Il regista inglese David Slade ha debuttato come regista nel 2005 presentando al Sundance Film Festival un film di grandissimo successo, intitolato Hard Candy. Per il suo secondo film, 30 Days of Night, Slade ha deciso di esplorare un altro lato della paura e nel farlo ha rielaborato e reinventato l’immagine dei vampiri per un’intera generazione di spettatori.

Conosceva bene il fumetto dal quale è tratto il film?
Si; avevo comprato la prima edizione di “30 Days of Night” nel 2001 e anche all’epoca avevo pensato che fosse magnifica. Nel frattempo però, ho fatto altre cose, ho girato Hard Candy e ho messo da parte 30 Days of Night. Ma poco prima di finire Hard Candy, sono andato ad una riunione alla Sony e in quell’occasione qualcuno ha menzionato 30 Days of Night. A quel punto ho manifestato il mio interesse per il progetto e dopo il successo di Hard Candy ho ricevuto una telefonata da Sam Raimi ed è iniziata l’avventura.

E’ un appassionato di film dell’orrore?
Sono un appassionato di cinema più che di film dell’orrore. A mio avviso, tutti i film nascono inizialmente come storie drammatiche dopodiché vengono inseriti in diversi generi per aiutare gli studi a venderli e distribuirli. Qualche anno fa c’erano film considerati “horror” come Scream ma in realtà era solo una maniera per attirare i fans di quel genere. Ed io non volevo realizzare un film di quel tipo. Volevo invece fare qualcosa di “dark”, di viscerale. Per me un film dell’orrore è per esempio A Venezia… Un dicembre rosso shocking di Nicolas Roeg o anche Shining di Stanley Kubrick o La cosa di John Carpenter. Inoltre adoro l’horror giapponese.

Sembra che in questo film lei abbia scelto un tono più serio?
Ha ragione, perché volevamo affrontare il genere in maniera seria ed essere totalmente realistici. Volevamo trasmettere una sensazione di insicurezza per far sì che il pubblico si gettasse anima e corpo nell’orrore che vivono i personaggi del film. Seguendo ognuno di loro si finisce letteralmente all’inferno. Inoltre è stato interessante perché abbiamo girato in Nuova Zelanda e abbiamo avuto la fortuna di trovare delle location da far venire i brividi. Il fatto di girare di notte ha aggiunto un ulteriore strato di orrore al film. Volevo che il film fosse crudo e inquietante; un film nel quale ti senti stanco tanto quanto mi sono sentito io a girarlo.

Cosa sono i vampiri?
Diciamo che sono una creazione culturale. Ci sono persone totalmente pazze che credono che i vampiri siano potenti ma per me, invece, sono un grande simbolo rispetto alla natura stessa degli esseri umani. Per quanto riguarda la loro provenienza, diciamo che è opinione comune che siano in giro da tempo e che per questo abbiano assistito a tutte le orribili cose delle quali si sono macchiati gli uomini e che quindi alla fine provano un profondissimo senso di disgusto per il genere umano; di conseguenza non hanno alcun rimorso a dargli la caccia per cibarsi del loro sangue.

Mi descriva i vampiri di 30 Days of Night?
Conducono un’esistenza piuttosto semplice, dove tutto ruota intorno allo “sport” della caccia all’uomo. Sono giunti alla conclusione che la moralità sia sorpassata e inutile. Questi vampiri non sono fantasie e non sono affatto avvolti da un alone di romanticismo. Non fanno l’amore. Sono un branco di cacciatori e non c’è spazio per l’amore in questo film perché secondo me se i vampiri flirtano con gli uomini, allora il film non è più spaventoso. Il nostro film è e vuole essere terrore puro. I nostri vampiri sono intelligenti perché si nascondono dietro il mito e il folklore che circondano i vampiri e in questa maniera la gente non sospetta nulla e loro possono colpire ancora più forte ogni volta che decidono di farlo. E’ stato fantastico reinventare il loro aspetto e la maniera in cui si comportano perché ho avuto una grandissima libertà a giocare con il mio personale concetto di vampiri.

