Un uomo
incontra una donna a Parigi… Con questo incipit semplice
e asciutto, Luc Besson torna alla regia a sei anni dalla sua
ultima fatica dietro la macchina da presa La
Passione di Giovanna d’Arco (1999), con una favola
moderna, una storia di cadute e redenzione, un racconto morale
a due personaggi, un cielo sopra Parigi.
André è un piccolo truffatore magrebino con
passaporto americano vinto alla lotteria nazionale, indebitato
sino al collo a causa di affari andati a male. Ha solo poche
ore di tempo per restituire i soldi a tutta la mala parigina,
prima di finire scaraventato dalla Torre Eiffel o gettato
nella Senna con pesi non convenzionali addosso. E’ piccolo
di statura, moro ed una sfortuna che lo perseguita manco fosse
Paolino Paperino. Angela è una donna bellissima, altissima,
biondissima; l’aspetto aureo la mostra come un angelo,
con una grande fiducia in se stessa e quell'aria da baldracca
che fa perdere la ragione ad ogni uomo le si ponga davanti.
La storia inizia sul ciglio di uno dei tanti ponti che
decorano la Senna, medesimo luogo dove, seguendo una costruzione
lineare e circolare del racconto, si consumerà l’epilogo
a metà strada tra sogno e realtà. Intorno a
loro, gangster da fumetto ed atmosfere parigine alla Ameliè
con immagini che sono un vero e proprio atto d’amore
per una città grazie al bianco e nero del direttore
della fotografia Thierry Arbogast (qui alla quinta collaborazione
con Besson) che ricordano Manhattan
di Woody Allen e Il Dottor Stranamore
di Stanley Kubrick.
La morale del film, esplicitata con tutta la rudezza di cui
Besson è capace, è semplice quanto banale: la
bellezza è dentro ognuno di noi. Facile a dirsi se
sei una stanga di un metro e ottantasei, bionda e con due
gambe che non finiscono più, sembra pensarla il povero
Andrè e noi con lui. Ma come in ogni favola dei buoni
sentimenti, lui scoprirà la sua bellezza interiore
dichiarandosi il proprio amore in una delle scene più
struggenti mai viste (?) mentre lei scoprirà che amare
se stessi non basta per affermazione come individuo. L’amore
bisogna saperlo dare e aprirsi verso gli altri per riceverne
in cambio. All you need is love... cantava un gruppettino
pop inglese qualche anno fa!
La lezioncina ci viene impartita dal regista francese attraverso
uno sounto narrativo buono per un mediometraggio, in cui la
mancanza assoluta di azione viene compensata da un uso, ma
meglio sarebbe dire abuso, della parola che illustra e spiega
ogni cosa con pedanteria ed accademismo, con una serie di
dialoghi che sono un concentrato di banalità, stereotipi
e frasi fatte.
Una tipologia questa di cinema molto pericolosa, ad alto rischio
di noia. Nel 1995, Richard Linklater girò un film simile,
basato sul cazzeggio di due ragazzi, incontratisi un giorno
per caso a Parigi, Prima dell'alba.
Costruito praticamente sul nulla, il film si rendeva gradevole
alla visione grazie ad una leggerezza ed intelligenza di scrittura
che qui invece manca completamente. la lezione di Linklater
non è stata fatta sua da Besson, che quindi rimandiamo
a studiare e lo aspettiamo per gli esami di riparazione a
settembre.
[fabio melandri]
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