L'estate di Enrico Vanzina

[a cura dell'ufficio stampa]


Enrico Vanzina, 30 anni e più di carriera…
Per la precisione 33. E fa un certo effetto. Era il 1975 quando con mio fratello Carlo abbiamo esordito con “Luna di miele in tre”, dando a Renato Pozzetto una delle prime occasioni importanti della sua straordinaria carriera. Da quel momento in poi è nato il nostro cinema, votato sin dall'inizio a raccontare l'Italia e tutto quello che ci sembrava importante portare sullo schermo.

Un cinema, il vostro, che in fondo ha sempre accompagnato la vita degli italiani.
L'anima della vera commedia all'italiana è questa. Affondare le radici nella quotidianità, frequentando vizi e costumi e narrando di come cambia un Paese. E cercando chiaramente di fotografare tutto quello che c?è di nuovo e d?interessante. Da nostro padre, Steno, io e Carlo abbiamo imparato tanto, lui è stato davvero una delle colonne portanti della commedia italiana e non solo.

E in fondo, avendo esordito sul finire dei Settanta, siete stati proprio voi a raccogliere il testimone di una tradizione cinematografica che si andava estinguendo. L?ultimo film della commedia italiana „classica? fu “C?eravamo tanto amati”. Poi siete subentrati voi.
Un'eredità non da poco che abbiamo vissuto con grande senso di responsabilità e con l'occhio puntato a tutto quello che di stimolante offriva allora il panorama cinematografico italiano. I primi su cui abbiamo lavorato sono stati I Gatti di Vicolo Miracoli con i quali abbiamo realizzato “Arrivano i gatti”. In seguito abbiamo lanciato comici che dagli anni Ottanta in poi hanno a dir poco spopolato. Si pensi a Diego Abatantuono, a Ezio Greggio, a Christian De Sica.

Con Abatantuono negli anni si è creato un vero sodalizio. Partendo dal successo de “I fichissimi”…
Sì, quella fu la sua prima parte davvero importante, quella in cui creò l'ormai mitico terrunciello. Dai film successivi come “Eccezzziunale… veramente” e “Viuuulentemente mia” poi, Diego è subentrato anche in fase di scrittura, fornendo un contributo fondamentale alla riuscita del film. E qui potrei parlare di un vero e proprio „segreto? del mestiere appreso da mio padre. Consiste nello sfruttare al meglio il comico con cui si lavora, facendo sempre un passo indietro e lasciando così libertà all'interprete, affinchè sia in grado di apportare al film quel quid che lo renderà unico e davvero divertente. Il metodo che mio padre utilizzava con Totò e Sordi era esattamente questo.

1976-2008: da “Luna di miele in tre”, a “Un'estate al mare”. Qualcosa è cambiato, nell?Italia e nel nostro cinema?
Per risponderti prendo spunto da un mio libro uscito il mese scorso, “Commedia all?italiana. Ritratto di un'Italia che non cambia”. La risposta alla tua domanda si trova già nel titolo. No, l'Italia non è cambiata più di tanto in questi anni. O meglio, di recente abbiamo vissuto un'impressionante processo di innovazione tecnologica in un po' tutti i campi, ma credo che qualcosa dell?Italia di quaranta e cinquanta anni fa sia sempre rimasto. Credo che tutt'oggi negli uffici, nelle scuole e nelle case continui ad essere in agguato l'Italia di Totò. Quella che, bene o male, cerca sempre di arrangiarsi, sfruttando al meglio intuito e capacità di sopravvivenza. Certo, l?impegno a cui siamo chiamati in tempi difficili come quelli attuali non è dei più semplici.

E il cinema?
I cambiamenti del cinema sono stati notevoli. Non è semplice fare una sintesi. Diciamo che per quel che riguarda il genere a noi caro della commedia all'italiana non ci sono state mutazioni positive. E quello che negli anni d?oro era un genere che raccontava gli italiani senza prese di posizioni ideologiche, si è trasformato oggi in una commedia forzatamente morale, piena zeppa di ideologie e di schematismi. E non c'è quasi più quel sentimento di pietà e d'immedesimazione che si respirava in capolavori come “Il sorpasso”.

