Bobby
id.
Regia
Emilio Estevez
Sceneggiatura
Emilio Estevez
Fotografia
Michael Barrett
Montaggio
Richard Chew
Scenografia
Patti Podesta
Costumi
Julie Weiss
Musica
Mark Isham
Produzione
Michel Litvak
Interpreti
Harry Belafonte, Emilio Estevez, Laurence Fishburne, Heather Graham, Anthony Hopkins, Helen Hunt, Lindsay Lohan, William H. Macy, Demi Moore, Martin Sheen, Christian Slater, Sharon Stone, Elijah Wood, Freddy Rodriguez
Anno
2006
Genere
drammatico
Nazione
USA
Durata
114'
Distribuzione
01 Distribution
Uscita
19-01-07

Se solo un uomo dichiara e segue le proprie convinzioni, tutto il mondo si riunirà intorno a lui.” Questa di Ralph Waldo Emerson era una delle citazioni preferite di Robert F. Kennedy e come tale il fratello di JFK si comportava nella sua vita pubblica. Vita stroncata da colpi di pistola nelle cucine dell’Hotel Ambassador di Los Angeles, sede del comitato per l’elezione del Senatore Kennedy alla Presidenza degli Stati Uniti, all’alba del 5 giugno 1968. Un colpo di pistola che seguì di pochi mesi quello che pose fine alla vita del leader dei diritti civili Martin Luther King Jr a Memphis.
Queste la basi di partenza di Bobby, il film che con una costruzione a mosaico ripercorre le ultime ore del Senatore Kennedy attraverso le vite di 22 personaggi che scorrono veloci ed inconsapevoli tra i corridoi, le camere da letto, le cucine ed i magazzini dell’Hotel Ambassador. “Volevo dar vita a personaggi che fossero rappresentativi di un’epoca e che servissero anche ad ampliare la storia” dice il regista/sceneggiatore/attore Estevez.
Attraverso le storie di questi personaggi, il regista ricostruisce il ritratto di un’America idealista ed ottimista, capace ancora di credere che un mondo migliore fosse possibile e realizzabile, non attraverso “la violenza che semina violenza, o la repressione che genera ritorsioni” ma attraverso i valori dell’altruismo e della compassione, perni centrali della corsa interrotta di Robert Kennedy - Bobby per amici, collaboratori, sostenitori – alla Presidenza. Un sogno, l’ennesimo, interrotto dalla follia di un uomo e che assurge la figura di Bobby a quella di altri martiri della storia contemporanea dal fratello JFK a Martin Luther King, da John Lennon a Yitzhak Rabin.
11 storie per un’America generosa – una giovane ragazza di presta a sposare un ragazzo per evitargli la chiamata alle armi ed un viaggio senza ritorno in Vietnam -, melanconica – il portiere d’albergo che considerando l’Hotel la propria casa ed i suoi dipendenti la propria famiglia non si rassegna al tempo che passa -, sognatrice – la cameriera del coffe shop appena arrivata dall’Ohio con lambizione di diventare stella del cinema –, razzista – l’arrogante prepotenza del responsabile food & beverage dell’hotel nei confronti del personale messicano -, disillusa – la parabola discendente della cantante di pianobar Virginia Fallon e dell’estetista e moglie tradita del direttore d’albergo Miriam -.
La costruzione della pellicola, la sovrabbondanza di personaggi e storie che si dipanano l’una nell’altra talvolta incrociandosi, talvolta sfiorandosi solamente, ricorda il cinema di Robert Altman e dei suoi epigoni come Paul Thomas Anderson (Magnolia) e Paul Haggis di recente (Crash). Ma al contrario del maestro da poco scomparso, lo svolgimento, l’incrocio e lo sviluppo delle storie è poco fluido, naturale, ma piuttosto meccanico, a tratto forzato trasmettendo un senso di artefatto che il valore morale del film, notevole, non può completamente giustificare o nascondere.
Il Senatore Kennedy è presente nel film solo attraverso immagini di repertorio ed ideologicamente apre e chiude il film attraverso due discorsi il primo tenuto in occasione della morte di Martin Luther King, il secondo tenuto pochi minuti prima di essere ucciso nella sala da ballo dell’Hotel Ambassador.
Risultato è che il momento più emozionate e toccante del film è affidato alle parole e melodie della canzone di Simon & Garfunkel, 'The Sound of Silence', sulle immagini documentarie di un America che si stava sgretolando sotto i colpi delle pallottole in Vietnam e delle violenze razzistiche mentre l’unico collante, la nuova speranza per un’America migliore si stava spegnendo al Good Samaritan Hospital, all’età di soli 42 anni.
[fabio melandri]



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