Le
regole dell’attrazione
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[sara
lucarini] |
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Autunno
1985. Le vite di Sean, Paul, Lauren e Victor si incrociano
nell'università di Camden, nel New Hampshire.
Ma le norme della scuola sono messe da parte dalle "regole
dell'attrazione" del titolo, cioè dalle
leggi che governano l'approccio all'altro (e allo stesso)
sesso, che portano a scegliere un partner diverso per
ogni notte, che rendono le feste del venerdì
un consueto gioco della seduzione, in cui ognuno è
cacciatore e preda. Il tutto contornato da fiumi di
alcool, coca, spinelli e dalla ricerca di qualsiasi
tipo di droga che porti a "sballare". La scrittura
ha un andamento cinematografico, proponendo una storia
tutta narrata in soggettiva, in cui ogni personaggio
racconta la propria versione dei fatti.
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Quattro soggettive montate l'una di seguito all'altra per un'unica
realtà, alla quale non sempre viene data una spiegazione
univoca. Bret Easton Ellis attua una dettagliata descrizione
della degradazione (morale e fisica) della New York anni '80,
prendendo come esempi i figli dello strato sociale più
benestante, dal quale hanno appreso il culto sviscerale per
il corpo ed un'assoluta mancanza di prospettive per il futuro.
I genitori non sono protagonisti delle vicende, non rientrano
mai nella narrazione. Le poche volte che appaiono, risultano
essere personaggi impotenti di fronte alla colpa della loro
assenza. Ecco perché il divorzio è vissuto come
normalità e la notizia di un padre e di una madre ancora
sposati viene accolto con molto stupore.
Si parla di aborto, anticoncezionali, suicidi, omosessualità,
ma tutto è vissuto con assoluta normalità. L'anormalità
risiede nella ricerca di un rapporto stabile, di un po' d'affetto
disinteressato e non appannato dalle droghe, nel frequentare
le lezioni, nell'essere ancora vergine. La narrazione si muove
costantemente sul filo sottile dell'indifferenza - 'Ecco a cosa
ci si è ridotti tutti: indifferenza' ammetterà
Victor - in cui il bisogno d'affetto dei vari personaggi è
solo accennato. Sono flash. Sprazzi di lucidità. Attimi
che cercano di spingere i ragazzi oltre l'istinto della pura
attrazione. Proprio in tali attimi emergono delle domande -
'Perché non mi ami, Lauren?' -, che però subito
vengono represse, lasciandole senza risposta.
Uno dei personaggi principali del libro, Sean Bateman, non è
altro che il fratello minore di Patrick, protagonista del successivo
American Psycho (2001), in cui
Ellis continua l'analisi e la denuncia della degradazione di
questi figli di papà, occupandosi non più degli
adolescenti, ma di ragazzi adulti. I due fratelli si incontrano
in entrambi i libri, anticipando e successivamente confermando
la loro rivalità e la loro totale incapacità di
provare sentimenti fraterni.
Quattordici anni dopo la prima edizione del libro, ha fatto
una breve apparizione nei cinema anche l'adattamento cinematografico
di Roger Avary (già sceneggiatore di Pulp
Fiction e regista di Killing Zoe),
che risulta essere molto aderente alla fonte scritta, soprattutto
per quanto riguarda i dialoghi ed alcune situazioni. Ma alcune
parti sono state omesse o modificate, scelta che il regista
ha fatto forse per rendere più fluida la narrazione,
a discapito però dell'effetto finale. Nel film sono state
tagliate delle parti e tralasciati alcuni dettagli che, per
chi non ha letto il libro, rendono la narrazione piena di particolari
insignificanti.
Inoltre Roger Avary ha deciso di ambientare il film ai giorni
nostri, perdendo quella ferocia e quella satira alla gioventù
del periodo reaganiano che nel libro era lampante. Nell'ambientazione
si risente molto dei telefilm per teen-agers degli ultimi anni
(Beverly Hills 90210 per esempio),
di film come American Pie o Maial
College, della generazione
di MTV, ma non rende la tragicità del vuoto di quelle
esistenze, che invece nel libro riesce ad affiorare a tratti,
a colpire e subito a tornare indietro. In quei ragazzi che attraversano
i lunghi corridoi seguiti dalla macchina da presa c'è
la sospensione del tempo e l'attesa che qualcosa succeda (in
lontananza ricorda la macchina da presa di Elephant), ma la
narrazione è un susseguirsi di fatti senza pensieri.
Non c'è introspezione psicologica, si capta da lontano
l'assenza d’ideali, ma non c'è un approfondimento.
Gli stessi modi di dire, che nel libro sono elementi caratterizzanti
dei personaggi, perdono sullo schermo la loro efficacia.
A livello registico ci sono delle belle trovate, come l'utilizzo
del rewind per riavvolgere il tutto e dare alla narrazione un
senso circolare, o lo split-screen che raddoppia l'immagine
sullo schermo. E per fortuna nel film è stata mantenuta
la battuta che dà il senso a tutta la storia: 'Cosa significa
conoscermi? Nessuno mai conosce nessuno. Mai. Tu non mi conoscerai
mai.' L'affermazione rimane in bilico tra il rimprovero, l'amarezza
per una tale realtà e la rassegnazione alla solitudine
nella quale questi ragazzi tentano (e scelgono) di vivere. Rock'n'roll.
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