Cronaca di una fuga - Buenos Aires 1977
Cronica de una fuga
Regia
Israel Adrián Caetano
Sceneggiatura
Israel Adrián Caetano
Fotografia
Apezteguia
Montaggio
Alberto Ponce
Scenografia
Juan Mario Roust,
Jorge Ferrari
Costumi
Julio Suarez
Musica
Ivan Wyzsogrod
Produzione
K & S Films S.A. Argentina
Interpreti
Rodrigo de la Serna, Nazareno Casero, Lautaro Delgado,
Matìas Mormorato, Pablo Echarri
Anno
2006
Genere
drammatico
Nazione
Argentina
Durata
102'
Distribuzione
Fandango
Uscita
04-05-07

Buenos Aires, 1977. Una "task force" che lavora per il regime militare argentino, cattura Claudio Tamburrini, portiere di una squadra di calcio di serie B e lo trasporta in un centro di detenzione clandestino conosciuto come Mansìon Seré: una vecchia abitazione nobiliare nel sobborgo di Moron a Buenos Aires. In questa sorta di 'terra di nessuno' dove la gente vive in attesa che il loro destino sia deciso, Claudio incontra Guillermo. Dopo quattro mesi di prigionia e torture, i due assieme ad altri compagni di stanza (Vasco e Gallego) trovano l'agognata libertà lanciandosi nel vuoto da una finestra, nel bel mezzo di una tempesta e completamente nudi. A quel punto la loro vita può cominciare...
Tratto dal libro autobiografico Pase Libre - La fuga de la Mansìon Seré scritto da Claudio Tamburini, uno dei protagonisti della vicenda, Cronaca di una fuga, presentato al Festival di Cannes del 2006 ha il pregio di uno stile asciutto, conciso, a tratti documentaristico che pone il suo occhio sui corpi martoriati, denudati, vilipesi dei ragazzi torturati per raccontare la tortura psicologica inflitta ai prigionieri dai propri carcerieri e quel sottile legame quasi ed a tratti cameratesco che si crea tra di loro, come durante il brindisi di Natale o il tifo per la squadra di calcio dell’Argentina, seppur da interpretare in due opposte direzioni.
Girato come un film dell'orrore, l'esterno della casa di detenzione e torture, la famigerata Mansìon Seré, ha sinistre analogie con la casa-mattatoio di Non aprite quella porta, ed i carcerieri sono gli stessi sadici macellai della famiglia Hoyt. Riprese dal basso verso l'alto per dare il senso della schiacciante situazione in cui si ritrovano spesso inconsapevolmente i protagonisti - "Una cosa siamo scuri, che siete colpevoli" vengono di continuo accusati - ed ogni scudisciata, violenza loro perpetruata fisicamente, si ripercuote nelle coscienze di chi guarda.
Un film che ha il pregio morale di ricordare cosa è stato il regime dittatoriale argentino neanche troppo lontano da noi, solo 30 anni sono passati, e ammonirci che situazioni del genere ancora sopravvivono tanto nei paesi più moderni e civilizzati (Stati Uniti e Cina) quanto in quelli più arretrati (Afghanistan e compagnia) tanto da meritarsi il giusto sostegno di Amnesty International e l'altrettanto ingiusto divieto di 14 anni che impedirà ai giovani studenti di vedere – conosciamo la potenza dell’impatto delle immagini sul ricordo - quanto forse hanno solo sentito parlare. Complimenti ai nostrani censori. [fabio melandri]