anno 1
numero 1
maggio 2004

Kill Bill vol. II

[maurizio milo]

"Quella donna merita la sua vendetta e noi…meritiamo di morire."

Capolavoro. Iniziamo dal giudizio e procediamo scomponendo, alla maniera tarantiniana. Idealmente, se non fosse osare troppo, potremmo addirittura dividere questa critica in nove capitoli.
Il primo si intitolerebbe "Q & U". Quentin e Uma, ovvero le menti che hanno partorito il personaggio de La Sposa e le sue evoluzioni. Flash back. Set di Pulp Fiction. Q e la sua musa cazzeggiano allegramente al termine di una dura giornata di lavoro. In questo ambiente, tra una Vodka Bellavista e chissà cos'altro, nasce l'angelo biondo, “La Vendicatrice”. Q è super eccitato all'idea di scrivere una storia "definitiva" sulla vendetta. Eventi successivi fanno in modo che, al termine delle riprese, le loro strade

procedano parallele. Un episodio di Four Rooms, Jackie Brown e la sceneggiatura di Inglorious Bastards (remake del nostrano Quel maledetto treno blindato di Enzo G. Castellani) per lui; una discreta carriera e un bel matrimonio con Ethan Hawke per lei. Una festa per riunirli e qualche Martini per far tornare in mente certi ricordi. La Sposa acquista di nuovo forma e colore. È lei la protagonista di Kill Bill ed è U che la dovrà interpretare. Peccato che al momento di iniziare a girare U sia in dolce attesa. Warren Beatty, contattato per il ruolo di Bill, spinge per sostituirla. Ma Q non ne vuole sapere. Inoltre Q, memoria storica di ciò che la critica definisce B-movie, chiede al malcapitato Beatty una recitazione alla Carradine. Provate a chiedere a Franco Nero uno stile di recitazione alla Giuliano Gemma e sentite che vi risponde. Beatty, evidentemente stressato dalle insistenze di Q, disse semplicemente: "Ma se vuoi Carradine, perché non prendi Carradine?". Detto, fatto. Meraviglioso è il destino quando sceglie la strada maestra, dice un vecchio adagio orientale. Non ne voglia l'ottimo Beatty, ma nessun attore poteva incarnare Bill meglio di David Carradine. Per chi non lo conoscesse Carradine ha interpretato Caine, un monaco shaolin fuggito dalla Cina in America. Un eroe saggio e solitario, icona di un certo cinema di genere in voga negli anni '80. È essenzialmente questo il Carradine preferito da Q, quello dei B-movie, quello di The silent flute, da cui Bill riprende la passione per il flauto di legno. La dedizione di Q per lo splendido 67enne attore si riscontrava già nella sceneggiatura di Pulp Fiction. Nel finale Jules Winnfield, l'attore feticcio Samuel L. Jackson, confessa a Vicent Vega - John Travolta di voler essere "…come Carradine in Kung Fu, vagare da posto a posto, conoscere gente e vivere avventure". È come se Bill fosse la sintesi di tutti i personaggi interpretati da Carradine. Tanto adorato dalle sue bionde quanto mor(t)ale. In un mondo senza polizia, in cui si viaggia in aerei dotati di portakatana, Bill è la garanzia delle (poche) regole che vigono e che sono perlopiù dettate da un preciso codice etico. Eccolo allora che concede la grazia ad un'inerme Sposa in stato comatoso, o che si fa trovare dalla vendicatrice in un meraviglioso hotel messicano perché sa che è giusto che lei abbia la sua vendetta. Poche regole che evidentemente Elle Driver non conosce. Elle è un personaggio completamente malvagio, senza possibilità di redenzione, senza etica. Daryl Hannah le concede il suo giunonico fisico, una benda sull'occhio destro le dà un tocco, se possibile, di maggior cattiveria. Sarà lei a scontare la peggiore delle pene inflitte dalla Sposa, che finirà il lavoro iniziato tempo prima dal suo maestro Pai Mei. Lo scontro tra le titaniche bionde, rese ancora più grandi dalla