Ho letto
che per il suo film si sarebbe ispirato a Roma
città aperta. Volevo sapere perché. Non
pensa di aver corso il rischio che questo film passi per quello
che non è, cioè per una pellicola pornografica?
Ho
pensato a Roma città aperta
poichè Rossellini filmava sempre una storia di finzione,
partendo però da un materiale reale, autentico, e cioè
Roma durante la Liberazione. A me piace l’idea di raccontare
qualcosa di autentico mai realizzato da altri, e che poi nel
film si trasforma in una cosa diversa, mediante il potere
trasfigurante del cinema.
Potrebbe accadere che si prenda il film per ciò che
non è, soprattutto a causa della scena iniziale e di
quella conclusiva, ma sarebbero tante le cose da dire. In
certo periodo avevo anche pensato di togliere tali scene per
evitare il rischio di etichettatura, ma poi mi sono detto
che il film è anche questo. Non solo questo. Nella
totalità delle cose che intendevo raccontare ciò
ha una funzione rilevante. Se capita che qualche spettatore
veda solo questo, non posso farci nulla. Il materiale della
sequenza d’apertura è sicuramente identico a
quello di un film pornografico. Ma lo scopo di un film pornografico
è quello di eccitare sessualmente lo spettatore, mentre
nel mio film il modo di raccontare e l’obiettivo ultimo
appaiono molto diversi.
Come è
nata l’idea del film e cosa intendeva principalmente
rappresentare. Poi una curiosità: perché la
grassezza dei personaggi, in contrasto con la bellezza, la
perfezione della ragazza?
Intendevo
raccontare principalmente il conflitto interiore del protagonista
scatenato da un’azione come il rapimento, che quindi
da prova di principi morali molto bassi, e quelle che possono
essere le conseguenze di queste azioni, a fronte di ciò
che rappresenta una morale immanente, naturale, dell’essere
umano. Quest’idea mi è venuta leggendo spesso
sui giornali racconti di criminali che parlavano di voler
assassinare l’ostaggio perché nessuno pagava
il riscatto, mentre loro dovevano pur sopravvivere…
Azioni che tuttavia portano ad un conflitto interiore e che
ricordano il tema di “Delitto e Castigo”. Non
in tutti accade questo, non nella moglie di Marcos che partecipa
al rapimento e che poi prospetta l’idea un pellegrinaggio
riparatore. In tutta questa storia, l’aspetto sessuale,
soprattutto nella prima scena, entra in maniera preponderante
perché si ha un’idea di difficoltosa ricerca
di comunicazione, dominata da una forte frustrazione che accompagna
sempre il protagonista. Marcos dice: “Avrei potuto ambire
ad una vita migliore, ma visti gli strumenti che ho a disposizione,
il contesto sociale in cui vivo, non ci sono riuscito”.
Per spiegarmi meglio, la ragione di quelle scene di sesso
esplicito è anche perché a me non interessa
molto il cinema come strumento della narrazione di una bella
storia. A me interessa mostrare qualcosa che sia più
legato ai sentimenti, all’esperienza interiore, cercando
di entrare dentro ciò che realmente rappresenta un
essere umano. Alla base del film c’è il principio
del sogno. In un sogno, tutte le parti sono legate tra loro,
contro le apparenze, e tutte contribuiscono a raccontare un’esperienza
più sensoriale che narrativa. I personaggi sono grassi
innanzi tutto perché rispetta la realtà messicana.
Il Messico è il secondo paese dopo gli USA con una
maggioranza di popolazione in soprappeso. La vera moglie di
Marcos è ancora più grassa dell’interprete;
avrei voluto dare a lei quel ruolo ma si è rifiutata.
Inoltre, fin da bambini, ci dicono di non tener conto delle
apparenze, del colore della pelle, di ciò che possediamo:
conta quel che siamo/abbiamo dentro. Poi, di fronte ad un
film come Battaglia nel cielo, non tutti gli spettatori pensano
si tratti di una storia di due persone normali, ma di due
persone brutte, grottesche, grasse, sudate, mentre io intendevo
raccontare la storia di due persone di Città del Messico.
C’è troppo sfruttamento della bellezza fisica
e forse siamo abituati a pensare che quella sia la normalità,
quando la normalità è forse più vicina
a quanto mostrato nel mio film.
