Dopo i
Grand Tour nella vecchia Europa (Venezia, Parigi, Londra,
Barcellona), Wodody torna a casa, a New York, riproponendo
ambientazioni che più abbiamo amato, angoli di New
York ed interni che meriterebbero un giorno un saggio fotografico
di internal design, battute fulminanti su tutto e tutti, personaggi
di contorno capaci di dare colore e calore ad una trama che
sembra il risultato più di appunti sparsi che non di
una solida struttura narrativa. Ma l’importante nella
vita come nell’amore, basta che funzioni.
Boris (Larry David) è un irascibile misantropo (Larry
David), fallito professionalmente e come marito, che dopo
un tentativo di suicidio, trascorre le giornate a insultare
i ragazzini che hanno la sventura di studiare il gioco degli
scacchi con lui, irritando gli amici che ancora gli restano
con le sue lunghissime tiritere sull‘inutilità
del tutto. Ex professore alla Columbia University, autoproclamatosi
genio candidato al premio Nobel per la Meccanica Quantistica,
Boris si considera l‘unico essere al mondo in grado
di capire l‘insignificanza delle aspirazioni umane e
il caos totale dell‘universo.
Una sera al rientro da casa, si imbatte nella giovane, timida,
ingenua se non tonta Melody St. Ann Celestine (Evan Rachel
Wood), ragazza del sud fuggita da casa. Le cose si complicano
ulteriormente quando i genitori di lei si presentano a New
York con in testa il tentativo di salvarla dalle grinfie della
Grande Mela, rimanendo da questa conquistati, compromessi,
cambiati. Tanto… basta che funzioni!
Dietro il personaggio di Boris interpretato dall’attempato
e misconosciuto in Italia comico newyorkese Larry David, si
nasconde un Woody Allen sarcastico e pessimista come poche
volte ci è capitato di vedere, che a proposito del
personaggio confessa: “Ho scritto la sceneggiatura ed
è chiaro che è così che vedo le cose.
Ma Boris è un personaggio di finzione che ho creato
per il film e non sono io; diciamo che è un’esasperazione
dei miei sentimenti.”
Come detto, il film sembra un susseguirsi di sketch, alcuni
assai divertenti, altri con trovate tanto geniali quanto surreali
come quando il protagonista si rivolge direttamente al pubblico
seduto in sala chiedendo partecipazione e comprensione ad
una forma di genio che i personaggi sul grande schermo non
sembrano riuscire a riconoscere in lui. Ma alcuni passaggi
strutturali – vedi il primo incontro tra Boris e Melody
– risultano artefatti, forzati, poco coerenti con i
personaggi descritti, alcuni salti di sceneggiatura –
come i genitori di Melody siano riusciti a trovarla a New
York risulta un mistero sospeso per l’intera pellicola
– non sono facilmente perdonabili ad un ottimo sceneggiatore
come Allen. Lo stesso personaggio di Melody, ben interpretato
dalla giovane Rachel Wood (Thirteen,
Across The Universe,
The Wrestler), mantiene rapporti
di stretta parentela, sin troppo stretta, con la Linda Ash
(in arte Judy Orgasm) di MIra Sorvino ne
La dea dell'amore.
Con ciò nel film si ride, ora amaramente, ora sguaiatamente,
ritrovando nella sua imperfezione un autore che nel recente
passato aveva convinto poco. Bentornato Woody.
[fabio
melandri]