Più
che un titolo un manifesto programmatico, una dichiarazione d’intenti
che rimane in gran parte sulla carta, in particolare nelle pagine
del romanzo di Elmore Leonard - autore tra gli altri di Get
Shorty, Out of Sight, Jackie
Brown - scritto per l’occasione dopo il grande successo
commerciale di Get Shorty di cui questo
è, a distanza di quasi 10 anni, il sequel.
Il termine cool può essere tradotto in italiano con quello
di “fico”, ed il film le tenta tutte per apparire tale.
Vi sono una serie di personaggi effettivamente cool come il manager
agnellino in casa e manager dai metodi mafiosi fuori (Cedric The Entertainer),
o Raji il manager incompetente interpretato in maniera divertente
e divertita da Vince Vaughn (che ritrova la leggerezza da commedia
persa dopo il fulminante debutto con Swinger),
la guardai del corpo gay aspirante attore dal sopraciglio assassino
interpretato dallo scultoreo The Rock (Il Re
Scorpione) o ancora il killer pasticcione Joe Loop (Robert
Pastorelli) ed infine ma non da meno il rapper ritardato dagli sviluppati
ormoni gangsteristici interpretato da André Benjamin del gruppo
musicale degli OutKast. Purtroppo tutti questi personaggi fungono
da contorno, rappresentano il sottobosco che ruota intorno ad una
storia debole debole, puramente pretestuosa al servizio della giovane
cantante ed attrice (?) dalla pelle d’ebano Christina Milian.
Chili Palmer (John Travolta) abbandonato il cinema decide di buttarsi
nel mondo della musica per lanciare la giovane cantante Linda Moon,
ragazza dall’indiscusso talento ma vittima di un contratto capestro
con i manager di una grossa casa di produzione (Harvey Keitel e Vince
Vaughn). Tra mafiosi russi, manager dai modi spiccioli, killer dal
cervello tutt’altro che fino, guardie del corpo gay, i colpi
di scena (?) si susseguono in una trama priva di spunti degni di nota
e con poche scene ben costruite e realizzate ma che profumano di già
visto. Il regista F. Gary Gray ha dimostrato in passato di sapersi
muovere bene nel genere action (Il negoziatore,
The Italian Job) ma i ritmi della commedia
non sono esattamente nelle sue corde, sicchè la narrazione
procede stancamente nonostante qualche battuta divertente seminata
di tanto in tanto. Spiace vedere attori come John Travolta, Uma Thurman
e soprattutto Harvey Keitel riuniti per la prima volta insieme dopo
Pulp Fiction coinvolti in un’opera
che al di là di una elegante e volutamente patinata confezione,
mostra evidente sintomi di un'aridità creativa che inizia ad
essere seriamente preoccupante all'interno della gloriosa commedia
americana. [fabio melandri]