Bruce Willis
[dichiarazioni raccolte da matteo cafiero]

Bruce Willis è il re di Hollywood, ha superato i cinquant'anni, metà dei quali passati a interpretare per il grande schermo personaggi eccessivi e più grandi della vita. Ha fatto dell'uomo medio un uomo in grado di affrontare ogni situazione, dal terrorismo globale alle visioni dei fantasmi alle problematiche familiari. Erede delle star del cinema d'azione come Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger, stempera l'uso della forza con dosi massicce di ironia e autoironia. Sex Symbol controvoglia, Bruce Willis spande carisma intorno a sé ed elettrizza chi lo circonda. Bruce Willis è di tappa a Roma per presentare la sua ultima fatica, il quarto capitolo della saga macina dollari "Die Hard". Lo fa per i soldi, ma almeno lo fa bene. Ci si impegna, zompa e salta come un ragazzino. Siamo alla trasformazione definitiva del corpo in cartone animato. E a giudicare dal fisico, pare che faccia bene.
Bruce Willis è un divo e giustamente si fa attendere oltre un'ora da giornalisti stanchi e annoiati, che cercano di coinvolgerlo in tutti i modi in dichiarazioni a effetto sulla guerra in Irak. Tra applausi e flash di fotografi, la faccia è stanca, i muscoli tirati e lo sguardo è appannato dal volo transatlantico e dal fuso orario.

"Detesto far aspettare la gente, ma mi mancava un capo d'abbigliamento fondamentale, il berretto bianco". Bruce Willis si mette sulla difensiva, come a un incontro di pugilato, gioca di rimessa e teme più di tutto l'invasione della privacy e le provocazioni europee sul modo di vita americano.
McLane, il poliziotto di Die Hard è un personaggio che porta avanti da oltre vent'anni, cosa la lega ancora a lui? Non c'è più McTiernan alla regia, è cambiato qualcosa?
L'elemento di continuità sono io, all'epoca del primo episodio avevo circa trent'anni, avevo fatto solo televisione, in questo personaggio c'è tutto me stesso quando cominciai. C'è il New Jersey, anche se sono nato in Germania, ho vissuto gran parte della mia vita nel New Jersey e il luogo dove vivi fa di te la persona che sei. Nel New Jersey le persone sono come me, la battuta pronta, l'ironia, la sincerità, la lealtà, tutto questo modo di essere che io ho portato a Hollywood viene da quei posti, da quella gente. A proposito di McTiernan non so perché John non è stato coinvolto nel progetto. Hanno deciso tutto gli studios. Il primo e il terzo Die Hard sono stati un ottimo prodotto. Anche col nuovo regista mi sono trovato bene, Wiseman è un ottimo narratore. Il personaggio è invecchiato, è più lento nei riflessi e nei movimenti e questa è la cosa su cui il pubblico si identifica più facilmente.

Si è spaventato a indossare di nuovo la canottiera di McLane? Cosa è stato difficile per rendere credibile ancora questo poliziotto?
Sono un uomo che ha cinquantadue anni, il personaggio ovviamente è cambiato con me, perché anche io sono invecchiato. La preparazione è stata fatta per reggere le scene d'azione. Non salto più, non rimbalzo più, sono più lento a buttarmi da una macchina in corsa. La concorrenza a Hollywood è molto agguerrita, adesso quasi tutti gli attori giovani corrono e saltano e che non erano nemmeno nati quando feci il primo film.

Nel film un motivo di contrasto tra lei e Farrell riguarda la musica, le sue preferenze vanno ai Creedence Clearwater e ai Cure. E a proposito come vanno le cose con la sua band?.
Per quello che mi riguarda la musica aiuta a spiegare il conflitto generazionale tra i personaggi. Questo esisteva già nella storyline del terzo episodio. Non sapevamo se mai ce ne sarebbe stato un quarto. La band va benissimo. Quando abbiamo tenuto i concerti ero stanco dopo le riprese, ma per fortuna suonare è un hobby, non mi ci devo guadagnare da vivere. Anche se non do il massimo, ci divertiamo, siamo un gruppo affiatato.

Lei rende con l'ironia personaggi altrimenti inverosimili, quanto c'è di lei e quanto della sceneggiatura.
Il lato comico del personaggio è frutto del mio lavoro, anche perché lo sento come un dovere, io sono l'unico elemento di continuità fin dal primo film, a parte un paio di persone della troupe. Questo genere di film è come un giro sulle montagne russe. Non è un documentario, è intrattenimento. La gente non si aspetta realismo, ma esplosioni e sparatorie e cerchiamo di giocare con queste aspettative.

Cosa ha pensato Stallone dopo averla vista nei panni di McLane e dopo averle proposto di partecipare al film di Rambo?
In realtà per me è stato un grosso rischio, è stata una chance che mi ha cambiato la vita. Molta gente voleva rivedere questo gente e se sbagliavo sarei tornato a fare qualche programmino in televisione. C'è molta pressione su questo genere di cinema perché il pubblico vuole uno standard sempre più elevato. Abbiamo lavorato parecchio, creando sequenze sempre più estreme. Siamo stati fortunati ad avere successo. Ogni week end escono parecchi film e io mi domando dove sarei oggi invece che qui a Roma, in una città bellissima con un sole stupendo a baciare qualche bellissima ragazza italiana, se non avessi accettato vent'anni fa questa parte.