Sulle
scelte musicali. Si ascolta un concerto di Bach contrapposto
allo scenario di ordinaria quotidianità di una stazione
di servizio, nell’indifferenza dei protagonisti, anche
infastiditi da tale elemento a loro estraneo, irriconoscibile.
Un’affermazione e una domanda: è per conferire
trascendenza a quella scena di degrado umano ed ambientale?
Per quanto riguarda la marcia religiosa che si ascolta durante
la ripresa di una partita di calcio, allude ad una forma di
religiosità superstiziosa e ritualistica, come alternativa
al culto “classico”, ad esempio, di Nostra signora
di Guadalupe?
Innanzi
tutto vorrei dire che condivido e che mi piace la sua interpretazione,
però non rappresenta un aspetto programmatico e strategico
della realizzazione filmica, bensì intuitivo. Nella
scena della stazione di servizio intendevo creare un ambiente
particolare, perché in nessuna stazione di servizio
ho potuto ascoltare Bach a quel volume. Mai, e però
mi piacerebbe farlo. Nel cinema puoi costruire il tuo mondo
ideale, a tuo gusto e misura. Aver fatto questo significa
un po’ ciò che dice lei, ossia creare un contrasto
interessante tra una cosa banalissima, come mettere benzina
nella tua automobile, e nello stesso tempo sublimare la banalità
di gesti ordinari come quello di apre un motore di una vettura
mentre il clavicembalo suona forte. Tutto ciò che lei
vede è valido e sensato. Per quanto riguarda le allusioni
alla marcia della Semana Santa, è vero che il film
contiene il conflitto individuale di cui parlavo prima, in
contrasto con una serie di “istituzioni” sovra-umane,
permanenti, a prescindere dalla nostra morte e dai nostri
conflitti, rappresentato dallo Stato con il suo braccio forte
del potere, dell’esercito, della polizia, dalla religione
con il braccio pratico della Chiesa, e dall’intrattenimento;
tre super strutture che sono sempre esistite e che influiscono
sulla vita dell’uomo. Tali aspetti sono costantemente
presenti nel film, in conflitto con la tensione di Marcos
che curiosamente li vive tutti; lui è autista di un
generale, è tifoso e, anche se in maniera distaccata,
osservante dei riti religiosi, come tutti i messicani.
Che tipo
di relazione si crea tra due presone attraverso la sessualità?
Lei parla di un rapporto carnale, e nel film c’è
il tema cristiano della colpa e della redenzione. Lei è
un cattolico praticante? Infine, che tipo di background culturale
ha, e se ha fatto riferimento a qualche autore nel suo film.
Credo
che non si possa parlare in termini assoluti di sessualità.
Come la religione basata sul dogma, sulla spiritualità
e sul rituale, il sesso può essere ginnastica o profonda
unione spirituale e fisica. Tutto ciò che si trova
nel mezzo è valido. Nel film si presenta sotto diverse
forme. Nella prima è un po’ un archetipo che
ha a che fare con la mitologia; nella seconda, quello tra
Marcos e la moglie,è sesso quotidiano: c’è
la solidarietà, l’affetto, il volersi bene di
una coppia sposata da tempo. Da parte sua Ana, una donna molto
bella, usa la bellezza come strumento di manipolazione o sfruttamento.
Per quanto riguarda la parola redenzione, non la vedo applicata
a questo film che verrebbe caricato di significati cristiano/religiosi
in eccesso. Potrebbe semmai trattarsi di soluzione del conflitto
di cui parlavamo prima. Per parlare di redenzione dovrebbe
esserci prima una condanna, e sebbene Marcos e sua moglie
abbiano compiuto un’azione molto brutta, non li vedo
come persone cattive. Si può risolvere il problema
in vari modi, ma, a differenza della moglie che intendere
risolverlo con un pellegrinaggio, Marcos non riesce a venirne
fuori, nemmeno col proposito di costituirsi, per cui l’unica
soluzione possibile per lui è la morte. L’aspetto
dogmatico e rituale della religione mi interessa a livello
sociologico, mentre sento molto vicina la parte spirituale
che per me conta molto.
