Prima
di iniziare un paio di chiarimenti. Primo: nonostante la campagna
pubblicitaria del film sia incentrata sul “John Carpenter
presenta” questo non centra assolutamente nulla, tranne
per il fatto che il film si ispira alla sceneggiatura da lui
scritta nel 1978. Secondo: dimenticate Halloween
di Carpenter, perché questo non è un remake.
Rob Zombie personaggio curioso, poliedrico (musicista, regista,
sceneggiatore, produttore, fumettista) ma non stupido, si
è giustamente tenuto lontano dalla possibilità
di un remake preferendo un’operazione più sottile
ed a suo modo interessante. Non essendo un fan del remake
“Non ha mai funzionato molto bene – rivela - Soprattutto
per i film che penso fossero buoni già la prima volta.
Non ne vedevo il senso. Poi ho cominciato a pensare a film
che mi erano piaciuti molto e che erano dei remake, come Scarface
o Cape Fear –
Il promontorio della paura. Ho pensato che se non fosse
esistito il remake, staremmo ancora a guardare la versione
muta di Dracula…” Zombie ipotizza la possibilità
di raccontare la medesima storia secondo una nuova prospettiva,
in maniera diversa “Nel film originale continuano a
raccontarti cose accadute, ma non te le mostrano mai. Così
ho pensato che avrei potuto puntare l’attenzione su
questi particolari…Considerato che Halloween è
uscito trent’anni fa, il pubblico odierno si aspetta
di più. Il primo è un classico per molte ragioni,
una di queste è che non vedi una goccia di sangue per
tutto il corso del film. Ma oggi il pubblico è cambiato”.
“Credo che si possa usare Batman
Begins come esempio del ri-raccontare una storia”
- afferma Andy Gould, da lungo tempo manager di Rob Zombie,
e produttore dei suoi precedenti lavori La
casa dei mille corpi e La
Casa del diavolo - Prendi una parte della storia precedente
e ne riempi alcune lacune. Se guardiamo all’Halloween
originale, questi inizia con il ragazzino e i primi omicidi.
Nelle prime scene è presente la maggior parte del come
e del perché della storia”.
“Ho fatto molte ricerche perché volevo che il
film si basasse sulla realtà. Penso che metta molto
a disagio guardare qualcosa che assomiglia alla realtà
ma non lo è” – afferma Zombie - “Abbiamo
deciso di far agire Michael come un vero psicopatico. Il che
non significa che non sia accattivante. Il motivo per cui
l’ho descritto come un ragazzino amichevole e felice
è perché alcune delle mie ricerche hanno rafforzato
l’idea che uno psicopatico può essere carismatico,
può essere affascinante, può essere amichevole.
Il problema è che non possiede il discernimento tra
ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Non ha rimorso. Non ha il senso di nulla…”.
Halloween – The Beginnig è
diviso in tre parti, ognuna delle quali è riconducibile
ad una fase della vita Michael Myers.
La prima e più riuscita è quella dell’adolescenza
a Haddonfield; i tempi della scuola, i contrasti con la sorella
ed il patrigno, i primi segnali di disturbo della mente resi
con efficacia e raggelante terrore dal giovane protagonista
(uno spettrale Daeg Faerch) che culmina con il massacro della
famiglia Myers.
La seconda parte è concentrata sugli anni trascorsi
da Michael al Sanatorio sotto la guida del dott. Loomis. L’asetticità
degli ambienti dell’ospedale psichiatrico si ripercuote
sulla mente del protagonista, chiuso in se stesso e minimamente
scalfito dai tentativi del dott. Loomis e della madre di trasmettergli
quel minimo di calore da renderlo umano. Ma la natura sanguinaria
e disturbata del protagonista avrà la meglio. Qui emerge
la visionaria estetica del regista americano, in cui dà
sfoggio all’indole più violentemente splatter
della sua natura. In un bagno di sangue che colora di rosso
emoglubinico i corridoi, le pareti bianche e candide del Sanatorio.
Senza alcuna pietà Michael da sfoggio alla sua brutale
violenza sanguinaria.
Il terzo atto del film, il più debole dal punto di
vista narrativo ma con buoni momenti visivi, segna il ritorno
del protagonista a Haddonfield per riunire ciò che
è rimasto della famiglia. La solita combriccola di
giovani assetati di sesso ed alcool, cadranno sotto la ferocia
dello psicopatico serial killer, soddisfacendo gli impulsi
più primitivi dei giovani spettatori a cui il film
è rivolto.
Rob Zombie conferma il suo talento visionario all’interno
di una storia ad alto tasso di pericolo. Mostra di amare la
materia e di trattarla con la dovuta cautela, tenendo alto
il senso dell’intrattenimento per almeno due terzi della
pellicola, per rovinare nella terza e conclusiva parte, in
un inutile e già vista sequela di inseguimenti e contro-inseguimenti
che infiacchiscono anche l’entusiasmo dei fan più
accaniti del regista.
Del film ricorderemo lo sguardo assente e gelido del giovane
protagonista, diversi momenti di tensione perfettamente costruiti,
ma rimane nel complesso la sensazione di un'operazione volevo-ma-non-posso
riguardo al tentativo di approfondire maggiormente la figura
di Michael Myers, cercando di scavare con più convinzione
nella sua psiche deviata, per dare una spiegazione razionale
del Male. Ma
considerando tutti i rischi che l'impresa comportava, possiamo
dire che la scommessa è stata vinta, seppur di misura.
[fabio melandri]