Insieme
a Spike Jonze, David O. Russell, Sofia Coppola, Paul Thomas Anderson
rappresenta il nuovo cinema americano, quello che pur muovendosi all’interno
degli Studios hollywwodiani è capace di creare opere non convenzionali,
frutto di poetiche non banali e assolutamente personali. Parliamo
di Wes Anderson, autore che si è imposto all’attenzione
della critica e del pubblico internazionale con il suo precedente
I Tenembaum.
Con il nuovo Le avventure acquatiche di Steve
Zissou, girato interamente in Italia, Anderson ci propone una
coloratissima tragicommedia che vede protagonista Steve Zissou (Bill
Murray), un eccentrico oceanografico, ispirato alla mitica figura
di Jacques Cousteau, alle prese con la sua personale Balena Bianca,
un fantomatico Squalo Giaguaro, che ha divorato l’amico e più
fedele collaboratore durante una escursione in mare. Al suo seguito
una variopinta quanto improbabile troupe che imbarcata sul vascello
Belafonte attraverserà i sette mari per affrontare le avventure
più insolite ed i fondali marini meno esplorati.
Un film inusuale, un cartone animato live che si avvale delle animazioni
in stop-motion di Henry Selick - creatore dei fiabeschi mondi di Nightmare
Before Christmas per Tim Burton e di James
e la Pesca Gigante - immergendoci in un mondo popolato di creature
misteriose, personaggi folli e fumettisti, con un ritmo da andamento
lento. Tutta la letteratura marina da Moby Dick
a 20.000 leghe sotto i mari è
citata, parodiata, omaggiata in un film che riesce, fondandosi su
radici così solide e riconosciute, a staccarsi da esse e costruire
un universo indipendente, immaginario ma compiuto e convincente, assecondato
da un cast di vecchie conoscenze della famiglia cinematografica di
Anderson quali Bill Murray, Owen Wilson, Angelica Huston e new entry
come l’irresistibile Willem Dafoe, il redivivo Jeff Goldblum
e l’attore feticcio di un cinema Anni Settanta molto amato dal
regista, Bud Cort protagonista di Harold e Maude
di Al Ashby e MASH di Robert Altman.
Uno stile Anni Settanta che si riverbera su costumi, musiche (occhio
alla colonna sonora con musiche di David Bowie reinterpretate in chiave
bossa nova da Seu Jorge, uno dei tanti leit-motiv di cui il film è
cosparso) e scenografie, illuminato da una fotografia in puro Technicolor
Anni Cinquanta con colori vivi ed accesi - con una prevalenza del
colore celeste che mette in relazione i due mondi protagonisti della
pellicola, quello terrestre e quello marino – che rende il film
una sorta di patch-work di cui non è difficile innamorarsi.
Più mentale ed intellettuale che emotivo, il film è
come quei tipici piatti della nouvelle cousine da apprezzare lentamente,
boccone dopo boccone, incapace di sfamare ma buono a solleticare la
curiosità verso nuovi sapori ed accostamenti. [fabio
melandri]