anno 1
numero 1
maggio 2004

Le regole dell’attrazione

[sara lucarini]

Autunno 1985. Le vite di Sean, Paul, Lauren e Victor si incrociano nell'università di Camden, nel New Hampshire. Ma le norme della scuola sono messe da parte dalle "regole dell'attrazione" del titolo, cioè dalle leggi che governano l'approccio all'altro (e allo stesso) sesso, che portano a scegliere un partner diverso per ogni notte, che rendono le feste del venerdì un consueto gioco della seduzione, in cui ognuno è cacciatore e preda. Il tutto contornato da fiumi di alcool, coca, spinelli e dalla ricerca di qualsiasi tipo di droga che porti a "sballare". La scrittura ha un andamento cinematografico, proponendo una storia tutta narrata in soggettiva, in cui ogni personaggio racconta la propria versione dei fatti.

Quattro soggettive montate l'una di seguito all'altra per un'unica realtà, alla quale non sempre viene data una spiegazione univoca. Bret Easton Ellis attua una dettagliata descrizione della degradazione (morale e fisica) della New York anni '80, prendendo come esempi i figli dello strato sociale più benestante, dal quale hanno appreso il culto sviscerale per il corpo ed un'assoluta mancanza di prospettive per il futuro. I genitori non sono protagonisti delle vicende, non rientrano mai nella narrazione. Le poche volte che appaiono, risultano essere personaggi impotenti di fronte alla colpa della loro assenza. Ecco perché il divorzio è vissuto come normalità e la notizia di un padre e di una madre ancora sposati viene accolto con molto stupore.
Si parla di aborto, anticoncezionali, suicidi, omosessualità, ma tutto è vissuto con assoluta normalità. L'anormalità risiede nella ricerca di un rapporto stabile, di un po' d'affetto disinteressato e non appannato dalle droghe, nel frequentare le lezioni, nell'essere ancora vergine. La narrazione si muove costantemente sul filo sottile dell'indifferenza - 'Ecco a cosa ci si è ridotti tutti: indifferenza' ammetterà Victor - in cui il bisogno d'affetto dei vari personaggi è solo accennato. Sono flash. Sprazzi di lucidità. Attimi che cercano di spingere i ragazzi oltre l'istinto della pura attrazione. Proprio in tali attimi emergono delle domande - 'Perché non mi ami, Lauren?' -, che però subito vengono represse, lasciandole senza risposta.
Uno dei personaggi principali del libro, Sean Bateman, non è altro che il fratello minore di Patrick, protagonista del successivo American Psycho (2001), in cui Ellis continua l'analisi e la denuncia della degradazione di questi figli di papà, occupandosi non più degli adolescenti, ma di ragazzi adulti. I due fratelli si incontrano in entrambi i libri, anticipando e successivamente confermando la loro rivalità e la loro totale incapacità di provare sentimenti fraterni.
Quattordici anni dopo la prima edizione del libro, ha fatto una breve apparizione nei cinema anche l'adattamento cinematografico di Roger Avary (già sceneggiatore di Pulp Fiction e regista di Killing Zoe), che risulta essere molto aderente alla fonte scritta, soprattutto per quanto riguarda i dialoghi ed alcune situazioni. Ma alcune parti sono state omesse o modificate, scelta che il regista ha fatto forse per rendere più fluida la narrazione, a discapito però dell'effetto finale. Nel film sono state tagliate delle parti e tralasciati alcuni dettagli che, per chi non ha letto il libro, rendono la narrazione piena di particolari insignificanti.
Inoltre Roger Avary ha deciso di ambientare il film ai giorni nostri, perdendo quella ferocia e quella satira alla gioventù del periodo reaganiano che nel libro era lampante. Nell'ambientazione si risente molto dei telefilm per teen-agers degli ultimi anni (Beverly Hills 90210 per esempio), di film come American Pie o Maial College, della generazione di MTV, ma non rende la tragicità del vuoto di quelle esistenze, che invece nel libro riesce ad affiorare a tratti, a colpire e subito a tornare indietro. In quei ragazzi che attraversano i lunghi corridoi seguiti dalla macchina da presa c'è la sospensione del tempo e l'attesa che qualcosa succeda (in lontananza ricorda la macchina da presa di Elephant), ma la narrazione è un susseguirsi di fatti senza pensieri. Non c'è introspezione psicologica, si capta da lontano l'assenza d’ideali, ma non c'è un approfondimento. Gli stessi modi di dire, che nel libro sono elementi caratterizzanti dei personaggi, perdono sullo schermo la loro efficacia.
A livello registico ci sono delle belle trovate, come l'utilizzo del rewind per riavvolgere il tutto e dare alla narrazione un senso circolare, o lo split-screen che raddoppia l'immagine sullo schermo. E per fortuna nel film è stata mantenuta la battuta che dà il senso a tutta la storia: 'Cosa significa conoscermi? Nessuno mai conosce nessuno. Mai. Tu non mi conoscerai mai.' L'affermazione rimane in bilico tra il rimprovero, l'amarezza per una tale realtà e la rassegnazione alla solitudine nella quale questi ragazzi tentano (e scelgono) di vivere. Rock'n'roll.