Il
“Morettismo”: l’influenza di Nanni Moretti
sul cinema italiano
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Manie,
vizi e terapie di un inguaribile autarchico |
[alessandro
antonelli] |
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Il
caimano
è ufficialmente e senza contare corti e collaborazioni,
il nono lavoro dell’autore di Brunico. Moretti
si è evoluto, se così possiamo dire,
è maturato sia come uomo che come regista,
facendo scelte graduali senza mai azzardare inconsueti
cambi di direzione. Questo però mantenendo
un certo coraggio stilistico e una robusta coerenza
di fondo. Moretti ha nel corso degli anni influenzato
e contagiato molti altri artisti del cinema italiano,
soprattutto tra anni Ottanta e Novanta, dall’avvento
di Ecce Bombo (1978)
a Caro Diario (1994)
in special modo. Un minimalismo formale di struttura
narrativa e di scenografia dove le persone e i personaggi
agiscono con fare labile, sorretti da un’indecisione
ed una sensazione di assenza tangibile, quasi come
corpi eterei e rarefatti che si stagliano ora qua
ora la in situazioni tragicomiche e/o assurde. Spesso,
forse troppo, Nanni Moretti è al centro della
“scatola”, dei suoi elaborati filmici,
personaggio principale talvolta somigliante al precedente
e poi ancora al successivo, afflitto da egocentrismo
cronico o incipiente voglia di raccontarsi, ma sempre
senza sfarzo, senza boria, attingendo costantemente
ad umiltà e semplice scelta estetica.
E’ forse questo (o lo è stato) il peggior
“vizio” di Moretti, il saper raccontare |
solo
se stesso, incapace o quasi, di guidare figure a lui
estranee o simili, mettendo soventemente al centro
dei riflettori della pista esclusivamente le sue sembianze
e i suoi modi di fare. Con Il
caimano le cose cambiano un po’. Egli
si mette da parte, guarda gli altri e ne studia le
conseguenze. La sua parte nell’ultimo film è
tuttavia rilevante e significativa. Segno quindi che
la “malattia” non è del tutto debellata.
Ma a Moretti si deve anche senza dubbio un “risveglio”
del cinema italiano sul finire degli anni Ottanta,
una rinascita morfologica e concettuale, una controtendenza
che ha solleticato altri autori e ha fatto sì
che le idee fossero condivise, accettate, divulgate.
E’ doveroso soffermarsi e fare alcune analisi.
Se una certa ripresa del giovane cinema italiano è
quindi appurata (e virtualmente iniziata dicevamo
attorno alla fine degli anni ’80) lo si deve
sicuramente a Nanni Moretti figura. L’autore
romano “d’adozione” rappresenta
quel raccordo che collega la commedia all’italiana
classica, passando da autori quali Bellocchio, Pasolini,
i fratelli Taviani e Ferreri, tanto cari a Moretti
stesso, fino a giungere a questo nuovo filone di giovani
e talentuosi registi che hanno in Nanni Moretti la
carismatica guida.
Ecce Bombo, nel 1978,
getta le basi ad esempio per quei personaggi strampalati
e sopra le righe, emotivamente infervorati e pieni
di ideali sopiti con la voglia d’altro, che
un regista come Salvatores ad esempio riesumerà
tra la fine degli anni ’80 e il resto degli
anni ’90. I personaggi di Salvatores sono infatti
trascinati dall’”utopia di qui fratelli
maggiori”, ai quali Tullio Kezich fa riferimento
in un suo articolo, che finito il loro compito lasciano
responsabilità e modi di fare ai diretti successori.
In seguito con Sogni d’oro
(1981), Bianca
(1984), La messa è finita
(1985) e Palombella rossa (1989)
Moretti costruirà un vero e proprio ponte per
il cinema italiano di fine secolo, ispirando autori
e creando una stirpe di personaggi e numerose altre
ipotesi per i colleghi più giovani. Mentre
però molti registi della nuova schiera vanno
incontro al pubblico in modo naturale e rispettoso,
Moretti ci va quasi contro, quasi a trovare un punto
di rottura che destabilizzi, per far affiorare in
chiave surrealista e ironica la stupidità e
la superficialità della società italiana
del tempo, con le sue manie e le sue tendenze politico
affettive.