L’attenzione
che rivolge al mondo esterno, alla contemporaneità
degli eventi che accadono introno all’evento centrale,
e che vale la pena rappresentare. Lei ricorre al fuoricampo
e alle panoramiche a 360 gradi per poi tornare al punto iniziale
che nel frattempo è stato modificato, con il passare
del tempo che modifica una serie di cose nel frattempo accadute.
La domanda è se c’è da parte sua un’attenzione
al mondo esterno, oltre che alle dinamiche funzionali, centrali,
della storia.
Come
dicevo prima, più che raccontare una storia mi interessa
raccontare le sensazioni interiori, però capita di
guardarci dentro ed anche, come se uscissimo da noi stessi,
di guardarci da fuori. Nel film c’è questo, mi
piace che le cose vadano avanti e progrediscano in modo diverso.
C’è nel film tale alternanza, ma non un narratore
che racconti dall’esterno. Lo stesso personaggio, invece
di osservarsi da dentro, guarda se stesso ed il modo dal di
fuori. Questo si avverte nella scena del benzinaio e nei piani
di ripresa a 360 gradi: si parte da dentro, si guarda cosa
c’è intorno per tornare al punto di partenza,
cioè in noi stessi. Ma non significa che lo sguardo
sia il mio, ma quello del personaggio stesso.
Lei era
un avvocato.
Ho studiato
legge, praticato la professione di avvocato per un po’,
occupandomi di questioni che avevano a che fare con la guerra,
con gli armamenti; ho lavorato anche nel tribunale dei crimini
di guerra dell’ex Jugosalvia. Poi ho letto un romanzo
di Conrad e la prima cosa che mi sono detto è perché
mi è toccato vivere in quest’epoca invece che
in un’altra, e mi sono reso conto che avevo bisogno
di più emozioni. Nella vita i segnali ci vengono da
piccoli indizi, magari dal fatto che siamo stanchi di vedere
tutti incravattati, di quell’ambiente. Avevo bisogno
di fare qualcos’altro, anche se la professione mi piaceva
molto. Non ho pensato subito di diventare un regista, ma poichè
il cinema mi piaceva molto da spettatore, ho provato a farlo.
Non è emozionante come vivere in un romanzo di Conrad,
però è un mestiere che mi piace molto e ne sono
molto felice.
Mi è
sembrato che l’elemento centrale del film coincida con
il tema dell’amour fou, e che pertanto la morte di Marcos
non sia soltanto legata alla ricerca di redenzione, alla soluzione
del suo conflitto spirituale, religioso, morale. Marcos risolve
la sua storia d’amore impossibile con l’omicidio/suicidio,
in un percorso narrativo naturalmente più complesso.
Un po’ come avviene in La signora
della porta accanto di
Truffaut (né con te, né senza di te).
Non
voglio distruggere questa interpretazione, però molti
mi chiedono perché Marcos uccida Ana. Non c’è
una semplice spiegazione; nella vita reale accade che una
persona uccida un’altra per diversi motivi. Solo nei
film c’è una spiegazione del perché ciò
avviene. Aldilà del fatto oggettivo, le percezioni,
le interpretazioni variano da spettatore a spettatore. C’è
chi ha un punto di vista pratico, speculativo, di semplice
gelosia amorosa, di allegoria politica (Marcos uccide Ana
per vendetta, per lo sfruttamento di una classe sociale sull’altra,
quindi inteso come gesto rivoluzionario), e chi, come lei,
interpretata in chiave mistica che potrei condividere, come
potrei condividerne altre interpretazioni. Per quanto riguarda
l’amour fou, non è soltanto questo.
Perché,
come in Japon, una scelta di interpreti non professionisti?
Quando
inizio a scrivere una sceneggiatura non so mai come evolverà
la mia storia. Poi, una volta entrato nel vivo scrivo di getto
e la realizzazione finale si concretizza durante le riprese.
Concordo con Robert Bresson: la recitazione è un ostacolo
tra ciò che il personaggio può trasmettere e
la macchina da presa. La tecnica dell’attore professionista
è una cosa che apprezzo a teatro, mentre al cinema
non mi interessa, non mi piace. E’ come con un fotografo
che dica al modello quale posizione deve assumere. A quel
punto non gli resta che fotografarlo. A me interessa che il
sia il cinema, con la sua tecnica, a costruire il personaggio,
e non viceversa.