Nel
1993, la id Software, piccola azienda di Mesquite, in Texas,
si è resa protagonista di una copernicana rivoluzione
nel campo dei videogames, introducendo la cosiddetta prospettiva
FPS (First Person Sholder), ovvero la visione per soggettiva
del giocatore chiamato ad esplorare mappe ed annientare nemici
di ogni sorta. Nacque Doom, venduto in milioni di copie e divenendo
in poco tempo uno dei giochi per PC più popolari di tutti
i tempi.
Oggi a distanza di 13 anni dalla sua nascita e sulla scia di
una aridità creativa ed artistica ad Hollywood e di trasposizioni
cinematografiche di altri videogiochi, da Resident
Evil a Lara Croft, debutta
sullo schermo la versione cinemascope del videogioco.
Con Andrzej Bartkowiak alla regia (Romeo
deve morire) e la muscolosa interpretazione di The Rock
in veste di protagonista (Il Re Scorpione,
Be Cool),
Doom-film, cerca di distanziarsi
il più possibile dalla bidimensionalità del Doom-videogioco
cercando di intessere un minimo di trama e moltiplicando situazioni,
personaggi e psicologie (?). Il risultato è invero assai
modesto, in quanto la struttura narrativa – un gruppo
di marines armati sino ai denti che vengono chiamati per tenere
sotto controllo una misteriosa quarantena nella base di ricerca
scientifica marziana Olduvai – ricorda sin troppo da vicino
altre vicende (Aliens – Scontro
finale su tutti) e le stesse
creature che si oppongono ai nostri eroici sanno tanto di omaggio/citazione/plagio
ai vari Alien, Predator
e famiglia.
Tanto scontato quanto prevedibile, il film è un innocuo
divertissment per soli appassionati del videogioco originale
che viene citato direttamente nel convulso e confusionario pre-finale
in cui attraverso falsi piani-sequenza assistiamo allo scontro
finale in soggettiva del protagonista, stimolando un fastidiosissimo
mal di testa negli spettatori già tramortiti da un’ora
e mezzo di sparatoie e “colpi di scena”.
Gli attori, volti per lo più sconosciuti e assidui frequentatori
del florido mondo dei b-movie, sono puramente funzionali alla
storia e fungono da classica carne da macello pronta ad essere
sventrata, disarticolata nei modi più fantasiosi e creativi
possibili. Ennesimo esempio in cui gli effetti speciali costituiscono
l’ossatura del film prendendo prepotentemente il posto
di intrecci, personaggi, psicologie. Il cinema fantasy è
in coma, Dio salvi il cinema fantasy! [fabio
melandri]
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