Mr Eckhart
una domanda è d’obbligo, lei fuma?
No, ho smesso quattro anni fa. Tengo a precisare che questo
non è un film sul fumo, tanto che non si vede mai qualcuno
che fuma o una sigaretta accesa.
Nick,
il personaggio da lei interpretato, difende il suo mutuo da
pagare o la libertà delle perosne di scegliere con
la propria testa?
Sicuramente la seconda ipotesi. La Big Tabacco (la corporazione
che raccoglie le principali aziende produttici di sigarette,
NDR) è un’associazione legale, come fumare è
un’attività legale. I fumatori hanno quindi tutto
il diritto di essere difesi. Nick ama parlare, convincere
attraverso l’argomentazione, difendere attraverso l’uso
della parola ogni causa, quella dei fumatori come quella dei
produttori di telefoni cellulari come si vede nel finale.
Il film
è già uscito con un certo successo negli Stati
Uniti. Come ha reagito la gente davanti a questa pellicola?
Due le cose che mi sono accadute dopo l’uscita di
Thank You For Smoking. Mi sono
recato un giorno dal mio medico che ha una figlia fumatrice,
la quale dopo aver visto il film ha smesso di fumare e per
questo mi ringraziava. Un’altra volta passeggiando per
le strade di New York, ho incrociato un ragazzo che mi ha
fissato, non proferendo parola. Ha solo tirato fuori dalla
tasca un pacchetto di sigarette e me le ha mostrate fiero
ed orgoglioso. Sono visto come un paladino contro il fumo
e nello stesso tempo una persona capace di rappresentare i
fumatori, una categoria che è stata fortemente ghettizzata.
Questo è un piccolo film indipendente con un umorismo
cattivo, dark e che ci ha permesso una grande libertà
sui contenuti della pellicola.
Quanto
c’è di vero sul fatto che anelli di fumo spaziali
dopo una scena di sesso tra Brad Pitt e Catherine Zeta-Jones
possano valere circa 28 milioni di dollari?
Mi sono trovato un giorno in macchina con Catherine e
le ho raccontato questa scena. Lei era molto divertita dall’idea.
Ad Hollywood accadono veramente conversazioni come quelle
riportate nel film, da parte di agenti come quelli interpretato
da Rob Lowe, e si vestono con i kimoni e vivono in case-uffici
che sembrano musei. Naturalmente non posso fare nomi…
ma ciò che viene raccontato nel film non è così
raro che accade.
La sua
filmografia è piena di ruoli estremi in opere indipendenti
e personaggi bidimensionali dei bolckbuster a cui a partecipato.
Come fa a convivere con queste due dimensioni?
Nei film indipendenti i personaggi sono più interessanti,
complessi, pericolosi, conflittuali; spesso e volentieri ti
chiedono di interpretare degli anti-eroi. I blockbuster invece
sono opere condannate a guadagnare tanto e subito per rientrare
degli alti costi di produzione. Se un film che interpreti
non incassa, poi è difficile che ti richiamino, mentre
la cinematografia indipendente ti ricorda di essere un attore.
Io spero di continuare a frequentare entrambe queste due dimensioni,
e magari di fare film romantici come quello che ho appena
finito di girare con Catherine Zeta-Jones.
Qual è
a suo giudizio il valore morale del film?
Il personaggio di Nick ha una moralità flessibile.
Fondamentalmente è un venditore e la sua immoralità
è la manipolazione dell’uomo, come quella messa
in atto nei confronti dell’uomo Marlboro. Credo che
sia chiaro nel film che quello che Nick fa non sia ne giusto
ne corretto.
Nick è
un comunicatore. Si è ispirato a qualcuno in particolare?
Ho visto come si comportano i venditori ed i politici,
l’energia che mettono nelle cose che fanno ed il sorriso
perennemente stampato sulla faccia. Ho chiesto a Jason (Reitman,
il regista NDR) la ragione per cui mi avesse scelto per il
ruolo. Per il sorriso, mi ha risposto. Nella scena della scuola
del figlio, Nick dice cose tremende ma con un sorriso che
convince e rende plausibili le sue affermazioni.
Lei è
nel cast di The Black Dalia.
Che differenza ha notato tra le due produzioni?
Innanzitutto i personaggi, che sono completamente diversi
e poi il modo di lavoro. In un piccolo film con un regista
esordiente il lavoro è un continuo processo di insegnamento
ed apprendimento. In Bulgaria con un regista come Brian De
Palma ed una troupe navigata ed esperta, il lavoro procedeva
molto velocemente. Brian sapeva esattamente cosa voleva ottenere
dagli attori e come ottenerlo, tanto che spesso bastavano
solo due ciak a scena. Con Jason invece i ciak erano maggiori
in quanto non era sicuro di quello che riusciva ad ottenere.
Lei è
un appassionato surfista. Questa attività sportiva
l’ha aiutata in qualche modo nella sua professione di
attore?
Il surf è una religione, la recitazione anche.
E’ difficile professare due religioni. Il surf aiuta
a mantenersi giovani, la recitazione anche. Entrambi richiedono
inoltre una grosse dose di coraggio principalmente per un
timido come me. Recitare davanti a molte persone, in ruoli
spesso sgradevoli con battute che magari non condividi richiede
un coraggio che il surf può aiutarti a coltivare. Ma
è uno sport talmente competitivo e richiede una resistenza
fisica che ormai ho abbandonato. Ora mi dedico ad altre attività
come i viaggi. Per esempio questa mattina mi sono svegliato
presto ed invece di rimanere in albergo sono uscito da solo
ed ho camminato per le strade di Roma. Ecco ci vuole una certa
dose di coraggio camminare in città sconosciute come
Roma per me.