Quale è stata la difficoltà maggiore nell’adattare i fumetto al grande schermo?
Diciamo che sono stato molto fortunato per quanto riguarda gli attori e sono stato fortunato perché ho trovato persone che desideravano tanto quanto me realizzare il miglior film possibile. La sfida maggiore è stata quella di restare fedele ai fumetti e realizzare un film che somigliasse veramente ai libri. E’ stato piuttosto difficile ritrovare quello stile e quella fotografia. Inoltre, non avevamo un budget tipo quello di 300 e quindi abbiamo dovuto sfruttare al massimo tutta la nostra creatività. E’ stato difficile creare quei vampiri e dare l’idea che uscissero letteralmente dalle pagine dei fumetti, con gli occhi neri e i denti affilati. Ci è voluta tanta pratica per ottenere la cosa giusta.

Si è divertito a lavorare con Josh Hartnett?
E’ un attore fantastico, molto coscienzioso e instancabile. Nel corso degli anni, attraverso i vari ruoli che ha interpretato, ha mostrato tutta la sua versatilità. Inoltre, è stato interessante dargli un altro aspetto diverso così che la gente non lo riconosce. Credo che grazie a questa interpretazione verrà guardato in maniera diversa. E’ sempre interessante prendere un attore bello e trasformarlo nella creatura che vedrete alla fine. E’ stata una sfida ma anche un’esperienza molto divertente.

Che cosa spera che il pubblico porterà con se dopo aver visto il film?
Spero che il film li faccia pensare ma non sono certo io a dirgli a cosa devono pensare. Ognuno prenderà dal film qualcosa che ha a che fare con la sua visione personale e la sua comprensione del film. Per me, a livello personale, questo film è una maniera come un’altra per analizzare la condizione umana e i nostri comportamenti in quanto società. E’ un film sulla nostra paranoia, su come sopravvivere in un momento di crisi estrema e su come affrontare la morte. Sono argomenti che hanno sempre suscitato il mio interesse.

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In che maniera i suoi vampiri e quelli del film differiscono da quelli che il pubblico ha visto finora?
Il mio desiderio era quello di ridefinire l’idea stessa di vampiro e credo che questo sia dovuto al fatto che li abbiamo in un certo qual modo addomesticati troppo negli ultimi tempi. Oggi, nei programmi televisivi o nei film, i vampiri non fanno più tanta paura. Anzi addirittura appaiono come amici o come animaletti domestici. C’è addirittura un vampiro che fa il detective! E mi sono detto: “Ora basta” Non credo che i vampiri siano creature romantiche sebbene capisca da dove venga questa percezione, dalle zanne e dai denti. E allora sono risalito fino alle radici stesse della leggenda dei vampiri, all’epoca in cui erano considerati solo e semplicemente delle orribili creature dell’oscurità. I miei vampiri non amano gli esseri umani e si interessano a loro solo perché rappresentano una fonte di cibo. I vampiri ci guardano così come noi guardiamo una mucca: per loro siamo una bella bistecca. Credo che sia veramente terrificante vederli come predatori perché sono vicino a noi ma ci danno la caccia.

Si diverte a terrorizzare il pubblico?
Basta guardare un telegiornale per capire fino a che punto la società nella quale viviamo è basata sulla paura. Il male esiste e la paura si crea, soprattutto negli Stati Uniti dove è fortemente incoraggiata. Se guardate un telegiornale, è una sorta di promozione delle 10 storie più orribili della giornata e tutto questo solo per spaventarci, per tenerci sotto controllo. Nella nostra società si usa la paura per controllare le nostre menti. La paura che io amo invece è quella fantastica dalla quale ti puoi allontanare.