In aperta polemica con l’ormai decadente commedia
nostrana Moretti in Ecce Bombo,
durante una scena in un bar, ha un alterco con un
cliente di passaggio (“Ve lo meritate Alberto
Sordi”) sottolineando il binomio cinema/attore-moda/politica
e smaltendo con una sagace battuta il suo disprezzo
“buono” verso una tendenza conformista
che l’Italia ama(va) come un vizio consapevole.
« […] Quando Moretti colpisce i grandi,
Sordi e Manfredi, lo fa perché vede nel cinema
alto italiano dei pericolosi rischi: la paura della
novità, l’attrazione della maniera, della
routine che diventa impaccio, impedimento ad andare
avanti, più in là. Un gesto stupido?
Forse. Certo non commerciale.»[1]
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Moretti
in questo contesto “pre-rinascita” è
anche il regista dell’intimismo architettonico.
Moretti riprende, soprattutto nei suoi primi film,
personaggi chiusi e ostinati in interni, dentro
case, stanze, bagni, camere, come se fuori qualcosa
spaventasse o contaminasse qualcosa di immacolato
da salvaguardare. L’attitudine di Nanni Moretti
è la “stanzialità”, quasi
un gioco claustrofobico, che si contraddistingue
con intere scene girate in appartamenti, al chiuso.
Non a caso poco sopra ho usato il termine “scatola”.
Il suo personaggio (e sovente gli altri) sono rinchiusi
tra le porte, i muri e le ombre di un’abitazione,
scorti da angoli conosciuti, tra le cose comuni,
proiettando la scena verso l’interno stesso,
al riparo. “Nel 1988 tre trai film più
interessanti di giovani registi italiani (Mignon
è partita di Francesca Archibugi,
Gentili signore di
Adriana Monti, Piccoli equivoci
di Ricky Tognazzi) hanno in comune il fatto di essere
stati realizzati quasi interamente in un appartamento,
di stare addosso ai loro personaggi, muovendosi
in spazi limitati e ricorrenti: la macchina non
acquista quasi mai la presenza di un testimone (e
tanto meno di un protagonista), preferisce identificarsi
in una parete, un corridoio, un soprammobile.”
[2] Come a testimoniare
che il mondo è lì, la vita anche.
Non altrove. Legittimando quell’atmosfera
e quell’aria minimalista che garriva le idee
di quel periodo. Nel 1986 Pupi Avati aveva quasi
inaugurato il filone del “cinema d’interni”
con il riuscitissimo Regalo
di Natale (lanciando Diego Abatantuono come
attore drammatico dopo gli inizi da commedia demenziale)
e più avanti, nel 1994, anche Maniaci sentimentali
di Simona Izzo sarà la conferma alla teoria
del “chiuso” del cinema italiano.
Se analizziamo però bene è lo stesso
Nanni Moretti a fare il docente di un cinema italiano
racchiuso tra le quattro pareti, usando l’intimismo
domestico come energia centripeta dei suoi personaggi,
difatti «Moretti è il regista che ha
insegnato, pur vigilando attentamente sul pericolo
del morettismo, a fare cinema in una casa, tra tragitti
e affetti domestici, canzonette che si accendono
come epifanie tra una terrazza e un divano. […]
L’isolamento di Palombella
rossa (che all’epoca fece scalpore
per i temi politici trattati attraverso la metafora
della pallanuoto, ma con evidente schiettezza[3])
il cui set (piscina/veranda/terrazza ma anche un
po’ cinema, spogliatoio, balera) è
il tentativo di trasferire in un interno tutto il
proprio mondo, escludendo tutto il fuori, contro
il quale il dentro ingaggia la sua furiosa battaglia
a anche la sua più clamorosa sconfitta.»[4]
A sua volta Nanni Moretti sembra riprendere qualcosa,
in fatto di luoghi o situazioni comico surrealistiche,
al Giuseppe Bertolucci di Berlinguer
ti voglio bene, con Roberto Benigni e Carlo
Monni, dove un pugno di amici con idee stravaganti
e pensieri vagabondi, girovagano alla deriva tra
circoli, palazzi e piste di ballo in cerca di appigli
femminili e sensi della vita, con spiccata personalità
e improbabile saggezza di provincia, tra il grottesco
e il demenziale.