In cui alla fine anche Gassman…
… esce allo scoperto come vittima. E in cui si crea nello spettatore un forte senso di partecipazione e di catarsi. Ad ogni modo ci sono anche esempi di cinema che apprezzo molto. Mi viene in mente il duo Brizzi/Martani di “Notte prima degli esami”, in cui ho davvero ritrovato una spontaneità e una capacità di racconto non comuni. Sono stato davvero felice di sapere che il loro film di riferimento è stato “Sapore di mare”.

E veniamo a “Un'estate al mare”. Anzi no, prima ancora a quella che considero la cifra dominante di tutto il vostro cinema: il tempo. E la capacità di intrecciare stagioni, ricordi e sensazioni come nessun altro in Italia. Mi viene in mente “Il cielo in una stanza”…
Arrivato a quasi sessant'anni, mi capita spesso di voltarmi indietro e di fare un bilancio di quello che io e Carlo abbiamo fatto in tanti anni. E a pensarci bene il tempo è il filo rosso che attraversa quasi tutti i nostri film. “Il cielo in una stanza” in questo senso è una summa, nonché un film a cui sono molto affezionato.

Un incrocio fra Zemeckis e Truffaut…
Sì, il soggetto di base era davvero grandioso, peccato che in Italia abbia stentato a trovare un suo pubblico. Siamo felici di avervi fatto esordire un giovanissimo Elio Germano, diventato nel frattempo uno degli interpreti più bravi della sua generazione.

Anche questo un film in cui avete giocato in controtendenza e d'anticipo. Senza contare che un altro vero gioiello come “Quello che le ragazze non dicono” ha di fatto anticipato certe nuove tendenze del cinema italiano degli ultimi anni…

Io e Carlo ci sforziamo sempre di annusare l'aria ed esplorare di volta in volta strade nuove. Il mio lavoro è essenzialmente di scrittura e di progettazione di una certa idea, lui si muove chiaramente sulla sponda registica ed è davvero speciale nello scoprire nuovi talenti. Mi riferisco specialmente alle attrici. Si pensi ad esempio alla Monica Bellucci de “I mitici- Colpo gobbo a Milano”. E' stata una delle sue prime apparizioni davvero importanti.

Per non parlare dei grandissimi attori americani che hanno frequentato il vostro cinema…
Sì, mi viene subito in mente uno dei miti della mia adolescenza cinematografica, Elliot Gould. Quando lo vedevo recitare ne “I miei primi quarant'anni”, non mi sembrava vero che stesse recitando in un nostro film. Senza dimenticare Faye Dunaway, Matthew Modine, Marisa Berenson.

Gli ultimi due attori kubrickiani…
Eh sì. Ci piace che gli attori che scegliamo portino sul set il loro vissuto e tutto il loro bagaglio d'esperienza. Con Donald Pleasance ad esempio mi sono divertito un mondo a parlare di uno dei miei film preferiti di sempre, “La grande fuga”, di cui mi ha raccontato non pochi aneddoti divertenti.

Insomma, un cinema lontano mille miglia da ogni provincialismo. Soprattutto poi nella capacità di girare all'estero. Mi viene in mente “Vacanze in America”, ma anche “Sognando la California”…
Sì, tutti esperimenti, ma anche avventure in giro per il mondo. Se c?è una cosa di cui io e Carlo andiamo davvero fieri è la volontà precisa di regalare al pubblico sempre qualcosa di diverso, magari qualcosa che non si aspetta.
Ti riferisci alle straordinarie anomalie rappresentate da „cose? come “Tre colonne in cronaca” e “Sotto il vestito niente”…
Sì, certo, ma non solo. Un film di cui vado molto fiero e che considero forse la migliore cronaca di costume che ci sia mai riuscita è “Le finte bionde”.

Arrivando fino alla vostra ultima provocazione: “Un'estate al mare”. Dopo “E adesso… sesso”, un nuovo film ad episodi che profuma di storia della commedia all'italiana…
Volevamo tornare ad una formula che ci è molto cara. In fondo, a scorrere bene la nostra filmografia, ci si accorge che il film ad episodi torna più di una volta nel nostro cinema. Pensa a “Yuppies” (anche se lì sono tutti collegati), ma anche ad uno dei più rappresentativi in questo senso che è “Montecarlo Gran Casinò”. Con “Un'estate al mare” abbiamo voluto omaggiare tanti classici della commedia all?italiana che, sullo sfondo di un'ambientazione balneare, intrecciavano storie e personaggi. Mi viene in mente “Brevi amori a Palma di Majorca”, “Racconti d?estate”, “Costa Azzurra”, “L'ombrellone”. La formula del racconto breve d?altronde rientra perfettamente nella tradizionale letteraria italiana. Senza contare che ricordo bene l?entusiasmo con cui tanti anni fa mio padre visse la nascita del film a sketch. Da qui è nata la voglia di riproporre agli italiani un genere che ha fatto la storia del nostro cinema.