ristrettezza del campo di combattimento (la roulotte del defunto Budd, fratello di Bill) è il tipico esempio di catfight: le due donne si guardano, si girano intorno, si giurano eterno odio e si colpiscono con cieca ferocia, distruggendo il micromondo che le circonda. Il micromondo di Budd, appunto, il capo delle Vipere Mortali. Ora è un uomo solo che vive in una roulotte in mezzo al niente, che lavora in un misero night attaccato alla bottiglia, che si fa licenziare, si lascia dire dal suo capo che è inutile quanto "…un buco di culo sul gomito" e stura i cessi intasati del My Oh My. Un uomo disilluso. Un uomo che dice di aver venduto la sua preziosissima katana fatta da Hattori Hanzo per $ 250 perché a El Paso, Texas, tutto ha un valore. L'unico a rendersi conto che Lei merita la sua vendetta e Loro meritano di morire. E dopo molte peripezie, andrà a finire proprio così. Cadono tutti, ad uno ad uno. Vernita Green, O-Ren Ishii, gli 88 Folli e Go Go Yubari, Elle Driver (non cade ma rimane "mutilata" per sempre), lo stesso Budd. E Bill. Bill. Kill Bill. Soffermatevi per un attimo su questa meravigliosa allitterazione. Chi è Bill? Quando Lei gli domanda come ha fatto a trovarla lui risponde "I'm the Man". Io sono io, nella traduzione italiana. Nel sottotesto possiamo trovare molti significati. Bill potrebbe intendere "Io sono il Killer più letale del mondo", oppure "Io sono l'uomo più innamorato del mondo, se sono qui, adesso" o ancora "Io sono il padre della creatura che porti in grembo e che tu hai portato via da me". Eppure dice "I'm the Man" che potrebbe voler dire tutte queste cose come niente. Un killer di nome Bill. Un uomo di nome Bill. Un innamorato di nome Bill. Un padre di nome Bill. Probabilmente Shakespeare avrebbe voluto immaginare un personaggio così completo. Bill è un Killer infallibile che diventa un Uomo normale davanti alla donna di cui è Innamorato scegliendo di morire per salvare la vita futura della bimba di cui è Padre. Q costruisce una trama complessa per il personaggio intorno a cui ruota tutto questo meraviglioso secondo episodio. Sarebbe una persona detestabile se la incontrassi nella vita di tutti i giorni. Sarebbe il vicino che non ti saluta o quello che ti passa davanti nella coda. Poi te lo ritrovi a giocare al Killer immortale con un'adorabile cucciola di nome B.B., o sorridente solo quando sta con lei, la sua amata Beatrix. In un attimo ti accorgi di essere rimasto affascinato dal suo magnetismo, dalla chiarezza di quello che dice e da come lo dice. Addirittura lo si adora nel complesso paragone tra Black Mamba e Superman, Beatrix e Clark Kent. Non importa che abbia compiuto un gesto ignobile "…in effetti ho esagerato". Lo ammette e sa che il suo chiedere scusa rappresenterà la fine per Lui e l'inizio di una nuova vita per Lei. Lo sa e lo accetta. Con cinque teatralissimi passi va incontro alla sua splendida morte. Cosa è più masochista? (tentare di) Ammazzare la donna che si ama e la figlia che porta in grembo o lasciarsi uccidere una volta riunita la famiglia (per quell'etica di cui sopra)? Ad ognuno la propria risposta. Resta un film fatto di tanti personaggi e delle loro intrecciate e incredibili storie, di sottogeneri omaggiati, di citazioni, di bravi attori completamente immersi nella parte. Di un'immensa regia che ha saputo miscelare ogni singolo fotogramma, ora con ironia ora con inquietudine. Tarantino ha saputo sublimare il feticcio rendendolo opera d'arte. La cura maniacale con cui è girata ogni scena rendono l'opera Kill Bill un'imperdibile capolavoro pop - estetico da cui sarà difficile prescindere, nelle videoteche, nelle Università e nelle scuole di cinema del 2050.