Battaglia nel cielo

[giuseppe mariani]

Nell’imminenza dell’uscita nelle sale di Battaglia nel cielo, nella splendida cornice di Palazzo Santacroce in Roma, sede dell’Istituto di Cultura Latino-Americana, si è tenuta la conferenza stampa con Carlos Reygadas, autore del film.
(traducendo dallo spagnolo, si è preferito mantenere lo spirito discorsivo, del parlato)

Ho letto che per il suo film si sarebbe ispirato a Roma città aperta. Volevo sapere perché. Non pensa di aver corso il rischio che questo film passi per quello che non è, cioè per una pellicola pornografica?
Ho pensato a Roma città aperta poichè Rossellini filmava sempre una storia di finzione, partendo però da un materiale reale, autentico, e cioè Roma durante la Liberazione. A me piace l’idea di raccontare qualcosa di autentico mai realizzato da altri, e che poi nel film si trasforma in una cosa diversa, mediante il potere trasfigurante del cinema.
Potrebbe accadere che si prenda il film per ciò che non è, soprattutto a causa della scena iniziale e di quella conclusiva, ma sarebbero tante le cose da dire. In certo periodo avevo anche pensato di togliere tali scene per evitare il rischio di etichettatura, ma poi mi sono detto che il film è anche questo. Non solo questo. Nella totalità delle cose che intendevo raccontare ciò ha una funzione rilevante. Se capita che qualche spettatore veda solo questo, non posso farci nulla. Il materiale della sequenza d’apertura è sicuramente identico a quello di un film pornografico. Ma lo scopo di un film pornografico è quello di eccitare sessualmente lo spettatore, mentre nel mio film il modo di raccontare e l’obiettivo ultimo appaiono molto diversi.

Come è nata l’idea del film e cosa intendeva principalmente rappresentare. Poi una curiosità: perché la grassezza dei personaggi, in contrasto con la bellezza, la perfezione della ragazza?
Intendevo raccontare principalmente il conflitto interiore del protagonista scatenato da un’azione come il rapimento, che quindi da prova di principi morali molto bassi, e quelle che possono essere le conseguenze di queste azioni, a fronte di ciò che rappresenta una morale immanente, naturale, dell’essere umano. Quest’idea mi è venuta leggendo spesso sui giornali racconti di criminali che parlavano di voler assassinare l’ostaggio perché nessuno pagava il riscatto, mentre loro dovevano pur sopravvivere… Azioni che tuttavia portano ad un conflitto interiore e che ricordano il tema di “Delitto e Castigo”. Non in tutti accade questo, non nella moglie di Marcos che partecipa al rapimento e che poi prospetta l’idea un pellegrinaggio riparatore. In tutta questa storia, l’aspetto sessuale, soprattutto nella prima scena, entra in maniera preponderante perché si ha un’idea di difficoltosa ricerca di comunicazione, dominata da una forte frustrazione che accompagna sempre il protagonista. Marcos dice: “Avrei potuto ambire ad una vita migliore, ma visti gli strumenti che ho a disposizione, il contesto sociale in cui vivo, non ci sono riuscito”. Per spiegarmi meglio, la ragione di quelle scene di sesso esplicito è anche perché a me non interessa molto il cinema come strumento della narrazione di una bella storia. A me interessa mostrare qualcosa che sia più legato ai sentimenti, all’esperienza interiore, cercando di entrare dentro ciò che realmente rappresenta un essere umano. Alla base del film c’è il principio del sogno. In un sogno, tutte le parti sono legate tra loro, contro le apparenze, e tutte contribuiscono a raccontare un’esperienza più sensoriale che narrativa. I personaggi sono grassi innanzi tutto perché rispetta la realtà messicana. Il Messico è il secondo paese dopo gli USA con una maggioranza di popolazione in soprappeso. La vera moglie di Marcos è ancora più grassa dell’interprete; avrei voluto dare a lei quel ruolo ma si è rifiutata. Inoltre, fin da bambini, ci dicono di non tener conto delle apparenze, del colore della pelle, di ciò che possediamo: conta quel che siamo/abbiamo dentro. Poi, di fronte ad un film come Battaglia nel cielo, non tutti gli spettatori pensano si tratti di una storia di due persone normali, ma di due persone brutte, grottesche, grasse, sudate, mentre io intendevo raccontare la storia di due persone di Città del Messico. C’è troppo sfruttamento della bellezza fisica e forse siamo abituati a pensare che quella sia la normalità, quando la normalità è forse più vicina a quanto mostrato nel mio film.