Quale è il messaggio del film?
Il messaggio è soprattutto divertirsi. Voglio che il pubblico si diverta così come noi ci divertivamo quando andavamo a vedere i classici film dell’orrore di un tempo. Voglio che il pubblico esca dalla sala con il cuore che gli batte e la paura negli occhi, ma non voglio sicuramente ispirare disgusto come capita con quei film infarciti di orribili scene di sevizie e torture. Odio i film cosiddetti “horror-porno-e-tortura”, a mio avviso non sono affatto film dell’orrore. Per me 30 Days of Night è esattamente il prototipo del perfetto film dell’orrore: divertente e comico.

Balzato all’attenzione del pubblico cinematografico nel 1998 con il film Halloween: 20 anni dopo, Josh Hartnett è diventato con gli anni uno dei giovani attori più richiesti e di maggior talento del settore. Da O, versione moderna di “Otello” di Shakespeare, a Pearl Harbor e da Black Hawk Down a Sin City, Hartnett ha lavorato con alcuni dei maggiori registi del settore e ha dimostrato di possedere una grande versatilità.

Che cosa rappresentano i vampiri per lei?
Sono creature interessanti e l'idea della loro immortalità è assolutamente intrigante per noi comuni mortali. Sono una sorta di specchio nel quale guardare noi stessi.

Le piacciono i film dell’orrore?
Tra i miei film preferiti ci sono titoli quali Lo squalo e Alien. Mi piace l’horror quando dietro c’è una bella storia, una buona recitazione e delle immagini interessanti. Inoltre adoro la suspense ma non mi piacciono molto le scene raccapriccianti e per questo non mi piacciono i film dell’orrore di oggi perché sono semplicemente un bagno di sangue e non raccontano nulla di interessante. Ma adoro 30 Days of Night in virtù del suo lirismo, del design e della sua intensità.

In che maniera 30 Days of Night è diverso dagli altri film con i vampiri?
E’ stato fantastico per me vedere la direzione presa da David Slade e scoprire che voleva creare dei vampiri veramente spaventosi e primitivi. Non voleva dei vampiri che recitassero versi di Baudelaire. Voleva che fossero spaventosi, pericolosi e terrorizzanti. Non voleva certo dei vampiri sexy come quelli di Intervista con il vampiro. La cosa che mi è piaciuta di più è stata la curiosità di questi vampiri e il fatto che guardino gli esseri umani solo come soggetti da osservare prima di uccidere. Gli esseri umani in questo film sono solo cibo e oggetto di studio per i vampiri. Di conseguenza, c’era spazio per creare immagini assolutamente inedite. Con questo film, il pubblico si sentirà trasportato in un mondo che non potrebbe visitare nella vita di tutti i giorni. E per me è stata l’occasione per fare qualcosa che non avevo ancora fatto e che forse non farò più.

E’ stato divertente girare questo film?
Direi di sì. Quando si gira un film così intenso bisogna essere dell’umore giusto. Interpretare questo personaggio è stato per me molto interessante perché Eben è totalmente diverso da tutto quello che ho fatto finora. Alcune scene naturalmente, come quella nella soffitta, hanno richiesto un atteggiamento più cupo e una maggiore energia. Ma in linea di massima, ci siamo divertiti molto.

Perché secondo lei il pubblico si diverte a farsi spaventare da un film?
Viviamo delle vite relativamente sicure rispetto a come siamo fatti e a quello che potremmo sopportare. Probabilmente saremmo in grado di reggere un po’ più di paura e di pericoli. La paura rende le persone più consapevoli di loro stesse. In un certo senso le sveglia e gli da la sensazione che ci sono molte più cose di quelle che riescono veramente a vedere. La paura agisce ad un livello molto basilare, quasi primitivo. E’ come quando guardi una commedia e senti il bisogno di ridere. Qui invece senti la necessità di aver paura, di affrontare la paura e la morte ma di sopravvivere. E’ importante tirare fuori le proprie emozioni. A volte sentiamo il bisogno di piangere e non sappiamo quale sia la vera ragione. L’orrore aiuta a allentare questa tensione interna.

