Con gli occhi ancora lucidi per l'emozione che ha accompagnato
la proiezione stampa di Across the Universe, il musicla
sulle canzoni dei Beatles che ha illuminato al seconda
edizione di CINEMA, Festa Internazionale di Roma, abbiamo
incontrato Julie Taymor, la visionaria regista di Frida
e Titus nonchè abituale frequentatrice dei palcoscenici
britannici ed americani (sua la regia del musical Il
re Leone a Broadway) accompagnata dal responsabile delle
musiche e suo compagno nella vita il premio Oscar per
Frida Elliot Goldenthal.
Miss Taylor, cosa del suo lavoro
teatrale è presente nel film?
La mia esperienza nei musical teatrali è stato
molto utile per questo film. Quando alvori a teatro
sai valutare la forza di un testo scritto e questo mi
ha permesso di trovare il giusto equilibrio tra il messaggio
dei testi e la potenza delle immagini.
Come
è stato costruito il film? Da dove siete partiti?
Mi è stato proposto questo progetto che parlava
di una storia d'amore tormentata. Mi piaceva l'idea
di immergerla in un contesto tumultuoso fatto di scontri
razziali, Vietnam e via discorrendo. Abbiamo ascoltato
le oltre 200 canzoni dei Beatles per costruirci sopra
la storia. Solo 30 minuti di film sono di dialoghi,
ma la profondità della storia risiede nei testi.
Poi abbiamo avuto un grande cast a disposizione. L'80%
del cantato è stato registrato direttamente sul
set, perchè avevamo voglia di cogliere la ricchezza
del suono dal vivo. Poche correzioni abbiamo fatto in
fase di post-produzione.
Come è stato accolto il film dagli ex-Beatles?
Ringo è stato il primo a vederlo. Gli è
piaciuto molto il personaggio di Mr Kite. In seguito
è stato visto da Yoko Ono e dalla vedova di Harrison.
Infine è toccato a Paul. Ero molto preoccupata
dalla sua reazione ma quando nel bel mezzo di All My
Lovin si è messo a canticchiare mi sono molto
rasserenata.
Ci può dire qualcosa delle maschere
usate nel film?
Sono ricreazioni delle marionette di Peter Schumann,
un artista che ha portato la protesta nell'arte. Le
marce contro la guerra erano una sorta di agit-prop
e il collegamento mi è venuto spontaneo.
Cosa ci può dire dei camei di Cocker
e Salma Hayek?
Salma me lo ha chiesto lei espressamente di fare un
aprte nel film. Quando le ho proposto il ruolo dell'infermiera
lei mi ha guardato strano. L'infermiera? In caso le
infermiere... Così l'ho dovuta moltiplicare al
computer. Joe lo abbiamo trascinato noi, ed è
stata una grande emozione. Lui fu il primo ad inaugurare
la tradizione delle cover a Woodstock, ed io c'ero.
Averlo sul set è stato splendido.
E di Bono?
Elliot (Goldenthal, ndr) aveva lavorato con Bono per
un film di Neil Jordan. E' un uomo di grande carisma
attoriale quando non è impegnato a salvare il
mondo...
Come ha lavorato nella confezione visiva del
film?
Ho avuto al mio fianco grandi professionisti alla fotografia,
costumi, scenografie. Liverpool con i suoi grigi e le
linee verticali che si contrapponevano ai colori sgargianti
dell'America. Poi New York con i colori surreali, incredibili
che caratterizzano la parte psichedelica del film che
ritornano nella scena del bus. Con il Vietnam abbiamo
desautorato i colori per rappresentare l'inverno della
delusione.
Mr
Goldenthal,
come ha lavorato sugli arrangiamenti del film?
Mi sono avvicinato al lavoro dei Beatles pensandoli
(John, Paul e George) semplicemente come compositori,
evidenziando la luce emanata dai testi di questi poeti.
Se avessi provato a rirpendere la musica dei Beatles,
sarei stato conannato a morte. Era impensabile. Abbiamo
cercato di decostruire, scomporre gli arrangiamenti
originali per arrivare all'essenziale di quello che
questi poeti volevano esprimere. Ogni brano è
stata un sfida per riuscire a trovare le giuste sonorità
che ben si accompganassero alle immagini che Julie andava
componendo. Un'impresa che riteniamo riuscita.