Bruce
Willis è il re di Hollywood, ha superato i cinquant'anni,
metà dei quali passati a interpretare per il
grande schermo personaggi eccessivi e più grandi
della vita. Ha fatto dell'uomo medio un uomo in grado
di affrontare ogni situazione, dal terrorismo globale
alle visioni dei fantasmi alle problematiche familiari.
Erede delle star del cinema d'azione come Sylvester
Stallone e Arnold Schwarzenegger, stempera l'uso della
forza con dosi massicce di ironia e autoironia. Sex
Symbol controvoglia, Bruce Willis spande carisma intorno
a sé ed elettrizza chi lo circonda. Bruce Willis
è di tappa a Roma per presentare la sua ultima
fatica, il quarto capitolo della saga macina dollari
"Die Hard". Lo fa per i soldi, ma almeno lo
fa bene. Ci si impegna, zompa e salta come un ragazzino.
Siamo alla trasformazione definitiva del corpo in cartone
animato. E a giudicare dal fisico, pare che faccia bene.
Bruce Willis è un divo e giustamente si fa attendere
oltre un'ora da giornalisti stanchi e annoiati, che
cercano di coinvolgerlo in tutti i modi in dichiarazioni
a effetto sulla guerra in Irak. Tra applausi e flash
di fotografi, la faccia è stanca, i muscoli tirati
e lo sguardo è appannato dal volo transatlantico
e dal fuso orario.
"Detesto far aspettare la gente, ma mi mancava
un capo d'abbigliamento fondamentale, il berretto bianco".
Bruce Willis si mette sulla difensiva, come a un incontro
di pugilato, gioca di rimessa e teme più di tutto
l'invasione della privacy e le provocazioni europee
sul modo di vita americano.
McLane, il poliziotto di Die Hard è un
personaggio che porta avanti da oltre vent'anni, cosa
la lega ancora a lui? Non c'è più McTiernan
alla regia, è cambiato qualcosa?
L'elemento di continuità sono io, all'epoca del
primo episodio avevo circa trent'anni, avevo fatto solo
televisione, in questo personaggio c'è tutto
me stesso quando cominciai. C'è il New Jersey,
anche se sono nato in Germania, ho vissuto gran parte
della mia vita nel New Jersey e il luogo dove vivi fa
di te la persona che sei. Nel New Jersey le persone
sono come me, la battuta pronta, l'ironia, la sincerità,
la lealtà, tutto questo modo di essere che io
ho portato a Hollywood viene da quei posti, da quella
gente. A proposito di McTiernan non so perché
John non è stato coinvolto nel progetto. Hanno
deciso tutto gli studios. Il primo e il terzo Die Hard
sono stati un ottimo prodotto. Anche col nuovo regista
mi sono trovato bene, Wiseman è un ottimo narratore.
Il personaggio è invecchiato, è più
lento nei riflessi e nei movimenti e questa è
la cosa su cui il pubblico si identifica più
facilmente.
Si è spaventato a indossare di nuovo
la canottiera di McLane? Cosa è stato difficile
per rendere credibile ancora questo poliziotto?
Sono un uomo che ha cinquantadue anni, il personaggio
ovviamente è cambiato con me, perché anche
io sono invecchiato. La preparazione è stata
fatta per reggere le scene d'azione. Non salto più,
non rimbalzo più, sono più lento a buttarmi
da una macchina in corsa. La concorrenza a Hollywood
è molto agguerrita, adesso quasi tutti gli attori
giovani corrono e saltano e che non erano nemmeno nati
quando feci il primo film.
Nel film un motivo di contrasto tra lei e Farrell
riguarda la musica, le sue preferenze vanno ai Creedence
Clearwater e ai Cure. E a proposito come vanno le cose
con la sua band?.
Per quello che mi riguarda la musica aiuta a spiegare
il conflitto generazionale tra i personaggi. Questo
esisteva già nella storyline del terzo episodio.