Come descriverebbe 30 DAYS OF NIGHT?
Per me è un film drammatico in stile western; un thriller che parla di isolamento e paura. Parla della natura umana e di come la natura umana lotti per sopravvivere ad ogni costo. E’ interessante esplorare questa metafora ma al tempo stesso, va anche bene godersi il film semplicemente per l’azione e l’orrore.

Ha fatto qualche ricerca per prepararsi al ruolo di Eben Oleson?
Direi di no. Non abbiamo avuto molto tempo a disposizione per le prove o per parlare con il regista prima di iniziare a girare. Ma la sceneggiatura era talmente chiara e i fumetti così vividi che è stato facile capire che cosa avremmo dovuto fare.

Giunto in questa fase della sua carriera, cosa la spinge a recitare, cosa la inspira?
Innanzitutto non sono mai soddisfatto di quello che faccio e cerco sempre di migliorare la mia recitazione. Voglio continuare a crescere e a migliorare. Lavorare con dei grandi registi è la maniera migliore per crescere come attore. Per tanto tempo ero terrorizzato all’idea di apparire stupido sullo schermo ma adesso non ho più simili preoccupazioni. Oggi penso a ciò di cui ha bisogno il personaggio affinché il pubblico creda nella mia interpretazione. Direi che sono spinto dalla paura e presto molta più attenzione al regista con il quale devo lavorare mentre prima ero più interessato al ruolo e non consideravo gli altri elementi.

Come è stato lavorare con questo regista, David Slade?
Mi piace l’approccio di David. Era molto interessato a far si che i personaggi entrassero in contatto tra di loro e lavorassero insieme per creare le dinamiche giuste affinché il pubblico si sentisse coinvolto. Mi piace anche il suo approccio per quanto riguarda la musica e l’uso dei suoni. La colonna sonora è assolutamente fenomenale perché i picchi non corrispondono ai momenti di massima paura, come succede generalmente, ma arrivano un po’ dopo in maniera del tutto insolita e restano con te. E’ stato fantastico lavorare con un regista così creativo e instancabile.

Quale è stata la notte più memorabile della sua vita finora?
Probabilmente risale a quando ero bambino ed i miei genitori mi portavano in vacanza in uno chalet vicino al lago Minnesota. Trascorrevamo li le nostre estati, e ci restavamo per delle intere settimane. Lì potevamo correre per i boschi di notte e spaventarci a morte, tra cugini e amici. Adoravo l’idea di essere terrorizzato e di scappare per i boschi senza sapere quale direzione prendere. E’ un ricordo ancora molto vivido nella mia memoria. Era bellissimo e romantico perché il cielo era sempre pieno di stelle e la notte si riempiva di lucciole. Era quasi magico.

Melissa George ha debuttato in grande stile interpretando una famosa soap opera australiana, Home and Away. La serie televisiva si è rivela un’ottima palestra e le ha fatto toccare con mano il successo internazionale visto che è stata poi venduta in Inghilterra, Francia, Norvegia, Svezia, Israele e altri territori. Ormai semi-trapiantata ad Hollywood, si è fatta strada interpretando tra gli altri Derailed con Clive Owen, The Amityville Horror con Ryan Reynolds e il film di David Lynch Mulholland Drive. Inoltre ha avuto dei piccoli ruoli nelle serie televisive Alias e Friends. In 30 Days of Night continua la sua ascesa nei panni di una formidabile protagonista che combatte contro una banda di orrendi vampiri e che tenta di sopravvivere fino al ritorno della luce del sole.

