Talentuoso
musicista con la sua band White Zombie; appassionato creatore
di fumetti con l’antologia horror “Rob Zombie’s
Spookshow International”; visionario regista di videoclip
prima e cinema horror dopo. Questo è Rob Zombie, personaggio
imbevuto di cultura pop, ex-studente della Parson School of
Design di New York ed una gavetta come design artist per numerose
riviste porno. Il regista de La casa
dei 1000 corpi firma oggi il violentissimo seguito
La casa del Diavolo, in cui ritroviamo
i sanguinari membri della famiglia Firefly circondati nel
loro mattatoio familiare dallo sceriffo Wydell (William Forsythe)
e da una squadra di uomini armati. Il conflitto a fuoco tra
le due parti si conclude con quattro poliziotti uccisi ed
i fratelli Otis (Bill Moseley) e Baby (Sheri Moon Zombie)
Firefly in fuga attraverso il Texas. Nascosti in un motel
isolato, i due ricercati aspettano il momento giusto per ricongiungersi
con il loro fuggiasco padre, Capitano Spaulding, uccidendo
chiunque si metta sulla loro linea di sangue. Con i cadaveri
che si ammucchiano l’uno sull’altro, lo sceriffo
Wydell scosso da un lutto familiare violento, avoca la legge
nelle proprie mani aprendo così la strada ad una depravata
e terribile vendetta.
Una pellicola che trasuda atmosfere da cinema indipendente
anni settanta, condita da una visionarietà che pesca
a piene mani nel fumetto - vedi il montaggio con le immagini
che slittano fuori dallo schermo – con omaggi a pellicole
pioniere del new american horror, da Non
aprite quella porta di Tobe Hooper per l’ambientazione
texana a L’ultima casa a sinistra
e Le colline hanno gli occhi
(non a caso crediamo in un ruolo di contorno troviamo Michael
Berryman) di Wes Craven per la violenza a carattere sessuale
e la tematica della famiglia deviata ma soprattutto depravata.
Aleggia sul film e sui suoi personaggi un’aurea anarchica
che raramente abbiamo riscontrato in opere simili, dove la
violenza viene comunque sempre stemperata da un umorismo strisciante
ed un’autoironia che caratterizza tutti i personaggi
rendendoceli accettabili anche durante le loro performance
più esecrabili.
Ritroviamo quindi la figura del Capitano Spaulding (Sid Haig)
il clown demoniaco capace di rubare il nome ad uno dei personaggi
interpretati da Groucho Marx e trasformarlo in una nuova icona
del cinema horror contemporaneo al pari dei classici Freddy
Krueger, Michael Myers, Jason Voors; Baby Firefly, interpretata
dalla giovane moglie del regista Sheri Moon, sensuale e letale
cattiva ragazza che tutti vorrebbero incontrare ma a cui pochi
potrebbero sopravvivere per raccontarlo; Otis Firefly (Bill
Moseley) la scheggia impazzita, la massa tumorale sanguinante
della famiglia, il classico elemento in cui far convergere
la disapprovazione del pubblico se non fosse per una forte
autoironia che caratterizza le sue gesta – “I
miei standard sono talmente bassi che difficilmente resto
deluso” dice verso una prostituta che lo circuiva
con languide occhiate -. La controparte viene rappresentata
dall’ambigua figura dello sceriffo Wydell, provato dalla
morte violenta del fratello da parte dei Firefly, cova una
rabbia strisciante, coltiva sogni di vendetta e violenza che
gli si rivolteranno contro come un sarcastico contrappasso.
Bella e coinvolgente la colonna sonora con brani dei Lynyrd
Skynyrd, Terry Reid, Muddy Waters, Otis Rush, Buck Owens,
Joe Walsh.
[fabio melandri]
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