Un tentativo quasi isolato…
Di recente c'è stato il Veronesi dei due Manuali d'amore, ma siamo ben lontani dal poter festeggiare la rinascita di questo tipo di formula.

Peraltro si tratta di una doppia sfida…
Certamente. Con Medusa ci siamo avventurati in una vera e propria impresa: girare il film in pochissimo tempo e farlo uscire in sala a fine giugno, proprio nel periodo in cui in Italia il cinema abbassa la saracinesca. Ma è una scommessa che possiamo vincere…

Anche perché un cast come quello di “Un'estate al mare” non è proprio di tutti i giorni...
Decisamente no. Ed è stata una gran bella fortuna. D?altronde i tempi erano strettissimi e non avremmo certo avuto grosse possibilità di manovra. Ci siamo organizzati in fretta e abbiamo subito avuto l'ok di tutti gli interpreti scelti per il film. Che può benissimo definirsi come happening della risata tricolore. E' stato bello avere sullo stesso set uno come Ezio Greggio con cui ci conosciamo da trent'anni e un Brignano qui alla sua vera occasione per affermarsi anche sul grande schermo. Senza contare uno scatenatissimo Enzo Salvi qui per la prima volta con un personaggio più sfumato del solito e un Biagio Izzo con cui ci troviamo davvero bene.

E Banfi…
Lino è un vero genio della comicità, un mito assoluto. Mio fratello non aveva mai girato con lui, io invece avevo scritto la sceneggiatura de “Il commissario Lo Gatto”, mentre mio padre lo aveva diretto in “Dio li fa poi li accoppia” in cui Lino interpretava un irresistibile sarto gay. Il successo straordinario che ha riscosso mesi fa il ritorno del suo "L'allenatore nel pallone" ci ha fatto davvero un gran piacere, se lo merita davvero. E' ormai un interprete maturo, capace di destreggiarsi al meglio fra televisione e cinema e di fare praticamente qualsiasi cosa.

E per la terza volta, dopo “S.P.Q.R” e il recente “2061” in cui interpretava un Cecchi Gori fantascientifico, avete coinvolto Ceccherini…
Sì, ce l'abbiamo fatta, nonostante sia sempre ostaggio di Pieraccioni… A proposito, come insegnano i maestri della nostra classica commedia all'italiana, per un film ad episodi di questo tipo, è assolutamente necessario scegliere attrici molto belle. E questa volta, con una mossa alla Pieraccioni, abbiamo puntato sulla bellissima Marisa Jara, un?attrice spagnola qui al suo debutto sul grande schermo. Nel film la vedremo duettare con Ceccherini e Alessandro Paci. Voglio poi ricordare Nancy Brilli, Alena Seredova, Victoria Silvested e naturalmente Anna Falchi.

L'ultimo episodio del film, il settimo, è dominato da Proietti, mattatore assoluto, nonché voce fuori campo che attraversa tutto il film…
Sì, con Gigi stiamo vivendo un sodalizio che ci onora, una collaborazione partita con “La mandrakata” che ci dà grandi soddisfazioni.

Insomma, dal cine-panettone, al cine-cocomero
Due precisazioni. La prima è che non abbiamo nulla a che vedere con nessun cinepanettone. I nostri “Vacanze di Natale”, “Vacanze in America” e via dicendo, erano film attaccati alla realtà, radiografie precise della società italiana di quegli anni. Quando abbiamo deciso di dedicarci ad altro, quel tipo di cinema è cambiato, tagliando i ponti con la vita di tutti i giorni e aderendo in tutto e per tutto alla pochade. Ecco, il cinepanettone è quello.

E la seconda?
Mi piacerebbe che invece di cine-cocomero si parlasse di cine-ombrellone. E poi il cocomero lascia la bocca sporca e appiccicosa.

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