Commediasexi

[dichiarazioni raccolte da fabio melandri]

Alessandro D'Alatri

Signor Bonolis, la sua interpretazione è un omaggio ad Alberto Sordi?
La mia più che una strizzata d’occhio è una paresi facciale. Io non sono un attore. Da piccolo ho visto tutti i film di Alberto Sordi e li ho visti da romano. Per cui questa era l’unica strada che potevo percorrere.
Alessandro D’Alatri: Non ho dato nessuna indicazione a Paolo in questo senso, anche se il film in se per se ed il suo personaggio ricorda quella tipologia di film.

Tiziana Rocca, il suo è un personaggio femminile non semplice. Si è ispirata a qualcuno?
Mi sono ispirata a nessuno ed a tutte. Il mio personaggio è una

donna borghese con un’educazione che in qualche modo la frena. E’ un personaggio atipico e nuovo per me. Per questo motivo mi sono fidata molto della sceneggiatura e di Alessandro D’Alatri..

Signora Buy, ancora un ruolo di una donna vittima o schiava di psicofarmaci. Come mai le propongono sempre questi ruoli?
Non ne ho idea, eppure nella vita reale non ne faccio mai uso. Il mio è un personaggio disincantato che non riesce a identificare il suo vero problema e cerca aiuto nelle medicine.

Questo è un film in qualche modo politico. Come conciliarlo con l’uscita natalizia?
Alessandro D’Alatri: Fare cinema politico è una cosa abbastanza naturale. I miei film lo sono nella maniera in cui si occupano della vita delle persone di cui la politica non si occupa. Riguardo ai riferimenti a vallettopoli, nessuna preveggenza. In Italia è facile prevedere cosa accadrà, basta guardarsi intorno. La mia esigenza di girare questo film, nasce dalla voglia di instaurare un contatto con quello che viene definito, in maniera magari arcaica, popolo. Da troppo una certa classe intellettuale si è chiusa nei salotti perdendo questo tipo di contatto. Con questo film ho tentato di riallacciare questo legame.

Elena Santarelli, come è stato questo suo debutto al cinema?
Per me è un sogno aver potuto lavorare con un cast così eccezionale ed un regista come Alessandro. Io nella vita ho fatto un percorso abbastanza simile a quello del mio personaggio Martina. Da valletta per la televisione, passando da un reality di successo sono approdata alla fiction. Riguardo a vallettopoli io non ho avuto esperienze di quel genere.

D’Alatri lei dipinge in mondo della politica con una certa ferocia. Ha avuto qualche segnale da questo mondo?
Li ho rappresentati in modo esasperato, ma come il pubblico, la gente li vede. Ho scoperto che la commedia ha regole precise sin dalla fase di scrittura. Si lavora in un’ottava superiore a quella della realtà, il che ti permette una certa libertà di reinterpretazione della stessa.

Michele Placido, per lei questa è stata la quinta partecipazione amichevole in film nella veste di solo attore. Che bilancio può fare di questa sua annata?
Innanzitutto all’inizio ero piuttosto dubbioso se partecipare o meno a questo progetto pur avendo in fondo un piccolo ruolo. Ma avevo innanzitutto una grande fiducia in Bonolis, avendolo studiato come personaggio televisivo. Alla fine è uno di quei film in cui mi sono più divertito. Consiglierei a questo punto ad alcuni registi così difesi da certa critica come Amelio o Belloccio di fare di tanto in tanto una commedia, proprio per riallacciare quel legame con il pubblico e per aiutare il cinema italiano che punta molto su questo genere.

Sergio Rubini come ha costruito il suo personaggio?
La chiave me l’ha data Alessandro, quando mi ha parlato dell’idea dela maschera, una maschera con molta umanità. Poi mi sono fidato e rimesso nelle mani di Alessandro. La sceneggiatura è in fin dei conti come l’arredamento di una casa. Il vero padrone di casa è invece il regista e quindi la sceneggiatura un suo problema. Io comunque da tempo volevo fare un film con Alessandro e mi è bastato sapere che era coinvolto lui per accettare la parte.

In Olè si sono fatti riferimenti a Totò e Peppino, in Commediasexi ad Alberto Sordi. Ma la commedia italiana deve per forza di cose guardare al suo passato? Come mai poi la scelta di Bonolis?
Alessandro D’Alatri: Più che andare indietro, bisogna guardare avanti, senza dimenticare però le proprie radici, senza le quali si è condannati ad un non-futuro. Io cerco di costruire ed elaborare nuovi tasselli all’interno di quel percorso. Riguardo a Paolo, io ho scritto il film penando esclusivamente a lui. Sfortunatamente molti attori di commedia sono anche produttori ed autori di e stessi. Fare film con loro diventa impossibile, così sono costretto a guardarmi intorno e cercare nuove vie. E’ stato lo stesso con Fabio Volo, personaggio televisivo, con Kim Rossi Stuart che aveva fatto Fantaghirò e la Ferilli stessa. Ma io non faccio grandi distinzioni. Per me il talento è talento, ovunque si manifesti.

Bonolis qual è stato il suo primo pensiero quando le fu proposto il progetto?
Questo è matto! Alessandro è un grande affabulatore ed ha una spiccata capacità di coinvolgimento a livello emotivo. Per me è stata un’esperienza diabolica. Il cinema è una sorta di camera gestazionaria, necessita tempi piuttosto lunghi rispetto a quelli della televisione. Ma ho voluto provare questa esperienza perché il cinema mi piace.

Nella battaglia di Natale siete il terzo incomodo. Cosa vi aspettate?
Alessandro D’Alatri: Una concorrenza diretta in realtà non c’è. Il nostro è un pandoro, diverso dai cinepanettoni, per un pubblico a cui non piacciono i canditi. E’ un gusto diverso che proponiamo al pubblico del Natale.

 
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