Dopo la “crisi” creativa che colpì
Moretti dopo La stanza del
figlio (2001) e che lo portò quasi
a dichiarare di voler smettere di fare film (causata
forse anche dalla consapevolezza di non riuscire
ad uscire da se stesso, afflitto da una forma cronica
di “ergonauticismo”) egli ha provato
finalmente a mischiare le carte in tavola. Ha cambiato
gioco. O almeno, sicuramente ci ha provato, visto
che Il caimano è
il risultato sotto gli occhi di tutti. Un altro
inguaribile autocelebratore in serie, dopo premi
e riconoscimenti, ma anche svariate critiche in
patria e molti film all’attivo, ha dimostrato
con intelligenza ed esperienza che si può
uscire dal vortice dell’autoesplorazione regalando
momenti di altissimo cinema senza smascherare il
proprio condizionante, persistente ego. Il riuscitissimo
Match Point riabilita
Woody Allen come regista internazionale, capace
e dalle risorse inaspettate. E’ un segnale.
E’ possibile che anche il prossimo film di
Nanni Moretti sia qualcosa di molto personale, dove
nonostante tutto di lui, del suo volto e dei suoi
istinti non vi sia pista rintracciabile, che riesca
magari a seminarli e diluirli nelle scene, dietro
a facce altrui e parole stranianti. Sorprendendoci.
[1]
Paola
Ugo e Antioco Floris (a cura di), Facciamoci del
male – Il cinema di Nanni Moretti, (da Roberto
Silvestri, Il Manifesto, 9 marzo 1978), Cuec, Cagliari,
1990
[2] Mario
Sesti, Nuovo cinema italiano, gli autori, i film,
le idee, Congetture e confutazioni, Introduzione,
Roma-Napoli, Theoria, 1994, pp. 7-34
[3] «La
sua confusione, la ricerca di un’identità
all’interno di uno spazio in cui la partita
di pallanuoto diventa luogo dei luoghi, appare oggi
come perfettamente congruente e assai rappresentativo
del difficile momento di trapasso del Partito Comunista
negli anni della segreteria di Achille Occhetto,
in cui si decide di aprire una nuova pagina mutando
simboli, parole d’ordine, volgendo le spalle
senza rimpianti all’Unione Sovietica e ai
Paesi dell’Est, e guardando verso le socialdemocrazie
europee. Moretti stabilisce, per doti naturali,
una sorta di patto autobiografico forte con il suo
pubblico e diventa il cantore di un modo di essere
e pensare, il rappresentante di un tentativo di
riportare ordine nei comportamenti confusi e contraddittori
dei rappresentanti della sua generazione».
Gian Piero Brunetta, Dagli anni settanta a oggi,
Guida alla storia del cinema italiano, Einaudi,
2003, p. 335
[4] Mario Sesti, Nuovo cinema italiano,
gli autori, i film, le idee, Congetture e confutazioni,
Introduzione, Roma-Napoli, Theoria, 1994, p. 29
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Filmografia |
1977
- Io Sono un autarchico
1978 - Ecce Bombo
1981 - Sogni d'oro
1983 - Bianca
1985 - La Messa è finita
1989 - Palombella rossa
1994 - Caro diario
1998 - Aprile
2001 - La stanza del figlio
2006 - Il Caimano (2006)
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