Will,
agente pubblicitario, è un papà poco più
che trentenne di Manhattan alle prese con il divorzio. Ma
questo è solo l’ultimo dei suoi problemi. Il
primo e più grande riguarda sua figlia Maya e le sue
pressanti domande riguardanti la sua vita prima del matrimonio
e i dettagli della sua relazione con la madre.
Il tutto scatenato da una lezione di educazione sessuale a
scuola… mah…
Will invece di raccontare per filo e per segno come andarono
le cose, inizia ad inventarsi una storia con protagonista
un giovane aspirante politico, lui stesso, alle prese con
tre donne, in mezzo alle quali si nasconde l’identità
della madre di Maya: Emily, la ragazza della porta accanto,
fidanzatina ai tempi del liceo e forse qualcosa di più;
April, apolitica, anticonformista ragazza delle fotocopie
e sua migliore amica; Summer, ambiziosa giornalista, sfrontata
e spensierata. E qui siamo al secondo mah…
Certamente, forse vuole essere
un film sull’amore, quello romantico, non ricambiato,
paterno, perduto, tra amici. Adam Brooks, sceneggiatore tra
gli altri di Che pasticcio Bridget Jones,
Wimbledon e French
Kiss, è uno che se ne intende di affari di cuore.
Il suo desiderio era scrivere una storia d’amore che
abbracciasse un lungo periodo di tempo, in modo da dare la
possibilità allo spettatore di essere coinvolto nel
profondo dalle vicende dei personaggi e che non si limitasse
a girare intorno ad un unico perno centrale, ma capace di
costruire un contesto credibile attraverso l’accumulo
di storie secondarie, di dettagli e particolari capaci di
creare un mondo il più possibile verosimile se non
vero.
Ambientato nel sottobosco della campagna delle elezioni presidenziali,
- l’elezione di Bill Clinton a Presidente degli Stati
Uniti, l’affare Monica Lewinsky - Certamente,
forse ricalca modelli di un certo cinema del passato,
con attori eleganti alla James Stewart ricordato peraltro
molta da vicino dal personaggio di Will, interpretato da uno
sbarbato e presto sposo di Scarlett Johansson Ryan Reynolds,
e dialoghi di schermaglie amorose alla Spencer Tracy e Katherine
Hepburn.
Ma troppe cose non girano per il verso giusto a partire dall’assunto
di base (la storia raccontata dal protagonista alla figlia),
dalla ricerca troppo insistita dell’happy ending, sino
agli occhioni perennemente spalancati della piccola Abigail
Breslin (Little Miss Sunshine).
Aggiungete che il mistero dell’identità della
madre e la ricerca del vero amore da parte di Will sono facilmente
identificabili dopo pochi minuti, mentre i personaggi ce ne
impiegano 90 di troppo, e avrete il quadro chiaro della situazione.
A vostro rischio e pericolo. [fabio
melandri]