Sulle scelte musicali. Si ascolta un concerto di Bach contrapposto allo scenario di ordinaria quotidianità di una stazione di servizio, nell’indifferenza dei protagonisti, anche infastiditi da tale elemento a loro estraneo, irriconoscibile. Un’affermazione e una domanda: è per conferire trascendenza a quella scena di degrado umano ed ambientale? Per quanto riguarda la marcia religiosa che si ascolta durante la ripresa di una partita di calcio, allude ad una forma di religiosità superstiziosa e ritualistica, come alternativa al culto “classico”, ad esempio, di Nostra signora di Guadalupe?
Innanzi tutto vorrei dire che condivido e che mi piace la sua interpretazione, però non rappresenta un aspetto programmatico e strategico della realizzazione filmica, bensì intuitivo. Nella scena della stazione di servizio intendevo creare un ambiente particolare, perché in nessuna stazione di servizio ho potuto ascoltare Bach a quel volume. Mai, e però mi piacerebbe farlo. Nel cinema puoi costruire il tuo mondo ideale, a tuo gusto e misura. Aver fatto questo significa un po’ ciò che dice lei, ossia creare un contrasto interessante tra una cosa banalissima, come mettere benzina nella tua automobile, e nello stesso tempo sublimare la banalità di gesti ordinari come quello di apre un motore di una vettura mentre il clavicembalo suona forte. Tutto ciò che lei vede è valido e sensato. Per quanto riguarda le allusioni alla marcia della Semana Santa, è vero che il film contiene il conflitto individuale di cui parlavo prima, in contrasto con una serie di “istituzioni” sovra-umane, permanenti, a prescindere dalla nostra morte e dai nostri conflitti, rappresentato dallo Stato con il suo braccio forte del potere, dell’esercito, della polizia, dalla religione con il braccio pratico della Chiesa, e dall’intrattenimento; tre super strutture che sono sempre esistite e che influiscono sulla vita dell’uomo. Tali aspetti sono costantemente presenti nel film, in conflitto con la tensione di Marcos che curiosamente li vive tutti; lui è autista di un generale, è tifoso e, anche se in maniera distaccata, osservante dei riti religiosi, come tutti i messicani.

Che tipo di relazione si crea tra due presone attraverso la sessualità? Lei parla di un rapporto carnale, e nel film c’è il tema cristiano della colpa e della redenzione. Lei è un cattolico praticante? Infine, che tipo di background culturale ha, e se ha fatto riferimento a qualche autore nel suo film.
Credo che non si possa parlare in termini assoluti di sessualità. Come la religione basata sul dogma, sulla spiritualità e sul rituale, il sesso può essere ginnastica o profonda unione spirituale e fisica. Tutto ciò che si trova nel mezzo è valido. Nel film si presenta sotto diverse forme. Nella prima è un po’ un archetipo che ha a che fare con la mitologia; nella seconda, quello tra Marcos e la moglie,è sesso quotidiano: c’è la solidarietà, l’affetto, il volersi bene di una coppia sposata da tempo. Da parte sua Ana, una donna molto bella, usa la bellezza come strumento di manipolazione o sfruttamento. Per quanto riguarda la parola redenzione, non la vedo applicata a questo film che verrebbe caricato di significati cristiano/religiosi in eccesso. Potrebbe semmai trattarsi di soluzione del conflitto di cui parlavamo prima. Per parlare di redenzione dovrebbe esserci prima una condanna, e sebbene Marcos e sua moglie abbiano compiuto un’azione molto brutta, non li vedo come persone cattive. Si può risolvere il problema in vari modi, ma, a differenza della moglie che intendere risolverlo con un pellegrinaggio, Marcos non riesce a venirne fuori, nemmeno col proposito di costituirsi, per cui l’unica soluzione possibile per lui è la morte. L’aspetto dogmatico e rituale della religione mi interessa a livello sociologico, mentre sento molto vicina la parte spirituale che per me conta molto.

