquieti e indagatori.
È il suo sguardo che scruta e critica gli avvenimenti
monotoni, ripetitivi, prestabiliti “eccetto imprevisti”
del monastero. Il percorso religioso, fatto di preghiera,
lettura e interpretazione delle scritture porterà alcuni
ad abbandonare il monastero, altri a rimanervi, perché
“poco importa che sia ricco, povero o poco stimato dagli
uomini. Dio mi ha affidato una missione, non mi ha creato
inutilmente”.
Lo spunto iniziale da cui è partito Costanzo è
il libro Lacrime impure di Furio
Monicelli, anche se ben presto la sceneggiatura ha preso un'altra
strada. “Cominciai a scrivere la prima sceneggiatura
sulla traccia del libro: una, due, tre, non so quante stesure.
Ma non funzionava. Alla fine ho capito che quello che volevo
raccontare era altro. Era il mistero che stava dietro alla
decisione di entrare in un posto simile, la fede o la superbia…”.
La versione definitiva è avvenuta durante le riprese,
dialogando con gli attori che in precedenza, per entrare nella
vicenda, hanno anch’essi partecipato a degli esercizi
spirituali. Dopo un iniziale coinvolgimento, lo spettatore
rischia di rimanere invischiato in dubbi interpretativi e
monotone inquadrature. C’è come la sensazione
latente che la descrizione dei fatti non abbia senso. Il mistero
non viene svelato o tanto meno introdotto. [valentina
venturi]