C’è
una frase nel suo film che dice: “Anche noi siamo responsabili
delle morti causate di AL Qaeda.” Vuole spiegarci meglio
questo concetto? Ed ancora, a che punto è il suo prossimo
progetto di film su Marco da Avano?
Per
capire il presente è necessario conoscere il passato.
Il rapporto tra Occidente ed Islam ha seguito e segue tutt’ora
una curva sinusoidale. Per capire la situazione attuale bisogna
partire da un altro 11 settembre, l’11 settembre del
1863. Quell’anno partì da Istanbul la grande
offensiva dell’Impero Ottomano al cuore dell’Europa.
Obiettivo, conquistare Vienna per poi scendere verso Roma
e trasformare San Pietro in una grande Moschea. Un esercito
di 300.000 ottomani mise d’assedio Vienna che resistette
eroicamente. Ed all’alba dell’11 settembre un
esercito di 80.000 cristiani capeggiato da Marco da Aviano
riuscì a sconfiggere l’esercito ottomano. Bene
quella sconfitta non è stata ancora dimenticata dal
mondo islamico. Questo per dire che l’Occidente ha le
sue responsabilità ma non gli si può attribuire
il primigenio del conflitto con parte del mondo islamico.
Mondo islamico che è molto più sfaccettato e
meno omogeneo di quanto la stragrande maggioranza degli occidentali
può pensare e Bin Laden rappresentare. Ma una soluzione
a questo conflitto esiste e si trova nell’enciclica
di Papa Benedetto XVI. Dio è Amore. Se l’Europa
non sbandiera con forza questo messaggio di Amore, non difende
con forza i valori cristiani delle sue radici come la difesa
imprescindibile della vita, dimostrerà tutta la sua
debolezza come accadde nel 1683, ed alla fine la storia presenterà
il suo conto. Riguardo al progetto su Marco da Aviano, la
sceneggiatura è pronta, siamo alla fase di ricerca
dei finanziamenti.
Lei a
qui detto che il mondo islamico è molto sfaccettato
e che non tutti gli islamici sono terroristi. Nel film però
l’immagine che viene rappresentata dell’Islam
è abbastanza univoca.
La
sceneggiatura è stata sottoposta all’attenzione
di due consulenti mussulmani che ne hanno verificato ed approvato
ogni parola. Bisogna distinguere islamisti e mondo mussulmano
ed è una differenza che a mio parere emerge nel film.
Il mondo mussulmano è variegato: sciiti, sanniti, salatiti,
wahabiti. Sfido molti di voi a saper cogliere le differenze
tra questi gruppi. In realtà il terrorismo islamico
è riconducibile principalmente ai wahabiti, movimento
fondato nel XVIII secolo da Mohammad ibn Abd al-Wahab, a cui
appartiene la Famiglia Regnante Saudita e lo stesso Bin Laden.
Il mio sforzo era di cercare di capire le radici di questo
odio verso l’Occidente.
Una domanda
ad Harvey Keitel. Chi è Ludovico Vicedomini, e per
lei americano, ha avuto problemi nell’affrontare questo
ruolo?
Voglio fare una premessa. E’ stato per me un onore
aver fatto parte di questo film, che ha cercato con coraggio
di affrontare il conflitto tra Jihad e Occidente. Ludovico
Vicedomini, il personaggio che interpreto, è tutti
quanti noi. Tutti noi possiamo diventare come lui. E’
quella parte di noi stessi che diventa dura, intollerante
contro gli altri. Ma la soluzione esiste. E’ necessario
mantenere un continuo dialogo tra le persone, discutere in
maniera umile.
Martinelli,
nel film si parla di arabi in preda a deliri di onnipotenza
e di mussulmani prime vittime dell’Islam. Al contrario
di quanto emerge oggi qui in conferenza stampa, il film sembra
trattare con una certa superficialità l’argomento.
Io attribuisco al mio cinema un valore maieutico. Amo
fare e vedere un cinema che faccia pensare, che stimoli il
dialogo, che apra sentieri di discussione. Non posso andare
troppo in profondità perché il film segue regole
drammaturgiche e narrative precise. Altrimenti avrei fatto
un documentario alla Michael Moore, che va bene ma è
un’altra cosa. Se anche un solo spettatore alla fine
del film sente l’esigenza di andare a prendere un libro
per documentarsi su queste vicende, per me il risultato sarebbe
stato raggiunto. Io faccio il film-maker, pongo quesiti non
do risposte che spettano al mondo politico.
Il suo
è un cinema che può piacere o meno, ma le va
riconosciuto il coraggio di trattare temi sempre molto caldi,
mettere le mani in ferite ancora aperte. Non teme reazioni,
anche violente, a causa di questo film?
Ricevo minacce dai tempi di Porzus che sono continuate
dopo Piazza delle cinque lune in cui ho dimostrato dati alla
mano, come la ricostruzione fatta del rapimento Moro sia piena
di buchi ed incongruenze. Per questo sono finito nel mirino
delle Brigate Rosse. Il mio ufficio è stato misteriosamente
messo a soqquadro da atti vandalici. Da parte di chi? Mistero…
Io sono abbastanza fatalista. Se un fanatico islamico decide
di entrare nella mia vita, io non posso farci nulla. Di certo,
io giro armato…
Signor
Keitel, lei americano e di New York. Cosa la spinta ad accettare
questo ruolo, il personaggio o qualcosa d’altro?
Ritengo questo film un punto di partenza per la discussione
su queste tematiche. E’ l’inizio di un percorso
in cui tutti noi siamo coinvolti. Giornalisti, romanzieri,
registi, attori siamo tutti cittadini del mondo, un mondo
che richiede la nostra partecipazione. Ma bisogna essere capaci
di ascoltare quello che ci viene detto. Io ammiro molto Martinelli
per come lotta per far sentire la sua voce anche se poi posso
non essere completamente d’accordo su tutto quanto afferma.
Vi racconto solo un episodio. Quando ero ragazzo ho servito
il mio paese nei Marines. Dopo sono andato a Manhattan ed
ho iniziato a frequentare il teatro e gente dell’ambiente.
Erano gli anni della contestazione alla guerra in Vietnam.
Io da ex-marine ero convinto che bastasse mandare l’esercito
per risolvere il problema, ma i miei compagni e la mia stessa
ragazza dell’epoca non capivano la mia posizione; ed
io non capivo la loro. Poi mi hanno fatto leggere un libro
‘L’arroganza del potere’ e le cose sono
cambiate, iniziando a sfilare anche io contro la guerra.
Signor
Martinelli, ci può spiegare a livello di sceneggiatura
la presenza contemporanea sul traghetto del kamikazen suicida
e della colomba? La logica direbbe o l’una o l’altro.
La scena dell’attentato al porto di Dover con una
così detta “bomba sporca” è entrata
alla sesta ed ultima stesura della sceneggiatura. Mi sembrava
eccessivo, ma poi ho letto un trafiletto su un giornale su
un traffico di uranio per tale scopo. La presenza di entrambi
è duplice. La colomba aveva il compito di portare la
bomba sul traghetto. La presenza del kamikazen è dovuto
al fatto che non era possibile attivare il congegno esplosivo
telecomandandolo da Calais, troppo lontano. Inoltre la presenza
dell’attentatore doveva dare il segno dell’ineluttabilità
delle cose ed inoltre avendo fabbricato lui stesso l’ordigno
ed essendo venuto a contatto con le radiazioni, era un uomo
già condannato.