Angel-A
è un film essenzialmente d'attori. Come li ha scelti?
La prima volta che ho visto Jamel Debbouze (Andrè)
è stato su Canal +, e mi ha fatto morire dal ridere
facendo una specie di riassunto di Titanic. Mi è venuto
immediatamente in mente Zébulon, ho visto in lui un
personaggio attraente, carico di fascino, di vita e di cicatrici,
tutte cose che rendono un attore ancora più interessante.
Successivamente, ci siamo incrociati diverse volte e ci siamo
sempre piaciuti a vicenda. E poi a forza di girarci intorno
mi sono accorto che era maturo per passare all’azione
vale a dire per assumersi la responsabilità di essere
il protagonista del mio film e spingersi fino in fondo nel
portare allo scoperto i propri sentimenti. Rie Rasmüssen
(Angela) è un’autentica perla: non ho mai conosciuto
una ragazza come lei, affettuosa, curiosa di tutto, dotata
di un grande talento. Dipinge, disegna, fa fotografie e si
occupa anche di regia… Ovunque passi, semina sorrisi
e buon umore. Il suo entusiasmo mi ha fatto un gran bene e
mi ha dato la voglia di tornare a girare… Gilbert Melki
è un attore che avevo adocchiato da tempo e che era
perfetto per questo ruolo. E’ il primo al quale ho pensato
per interpretare Franck e lui mi ha fatto il grande favore
di dire di sì. Ma neanche lui ha ricevuto il copione
perché il suo personaggio, che è testimone dell’evoluzione
di André, diventa più interessante se anche
lui, ad ogni nuova scena, si interroga sulle ragioni dei cambiamenti
di André. Penso che il fatto che non conoscesse la
sceneggiatura l’abbia aiutato molto a capire fino in
fondo il suo ruolo: la fame giustifica i mezzi!
Ci vuole
parlare della colonna sonora del film e della sua collaborazione
con Anja Garbarek?
L’ho scoperta da una piccola fotografia su un giornale.
Io conoscevo suo padre, Jan Garbarek, il sassofonista che
suonava con Keith Jarret negli anni 70-80 ed ero curioso di
ascoltare la musica di sua figlia, che immaginavo fosse cresciuta
tra Stanley Clarke e Miles Davis. E cosi ho comprato i suoi
primi due album e li ho trovati magnifici perché ci
ho ritrovato le vere radici del jazz unite ad una voce alla
Björk, ma molto più dolce e poetica. E tutto questo
è successo nel momento in cui avevo ritirato fuori
le famose 15 pagine scritte 15 anni fa, e la sceneggiatura
è stata scritta ascoltando i due dischi di Anja Garbarek.
Direi quindi che sin dall’inizio la musica di Anja è
stata legata alla storia del film e mano a mano che andavo
avanti mi accorgevo che si trattava di un abbinamento fantastico.
Inoltre in quel periodo il musicista con il quale lavoro sempre,
Eric Serra, era già occupato con la colonna sonora
di Arthur et les Minimoys e visto
che sarebbe stato alquanto difficile per lui comporre due
colonne sonore simultaneamente, per una volta l’ho tradito
con Anja. Ciò detto, Jean Reno e Eric Serra hanno fatto
diversi film senza di me, quindi non vedo perché per
una volta io non possa fare un film senza di loro! E così
Anja Garbarek ha composto la colonna sonora originale di Angel-A,
che comprende anche dei brani dei suoi album precedenti che
sono stati riarrangiati per il film.
Come mai la scelta di girare con al
fotografia in bianco e nero?
I giornalisti diranno che il fatto che il mio primo e il mio
ultimo film (in ordine cronologico) siano entrambi in bianco
è nero è dettato da una scelta ben precisa,
ma le cose non stanno affatto così. Nel film ci sono
quattro personaggi principali: Angela, André, Parigi
e il bianco e nero. Sono i quattro tempi di un poema e se
togliamo uno di questi elementi, togliamo tutta la poesia
al film. Ho cominciato a scrivere la sceneggiatura di questo
film circa dieci anni fa. All'epoca però, ero riuscito
a definire solo la struttura del film senza riuscire a far
parlare i personaggi, forse perché ero troppo giovane.
In poche parole, si può dire che avevo già il
desiderio di trattare questo argomento ma non disponevo ancora
del vocabolario adeguato per farlo. Di conseguenza, ho messo
da parte quelle 15 pagine che avevo scritto e sulle quali
mi sono reimbattuto quasi per caso di recente. Tornato a leggerle,
le ho trovate talmente attuali che ho deciso di riprendere
in mano la penna per vedere, se questa volta, sarei riuscito
a finire il film. E in soli 15 giorni ho terminato la sceneggiatura!
E quindi mi sento di poter dire che per scrivere questo film
ci sono voluti 10 anni e 15 giorni… Le immagini del
film alle quali avevo pensato dieci anni fa erano in bianco
e nero e riguardavano essenzialmente i ponti di Parigi, più
in particolare alcuni luoghi precisi di Parigi dai quali si
vede l’infilata di quei ponti.
Per quale
motivo non ha mai girato seguiti dei suoi successi?
Non amo tornare sugli stessi argomenti
ed è per questo che ho sempre ammirato Stanley Kubrick
o Milos Forman, che hanno sempre cambiato universo ad ogni
film che hanno fatto. Come loro, anche io tento di conservare
quel rigore che mi impone di non fare del cinema 'alla Besson',
di non dirigere un Nikita 2 o un Léon 2, cosa che mi
hanno chiesto spesso. Inoltre, la cosa che mi ha sempre colpito
in Kubrick, è l’osmosi che c’era tra il
suo stile visivo e ciò che raccontava: il suo linguaggio
visivo e grafico corrispondevano sempre con una perfezione
matematica al soggetto affrontato. Anche Orson Welles aveva
sempre idee, inquadrature o giochi di chiaroscuri che si adattavano
perfettamente alle sue intenzioni e alla storia che raccontava.
E tutto questo mi ha sempre spinto a far sì che il
mio modo di girare fosse conforme alla storia raccontata.