Che cosa rappresentano i vampiri per lei?
In questo film vedrete un genere di vampiri totalmente diverso. Non ho mai visto vampiri così sul grande schermo prima d’ora. Uccidono senza alcun scrupolo morale. Uccidono per mangiare e questo è piuttosto insolito. Non vogliono riprodursi, anzi sono un gruppo piuttosto elitario. Inoltre sembrano quasi umani anche se non completamente e hanno dei denti molto affilati. Anche i loro occhi sono spaventosi e non possiedono un’anima. Siamo tutti affascinati dai vampiri e per me rappresentano la seduzione e l’istinto animalesco. Inoltre hanno a che fare con l’assenza di moralità e con l’idea di poter vivere più di 500 anni.

Come è andata sul set durante le riprese del film?
Non è successo nulla di veramente spaventoso durante le riprese e l’atmosfera è stata molto rilassante e divertente. Ma sono state giornate molto intense perché giravamo soprattutto di notte e faceva piuttosto freddo. Soprattutto alla fine, per la scena nella quale sono in un’automobile cappottata. E’ stato piuttosto stancante.

Come descriverebbe il suo personaggio nel film?
Direi che è una donna forte, non necessariamente una donna manesca o energica ma è una donna in grado di combattere per ciò in cui crede e che sa difendersi come un uomo. Il film parla anche del concetto di sacrificio. Eben (Josh Harnett) si sta scarificando per le persone che ama e questo è un qualcosa che purtroppo non accade nelle nostre società egoiste; la nozione di dare tutto a qualcun altro, di dare anche la propria vita per gli altri. E’ un potentissimo simbolo d’amore, una specie di Giulietta e Romeo …

Che cosa la spaventa di più nella vita reale?
Ho paura dei serpenti a sonagli, e di recente ne ho trovato uno nel mio giardino ed è stata un’esoperienza terrificante! Ma non ho paura dei vampiri. So che non verranno mai a bussare alla mia porta!

Crede negli eventi paranormali?
No, ho bisogno di vedere per credere. Sono molto pragmatica.

Perché secondo lei il pubblico ama i film dell’orrore?
I film dell’orrore sono un’ottima maniera per liberarci delle nostre angosce; è una specie di catarsi. Guardare un film dell’orrore ti fa sentire vivo perché devi guardare in faccia i tuoi demoni, e devi liberarti delle paure interiori. Questo film somiglia molto ai fumetti ai quali è ispirato, del tipo di 300 o Sin City. 30 Days of Night non è un tipico film dell’orrore.

Come è stato lavorare con Josh Hartnett?
Fenomenale. E’ un ragazzo fantastico e abbiamo passato quattro mesi a ridere come pazzi. Si è preso cura di me. E quando hai una sceneggiatura fantastica e un protagonista come lui, è tutto più facile. E poi girare in Nuova Zelanda è stato molto divertente. Adoro Auckland dove abbiamo girato gran parte del film. La gente è meravigliosa e gentile e il paese è fantastico. Ho amato molto anche le scene d’azione che ci sono nel film e non mi sono annoiata mai, neanche per un attimo.

Le piace viaggiare?
Sì, moltissimo. Vivo tra Buenos Aires in Argentina, e New York. Inoltre vado spesso a Los Angeles per incontri di lavoro e ogni tanto faccio visita alla mia famiglia in Australia. Come la mia amica Naomi Watts, trascorrerò parecchio tempo a New York in questi giorni.

E’ un’appassionata del genere horror?
Mi è piaciuto Nosferatu naturalmente, ma mi piacciono soprattutto i film di Kar Wai Wong o di Pedro Almodovar. In ogni caso, sono una fan sfegatata di questo film, di 30 Days of Night, perché è originale e interessante.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Ho avuto un anno piuttosto pieno e nei prossimi mesi mi vedrete ovunque. Sarò in Music Within con Ron Livingston per la regia di Steven Sawalich. E poi in Waz con Selma Blair e Stellan Skarsgard. Girerò anche un film d’azione a Berlino con John Cusack per la regia di Jan De Bont intitolato Stopping Power. Sono stata piuttosto fortunata ad avere tanto lavoro perché mi piace lavorare. Adoro perdermi totalmente nel lavoro.

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