Dawn,
una studentessa del liceo, si è impegnata molto per
preservare la sua verginità ed è una delle attiviste
più convinte del gruppo della castità. La sua
determinazione è messa a dura prova dal fratellastro,
con il suo comportamento sempre più provocatorio. L’innocente
Dawn, estranea al proprio corpo, scopre di avere una vagina
dentata quando diventa oggetto di una violenza sessuale.
Mentre lotta con se stessa e cerca di comprendere questa sua
caratteristica anatomica, Dawn prova l’esperienza terribile
ed al tempo stesso potente di essere l’esempio vivente
del mito della vagina dentata.
“La prima volta che ho sentito parlare del mito della
vagina dentata – racconta il regista Mitchell Lichtenstein,
Miglior attore al Festival di Venezia, nel 1983 con Streamer
di Robert Altman e protagonista de Il
banchetto di nozze di Ang Lee e figlio dell'artista
della Pop Art Roy Lichtenstein - è stato durante una
lezione di letteratura. Da allora ho notato quante volte questo
mito sia stato utilizzato metaforicamente in molti horror
e science-fiction. Molte donne possono essere viste come rappresentazione
della vagina dentata, essa stessa metafora della paura maschile
verso la donna. Queste storie però erano sempre come
una sorta di “orpello” alla metafora stessa, con
la conseguenza che non si arrivava ad una soluzione del problema
e che venivano continuamente attribuite alle donne caratteristiche
mostruose. Spero che Denti spogli
la metafora della vagina dentata da tutto il superfluo da
cui è stato contaminato, affrontandolo direttamente
senza tabù.”
Nonostante una trama che potrebbe ricondurre a certe produzioni
di Z-movie alla Troma, Denti
è un film serio ma non serioso – “Anche
nei momenti più terribili, credo e spero che tutti
si possano fare una risata durante il film. Anche se ho messo
in scena l’immagine esplicita della ginofobia, spero
risulti chiaro che ho preso in giro il mito della vagina dentata”
continua Lichtenstein - su uno dei più grandi tabù
del nostro secolo attraverso una messa in scena che ricorda
certo cinema di fantascienza degli Anni Cinquanta ed un’ambientazione
che con le due torri di raffreddamento di una centrale nucleare
che domina la ricostruzione scenografica del film, rimanda
nelle atmosfere plastificate e dai colori pastello alla Springfield
dei Simpson.
Certo il film, pur trattando la delicata materia con molta
circospezione, in diversi momenti si concede parentesi gore
e splatter per i cultori del genere, con organi sessuali maschili
evirati e ripresi in primi piani capaci di scatenare isterica
ilarità nel suo giovane pubblico. Gran peso del film
è sulle giovani spalle della protagonista Jess Weixler,
premiata al Sundance Film Festival, capace di passare da tanta
innocenza repressa ad una sessualità violenta e letteralmente
“castrante” con disarmante facilità e coerenza.
Sebbene le situazioni siano paradossali e giocate sul confine
del grottesco, non viene mai a mancare la coerenza interna
al racconto, e questo è sicuramente un pregio che non
va sottovalutato. [fabio melandri]