L’attenzione che rivolge al mondo esterno, alla contemporaneità degli eventi che accadono introno all’evento centrale, e che vale la pena rappresentare. Lei ricorre al fuoricampo e alle panoramiche a 360 gradi per poi tornare al punto iniziale che nel frattempo è stato modificato, con il passare del tempo che modifica una serie di cose nel frattempo accadute. La domanda è se c’è da parte sua un’attenzione al mondo esterno, oltre che alle dinamiche funzionali, centrali, della storia.
Come dicevo prima, più che raccontare una storia mi interessa raccontare le sensazioni interiori, però capita di guardarci dentro ed anche, come se uscissimo da noi stessi, di guardarci da fuori. Nel film c’è questo, mi piace che le cose vadano avanti e progrediscano in modo diverso. C’è nel film tale alternanza, ma non un narratore che racconti dall’esterno. Lo stesso personaggio, invece di osservarsi da dentro, guarda se stesso ed il modo dal di fuori. Questo si avverte nella scena del benzinaio e nei piani di ripresa a 360 gradi: si parte da dentro, si guarda cosa c’è intorno per tornare al punto di partenza, cioè in noi stessi. Ma non significa che lo sguardo sia il mio, ma quello del personaggio stesso.

Lei era un avvocato.
Ho studiato legge, praticato la professione di avvocato per un po’, occupandomi di questioni che avevano a che fare con la guerra, con gli armamenti; ho lavorato anche nel tribunale dei crimini di guerra dell’ex Jugosalvia. Poi ho letto un romanzo di Conrad e la prima cosa che mi sono detto è perché mi è toccato vivere in quest’epoca invece che in un’altra, e mi sono reso conto che avevo bisogno di più emozioni. Nella vita i segnali ci vengono da piccoli indizi, magari dal fatto che siamo stanchi di vedere tutti incravattati, di quell’ambiente. Avevo bisogno di fare qualcos’altro, anche se la professione mi piaceva molto. Non ho pensato subito di diventare un regista, ma poichè il cinema mi piaceva molto da spettatore, ho provato a farlo. Non è emozionante come vivere in un romanzo di Conrad, però è un mestiere che mi piace molto e ne sono molto felice.

Mi è sembrato che l’elemento centrale del film coincida con il tema dell’amour fou, e che pertanto la morte di Marcos non sia soltanto legata alla ricerca di redenzione, alla soluzione del suo conflitto spirituale, religioso, morale. Marcos risolve la sua storia d’amore impossibile con l’omicidio/suicidio, in un percorso narrativo naturalmente più complesso. Un po’ come avviene in La signora della porta accanto di Truffaut (né con te, né senza di te).
Non voglio distruggere questa interpretazione, però molti mi chiedono perché Marcos uccida Ana. Non c’è una semplice spiegazione; nella vita reale accade che una persona uccida un’altra per diversi motivi. Solo nei film c’è una spiegazione del perché ciò avviene. Aldilà del fatto oggettivo, le percezioni, le interpretazioni variano da spettatore a spettatore. C’è chi ha un punto di vista pratico, speculativo, di semplice gelosia amorosa, di allegoria politica (Marcos uccide Ana per vendetta, per lo sfruttamento di una classe sociale sull’altra, quindi inteso come gesto rivoluzionario), e chi, come lei, interpretata in chiave mistica che potrei condividere, come potrei condividerne altre interpretazioni. Per quanto riguarda l’amour fou, non è soltanto questo.

Perché, come in Japon, una scelta di interpreti non professionisti?
Quando inizio a scrivere una sceneggiatura non so mai come evolverà la mia storia. Poi, una volta entrato nel vivo scrivo di getto e la realizzazione finale si concretizza durante le riprese. Concordo con Robert Bresson: la recitazione è un ostacolo tra ciò che il personaggio può trasmettere e la macchina da presa. La tecnica dell’attore professionista è una cosa che apprezzo a teatro, mentre al cinema non mi interessa, non mi piace. E’ come con un fotografo che dica al modello quale posizione deve assumere. A quel punto non gli resta che fotografarlo. A me interessa che il sia il cinema, con la sua tecnica, a costruire il personaggio, e non viceversa.

 
| recensione |