Definirebbe il suo un eroe masochista, che quasi non si interessa a risolvere un crimine, ma che si mette in azione ogni volta che c'è del sangue, ogni volta che c'è da rischiare la vita? Si potrebbe dire che l'elemento di continuità è il suo rapporto col dolore?
Nel 1987 Die Hard era il primo film che ti faceva vedere cosa succede se sfondi una vetrata. McLane riesce a sopravvivere nonostante tutto quello che gli succede. Ha il senso dell'umorismo, difende i più deboli e ha una sana mancanza di rispetto per le autorità. Non ti molla finché non ti prende, ti insegue per tutto il mondo. Questi sono gli elementi di continuità che fanno parte della mitologia della saga. Quello che facciamo con questi film è istruire un giovane McLane che prenderà ipoteticamente il mio posto per i prossimi episodi della saga.

Quali sono i personaggi che preferisce interpretare oltre alla saga di Die Hard?
Sapevo che con l'età non mi avrebbero offerto più i ruoli d'azione ed è per questo che fin da subito ho alternato questo con altri film dove mi si richiedeva maggiore spessore e dove non dovevo saltare e rischiare di morire ogni due scene, anche se a me a cinquant'anni mi piace continuare a cazzeggiare. Comunque il mio prossimo film sarà con Oliver Stone sul massacro di Mai Lai in Vietnam avvenuto nel '68 e un altro con Robert Redford tratto da un romanzo di Richard Clarck su cosa è successo alla Casa Bianca dopo l'undici settembre. La Casa Bianca ha provato a contrastare il film di Stone, a impedire che uscisse perché stavolta il regista non si basa su delle ipotesi, ma si è documentato parecchio. Molti giovani che non erano nati all'epoca, non sanno cosa sia successo. Credo di aver raggiunto una bella tranquillità economica grazie ai film che ho fatto. Non vivo più con la paura che non mi offrano bei ruoli. Posso accettare delle parti che magari a trenta o a quarant'anni avrei rifiutato perché mi avrebbero rovinato la carriera. Posso continuare a fare quello che mi piace.

Un altro tema affrontato dal film è l'uso delle tecnologie. Come è il suo rapporto con il digitale e con l'informatica?
Il nostro tempo è compresso, visto il livello di tecnologia a cui siamo arrivati diamo per scontate cose che vent'anni fa nemmeno ipotizzavamo. Anch'io mi porto dietro il mio computer in giro per il mondo. Non possiamo più vivere senza la connessione alla rete. E l'uso delle reti è un pericolo per la democrazia, è un tema di attualità ma non avevamo pretese realistiche. Come io sopravvivo agli incidenti più pericolosi, così è irrealistica la rappresentazione che se ne fa della tecnologia e degli hacker. Tutto è finto, come un cartone animato, oggi come oggi la concorrenza a Hollywood è diventata esasperante. Bisogna rendere un film interessante, collegato in qualche modo all'attualità. Per essere onesti, nei nostri film ci sono lacune, invenzioni, come quando io mi butto da una macchina in corsa. E' un'esagerazione della realtà. Mi piacerebbe parlare della pericolosità degli hacker, ma non con questo tipo di film.

Per le prossime elezioni cosa si aspetta per la Casa Bianca?
Viviamo in un'epoca molto interessante. Quando ero piccolo, nessuno immaginava un giorno che il presidente potesse essere una persona di colore né tantomeno una donna. Non mi interesso di politica, in America è diventato uno spettacolo televisivo come un altro. Mi interessa solo che il terrorismo venga eliminato dalla terra. Non mi interessa chi diventerà il prossimo presidente degli Stati Uniti, mi interessa solo che questo problema venga risolto. Mi interessa che si ponga fine al terrorismo. Intendiamoci non parlo a nome del governo, ma so che per gli americani è così. Questo è quello che pensa la gente. Gli scrittori, gli attori, i registi sono contenti di vivere in un paese che permettere loro di esprimere la propria opinione contro tutto ciò che non ritengono giusto.

Cosa pensa della minaccia all'invulnerabilità degli Stati Uniti?
Nel film la Casa Bianca è avvertita ma non fa niente per impedire l'attacco. Abbiamo fatto riferimento a quello che è successo nel 2001.

In tema di eroismo, secondo lei chi sono più eroici? I pompieri dell'undici settembre o i soldati in guerra in Irak?
Gran bella domanda. Io non mi considero un eroe, semplicemente io interpreto un ruolo, quello dell'eroe. Quello che io faccio qui può sembrare eroico, ma io faccio esclusivamente intrattenimento, io gioco a fare l'eroe. Non so come è qui in Italia, ma la stampa in America non racconta più quello che succede, ma inventa e fa spettacolo. Tutti questi soldati che vanno nel mondo a difendere l'America rischiando la propria vita a diciannove anni, questi per me sono degli eroi. La tv deve spaventare e terrorizzare il pubblico per vendere il biglietto, per fare più soldi. Io non credo che all'America importi cosa pensi il mondo di quello che fa. Non è facile fare il poliziotto del mondo. Se qualcuno si offrisse al posto suo, l'America glielo farebbe fare volentieri. Accade la stessa cosa che accade con i poliziotti. Tutti ne parlano male, ma qualcuno deve pur farlo.

Le capita di usare l'autoironia dei suoi personaggi nella vita di tutti i giorni?
Secondo me l'autoironia dei miei personaggi è usata per altri scopi. E' il cinismo di chi combatte la criminalità e la violenza che aiuta la persone a non impazzire. Quando vedi duecento morti devi reagire con l'autoironia. E' tipico del sud del Jersey, è gente che non accetta le stronzate, è solo un tipo di mentalità.

Cosa le piace di Roma?
Qualche anno fa ho girato un film qui a Roma e ho degli ottimi ricordi. Roma è un posto dove vorrei vivere, non è come Los Angeles o Londra, dove ho delle grosse difficoltà a vivere.

 
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