Non sapevamo se mai ce ne sarebbe stato un quarto. La
band va benissimo. Quando abbiamo tenuto i concerti
ero stanco dopo le riprese, ma per fortuna suonare è
un hobby, non mi ci devo guadagnare da vivere. Anche
se non do il massimo, ci divertiamo, siamo un gruppo
affiatato.
Lei rende con l'ironia personaggi altrimenti
inverosimili, quanto c'è di lei e quanto della
sceneggiatura.
Il lato comico del personaggio è frutto del mio
lavoro, anche perché lo sento come un dovere,
io sono l'unico elemento di continuità fin dal
primo film, a parte un paio di persone della troupe.
Questo genere di film è come un giro sulle montagne
russe. Non è un documentario, è intrattenimento.
La gente non si aspetta realismo, ma esplosioni e sparatorie
e cerchiamo di giocare con queste aspettative.
Cosa ha pensato Stallone dopo averla vista
nei panni di McLane e dopo averle proposto di partecipare
al film di Rambo?
In realtà per me è stato un grosso rischio,
è stata una chance che mi ha cambiato la vita.
Molta gente voleva rivedere questo gente e se sbagliavo
sarei tornato a fare qualche programmino in televisione.
C'è molta pressione su questo genere di cinema
perché il pubblico vuole uno standard sempre
più elevato. Abbiamo lavorato parecchio, creando
sequenze sempre più estreme. Siamo stati fortunati
ad avere successo. Ogni week end escono parecchi film
e io mi domando dove sarei oggi invece che qui a Roma,
in una città bellissima con un sole stupendo
a baciare qualche bellissima ragazza italiana, se non
avessi accettato vent'anni fa questa parte.
Definirebbe il suo un eroe masochista, che
quasi non si interessa a risolvere un crimine, ma che
si mette in azione ogni volta che c'è del sangue,
ogni volta che c'è da rischiare la vita? Si potrebbe
dire che l'elemento di continuità è il
suo rapporto col dolore?
Nel 1987 Die Hard era il
primo film che ti faceva vedere cosa succede se sfondi
una vetrata. McLane riesce a sopravvivere nonostante
tutto quello che gli succede. Ha il senso dell'umorismo,
difende i più deboli e ha una sana mancanza di
rispetto per le autorità. Non ti molla finché
non ti prende, ti insegue per tutto il mondo. Questi
sono gli elementi di continuità che fanno parte
della mitologia della saga. Quello che facciamo con
questi film è istruire un giovane McLane che
prenderà ipoteticamente il mio posto per i prossimi
episodi della saga.
Quali sono i personaggi che preferisce interpretare
oltre alla saga di Die Hard?
Sapevo che con l'età non mi avrebbero offerto
più i ruoli d'azione ed è per questo che
fin da subito ho alternato questo con altri film dove
mi si richiedeva maggiore spessore e dove non dovevo
saltare e rischiare di morire ogni due scene, anche
se a me a cinquant'anni mi piace continuare a cazzeggiare.
Comunque il mio prossimo film sarà con Oliver
Stone sul massacro di Mai Lai in Vietnam avvenuto nel
'68 e un altro con Robert Redford tratto da un romanzo
di Richard Clarck su cosa è successo alla Casa
Bianca dopo l'undici settembre. La Casa Bianca ha provato
a contrastare il film di Stone, a impedire che uscisse
perché stavolta il regista non si basa su delle
ipotesi, ma si è documentato parecchio. Molti
giovani che non erano nati all'epoca, non sanno cosa
sia successo. Credo di aver raggiunto una bella tranquillità
economica grazie ai film che ho fatto. Non vivo più
con la paura che non mi offrano bei ruoli. Posso accettare
delle parti che magari a trenta o a quarant'anni avrei
rifiutato perché mi avrebbero rovinato la carriera.
Posso continuare a fare quello che mi piace.
Un altro tema affrontato dal film è
l'uso delle tecnologie. Come è il suo rapporto
con il digitale e con l'informatica?
