Esce il 5 giugno in 25 copie
il film diretto da Alessandro Capone e interpretato
da Isabelle Huppert “L’amore nascosto”,
affiancata da Greta Scacchi e Mélanie Laurent.
Prodotto da Massimo Cristaldi, il lungometraggio ha
avuto notevoli difficoltà di distribuzione. Presentato
alla Festa del cinema di Roma e al Festival di Toronto
nel 2007, viene portato nei circuiti ufficiali solo
ora, dopo che a distribuirlo è stata chiamata
Archibald Enterprise Film. Ne parla Cristaldi stesso:
“Nel 2007 avevamo firmato un accordo con una casa
distribuzione di cui non voglio fare nomi, finita in
banca rotta. È stata comprata da capitali stranieri
che hanno mandato all’aria i progetti precedenti.
A quel punto mi sono messo in cerca di altri distributori
e li ho trovati nella Archibald Enterprise Film. La
pellicola è distribuita anche in Francia”.
La protagonista ha il volto e l’intensità
di Isabelle Huppert, ancora una volta in un ruolo sgradevole.
Cosa la attrae dei personaggi che interpreta?
In genere scelgo i personaggi che mi attirano, che mi
fanno riflettere. Non li reputo sgradevoli, nemmeno
Danielle lo è; semmai lo è con se stessa.
Mi piace cercare di capire il ruolo, sollevare quesiti
senza che poi venga data necessariamente una risposta.
I personaggi che pongono delle domande che spingono
a reagire mi danno nutrimento.
Segue sempre il medesimo
criterio nella scelta dei copioni?
Direi che non esiste un metodo. Per me la cosa più
importante è la personalità del regista.
Seguono poi il ruolo e la sceneggiatura, ma solo dopo.
Ho delle difficoltà a scegliere il film da interpretare,
mi ci vuole tempo ma quando poi ho deciso il resto è
più facile. È un’avventura esistenziale:
come nella vita gli incontri sono intuitivi.
Cosa
ne pensa della patologia propria del rapporto tra madre
e figlia descritto ne “L’amore nascosto”?
Più che di patologia, parlerei di complessità.
I motivi del loro non amore sono numerosi e complessi:
lo choc della nascita, l’attesa insoddisfatta
durante la gravidanza, la nostalgia al momento del parto
e infine la perdita della figlia al momento di metterla
al mondo. Uno dei motivi per cui ho accettato di interpretare
questa madre è stato che ci fossero tante ragioni,
non una sola. Il titolo dice tutto: un amore che ha
preso un percorso nascosto.
Crede
che il film smascheri l’ipocrisia dell’ambivalenza
presente nell’amore materno?
È un film particolare, presenta un caso specifico
non c’è un intento perentorio e chiaro.
Per me il cinema non deve essere portatore di messaggi
universali; è il vettore di qualcuno che interpreta
soggettivamente un evento. Se l’amore materno
sia innato o meno non siamo noi a dirlo, non diamo una
risposta.
A breve uscirà un
film dove recita con sua figlia Lolita. Di cosa si tratta?
Non è un film psicanalitico: è una commedia
leggera ma molto intelligente diretta da Marc Fitoussi.
Spero di venire in Italia a presentarlo insieme a Lolita,
visto che non è un amore nascosto!
Dopo
l’esperienza come presidente di Giuria a Cannes,
a suo avviso il cinema rappresenta ancora la realtà
o è la realtà a sovrastare tutto?
Evidentemente Cannes ha un campionario circoscritto
di cinema è una selezione soggettiva. Alcuni
trend si sono delineati come la violenza, elemento presente
in molti film. Dobbiamo prenderne atto, è il
modo di esprimersi e parlare di oggi che è stato
scelto da molti registi, che hanno affrontato l’aspetto
selvaggio e brutale della società.
Un
commento sul film di Marco Bellocchio “Vincere”.
Il titolo “L’amore nascosto” potrebbe
essere attribuito al film di Bellocchio: anche lì
c'è un amore nascosto, addirittura un figlio
nascosto, anche se per ben altri motivi.
Quali
film italiani ha visto di recente?
I film di Matteo Garrone e Paolo Sorrentino, “Gomorra”
e “Il Divo”. Sono state due vere scoperte
per il cinema francese; li abbiamo amati tutti moltissimo.
Alimentano buone speranze per il vostro cinema.
Alessandro
Capone, da dove è venuta l’idea di dirigere
“L’amore nascosto”?
Dopo aver letto in una notte il diario “Madre
e Ossa”, libro non ancora pubblicato in Francia,
di Danièle Girard (Baldini&Castoldi), ne
sono rimasto sconvolto. Ho capito che per un uomo poter
indagare nel mistero della maternità era un tema
affascinante. Nel momento di decidere a chi affidare
il ruolo della madre, Isabelle Huppert è stata
una scelta obbligata: solo lei poteva dare voce a Danielle.
Con Cristaldi l’abbiamo letteralmente corteggiata.
Sul set si lavorava su temi come il dolore e la morte,
sui contenuti del film mai solo sulle battute. Interviene
il produttore: Ricordo ancora un giorno a Parigi in
taxi con un enorme mazzo fiori bianchi in attesa di
passare il primo esame. Lei doveva recitare in francese,
ma il film, che è per il 60% italiano, non poteva
avere una coproduzione francese per dei problemi con
Canal +, e così abbiamo trovato altri partner
francofoni, il Belgio e il Lussemburgo. Comunque poi
abbiamo fatto pace con la Francia, tanto che il film
tra poco uscirà anche lì.
Come è stato realizzare
una pellicola di questo tipo?
Una bella avventura, un viaggio attraverso i generi
cinematografici. Ne vorrei fare altri venti! Mi piacerebbe
continuare così, ma per riuscirci dovrei essere
ricco di famiglia!
[valentina venturi]