Giardini in autunno
Jardins en automne
Regia
Otar Iosseliani
Sceneggiatura
Otar Iosseliani
Fotografia
William Lubtchansky
Montaggio
Otar Iosseliani
Scenografia
Manu de Chauvigny,
Yves Brover
Costumi
Maïra Ramedhan-Levi
Musica
Nicolas Zourabichvili
Produzione
Pierre Grise Productions
Interpreti
Séverine Blanchet, Michel Piccoli, Muriel Motte, Pascal Vincent
Anno
2006
Genere
commedia
Nazione
Italia, Francia, Russia
Durata
115'
Distribuzione
Mikado
Uscita
27-10-06

Vincent é un Ministro della Repubblica, un uomo potente, piuttosto elegante, grande bevitore e buongustaio. La sua amante, Odile è una ragazza molto bella, intelligente, ma dal gusto estetico alquanto discutibile.
Ma quando, a causa di scontri sociali che investono il suo dicastero, viene costretto a dimettersi, perde oltre al lavoro, amante, casa, potere e beni accessori.
Ma è proprio toccando il fondo che Vincent inizia finalmente e riprendere in mano la propria vita e con l’aiuto dell’anziana madre a ricominciare a vivere.
Giardini in autunno, con l’autunno visto come la stagione dei rimpianti e del rimpianto del tempo perduto, è una commedia agrodolce venata da una comicità grottesca con accenti surreali tipica del cinema di Otar Iosseliani capace di riempire l’inquadratura con animali, personaggi border-line e sequenze, come quella iniziale, apparentemente avulsa dal contesto ma che in realtà lo spiega e determina.
Come il film di Chabrol La commedia del potere, anche Iosseliani punta la sua lente di analisi sui meccanismi che regolano i giochi di potere, come l’avidità ed il distacco tra vita reale e vita vissuta. Una corsa all’appropriazione indebita che finisce inesorabilmente in un fiasco, all’interno di un circuito in cui cambiando l’ordine degli addendi (la sostituzione di un ministro con un altro) il risultato non cambia (sia Vincent che il suo successore si ritroveranno ad osservare la propria vita in un parco pubblico).
Il potere logora chi lo ha, lo contamina sino all’osso. La sua perdita in tal caso è il minore dei mali, permettendo a Vincent di recuperare affetti messi da parte e passioni sopite dall’anestetizzazione prodotta dalla vita pubblica.
Una svestizione dai simboli/simulacri del potere che provocano una rigenerazione fisica e soprattutto psicologia.
Non tutto gira alla perfezione in questa rappresentazione e la sovrabbondanza di elementi di provenienza così varia ed assortita non riesce a fondersi in un continuum logico e serrato, tanto che non tutti i nodi vengono al pettine e certe situazioni finiscono per risultare artefatte e sin troppo sbrigative. [fabio melandri]