Il nostro tempo è compresso, visto il livello
di tecnologia a cui siamo arrivati diamo per scontate
cose che vent'anni fa nemmeno ipotizzavamo. Anch'io
mi porto dietro il mio computer in giro per il mondo.
Non possiamo più vivere senza la connessione
alla rete. E l'uso delle reti è un pericolo per
la democrazia, è un tema di attualità
ma non avevamo pretese realistiche. Come io sopravvivo
agli incidenti più pericolosi, così è
irrealistica la rappresentazione che se ne fa della
tecnologia e degli hacker. Tutto è finto, come
un cartone animato, oggi come oggi la concorrenza a
Hollywood è diventata esasperante. Bisogna rendere
un film interessante, collegato in qualche modo all'attualità.
Per essere onesti, nei nostri film ci sono lacune, invenzioni,
come quando io mi butto da una macchina in corsa. E'
un'esagerazione della realtà. Mi piacerebbe parlare
della pericolosità degli hacker, ma non con questo
tipo di film.
Per le prossime elezioni cosa si aspetta per
la Casa Bianca?
Viviamo in un'epoca molto interessante. Quando ero piccolo,
nessuno immaginava un giorno che il presidente potesse
essere una persona di colore né tantomeno una
donna. Non mi interesso di politica, in America è
diventato uno spettacolo televisivo come un altro. Mi
interessa solo che il terrorismo venga eliminato dalla
terra. Non mi interessa chi diventerà il prossimo
presidente degli Stati Uniti, mi interessa solo che
questo problema venga risolto. Mi interessa che si ponga
fine al terrorismo. Intendiamoci non parlo a nome del
governo, ma so che per gli americani è così.
Questo è quello che pensa la gente. Gli scrittori,
gli attori, i registi sono contenti di vivere in un
paese che permettere loro di esprimere la propria opinione
contro tutto ciò che non ritengono giusto.
Cosa pensa della minaccia all'invulnerabilità
degli Stati Uniti?
Nel film la Casa Bianca è avvertita ma non fa
niente per impedire l'attacco. Abbiamo fatto riferimento
a quello che è successo nel 2001.
In tema di eroismo, secondo lei chi sono più
eroici? I pompieri dell'undici settembre o i soldati
in guerra in Irak?
Gran bella domanda. Io non mi considero un eroe, semplicemente
io interpreto un ruolo, quello dell'eroe. Quello che
io faccio qui può sembrare eroico, ma io faccio
esclusivamente intrattenimento, io gioco a fare l'eroe.
Non so come è qui in Italia, ma la stampa in
America non racconta più quello che succede,
ma inventa e fa spettacolo. Tutti questi soldati che
vanno nel mondo a difendere l'America rischiando la
propria vita a diciannove anni, questi per me sono degli
eroi. La tv deve spaventare e terrorizzare il pubblico
per vendere il biglietto, per fare più soldi.
Io non credo che all'America importi cosa pensi il mondo
di quello che fa. Non è facile fare il poliziotto
del mondo. Se qualcuno si offrisse al posto suo, l'America
glielo farebbe fare volentieri. Accade la stessa cosa
che accade con i poliziotti. Tutti ne parlano male,
ma qualcuno deve pur farlo.
Le capita di usare l'autoironia dei suoi personaggi
nella vita di tutti i giorni?
Secondo me l'autoironia dei miei personaggi è
usata per altri scopi. E' il cinismo di chi combatte
la criminalità e la violenza che aiuta la persone
a non impazzire. Quando vedi duecento morti devi reagire
con l'autoironia. E' tipico del sud del Jersey, è
gente che non accetta le stronzate, è solo un
tipo di mentalità.
Cosa le piace di Roma?
Qualche anno fa ho girato un film qui a Roma e ho degli
ottimi ricordi. Roma è un posto dove vorrei vivere,
non è come Los Angeles o Londra, dove ho delle
grosse difficoltà a vivere.