Vincent
é un Ministro della Repubblica, un uomo potente, piuttosto
elegante, grande bevitore e buongustaio. La sua amante, Odile
è una ragazza molto bella, intelligente, ma dal gusto
estetico alquanto discutibile.
Ma quando, a causa di scontri sociali che investono il suo
dicastero, viene costretto a dimettersi, perde oltre al lavoro,
amante, casa, potere e beni accessori.
Ma è proprio toccando il fondo che Vincent inizia finalmente
e riprendere in mano la propria vita e con l’aiuto dell’anziana
madre a ricominciare a vivere.
Giardini in autunno, con l’autunno
visto come la stagione dei rimpianti e del rimpianto del tempo
perduto, è una commedia agrodolce venata da una comicità
grottesca con accenti surreali tipica del cinema di Otar Iosseliani
capace di riempire l’inquadratura con animali, personaggi
border-line e sequenze, come quella iniziale, apparentemente
avulsa dal contesto ma che in realtà lo spiega e determina.
Come il film di Chabrol La
commedia del potere, anche Iosseliani punta la sua lente
di analisi sui meccanismi che regolano i giochi di potere,
come l’avidità ed il distacco tra vita reale
e vita vissuta. Una corsa all’appropriazione indebita
che finisce inesorabilmente in un fiasco, all’interno
di un circuito in cui cambiando l’ordine degli addendi
(la sostituzione di un ministro con un altro) il risultato
non cambia (sia Vincent che il suo successore si ritroveranno
ad osservare la propria vita in un parco pubblico).
Il potere logora chi lo ha, lo contamina sino all’osso.
La sua perdita in tal caso è il minore dei mali, permettendo
a Vincent di recuperare affetti messi da parte e passioni
sopite dall’anestetizzazione prodotta dalla vita pubblica.
Una svestizione dai simboli/simulacri del potere che provocano
una rigenerazione fisica e soprattutto psicologia.
Non tutto gira alla perfezione in questa rappresentazione
e la sovrabbondanza di elementi di provenienza così
varia ed assortita non riesce a fondersi in un continuum logico
e serrato, tanto che non tutti i nodi vengono al pettine e
certe situazioni finiscono per risultare artefatte e sin troppo
sbrigative. [fabio melandri]