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[maurizio
milo] |
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"Quella
donna merita la sua vendetta e noi…meritiamo di
morire."
Capolavoro.
Iniziamo dal giudizio e procediamo scomponendo, alla
maniera tarantiniana. Idealmente, se non fosse osare
troppo, potremmo addirittura dividere questa critica
in nove capitoli.
Il primo si intitolerebbe "Q & U". Quentin
e Uma, ovvero le menti che hanno partorito il personaggio
de La Sposa e le sue evoluzioni. Flash back. Set di
Pulp Fiction. Q e la sua
musa cazzeggiano allegramente al termine di una dura
giornata di lavoro. In questo ambiente, tra una Vodka
Bellavista e chissà cos'altro, nasce l'angelo
biondo, “La Vendicatrice”. Q è super
eccitato all'idea di scrivere una storia "definitiva"
sulla vendetta. Eventi successivi fanno in modo che,
al termine delle riprese, le loro strade
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procedano parallele. Un episodio
di Four Rooms, Jackie
Brown e la sceneggiatura di Inglorious
Bastards (remake del nostrano Quel
maledetto treno blindato di Enzo G. Castellani) per lui;
una discreta carriera e un bel matrimonio con Ethan Hawke per
lei. Una festa per riunirli e qualche Martini per far tornare
in mente certi ricordi. La Sposa acquista di nuovo forma e colore.
È lei la protagonista di Kill Bill
ed è U che la dovrà interpretare. Peccato
che al momento di iniziare a girare U sia in dolce attesa. Warren
Beatty, contattato per il ruolo di Bill, spinge per sostituirla.
Ma Q non ne vuole sapere. Inoltre Q, memoria storica di ciò
che la critica definisce B-movie, chiede al malcapitato Beatty
una recitazione alla Carradine. Provate a chiedere a Franco
Nero uno stile di recitazione alla Giuliano Gemma e sentite
che vi risponde. Beatty, evidentemente stressato dalle insistenze
di Q, disse semplicemente: "Ma se vuoi Carradine, perché
non prendi Carradine?". Detto, fatto. Meraviglioso è
il destino quando sceglie la strada maestra, dice un vecchio
adagio orientale. Non ne voglia l'ottimo Beatty, ma nessun attore
poteva incarnare Bill meglio di David Carradine. Per chi non
lo conoscesse Carradine ha interpretato Caine, un monaco shaolin
fuggito dalla Cina in America. Un eroe saggio e solitario, icona
di un certo cinema di genere in voga negli anni '80. È
essenzialmente questo il Carradine preferito da Q, quello dei
B-movie, quello di The silent flute,
da cui Bill riprende la passione per il flauto di legno. La
dedizione di Q per lo splendido 67enne attore si riscontrava
già nella sceneggiatura di Pulp
Fiction. Nel finale Jules Winnfield, l'attore feticcio
Samuel L. Jackson, confessa a Vicent Vega - John Travolta di
voler essere "…come Carradine in Kung Fu, vagare
da posto a posto, conoscere gente e vivere avventure".
È come se Bill fosse la sintesi di tutti i personaggi
interpretati da Carradine. Tanto adorato dalle sue bionde quanto
mor(t)ale. In un mondo senza polizia, in cui si viaggia in aerei
dotati di portakatana, Bill è la garanzia delle (poche)
regole che vigono e che sono perlopiù dettate da un preciso
codice etico. Eccolo allora che concede la grazia ad un'inerme
Sposa in stato comatoso, o che si fa trovare dalla vendicatrice
in un meraviglioso hotel messicano perché sa che è
giusto che lei abbia la sua vendetta. Poche regole che evidentemente
Elle Driver non conosce. Elle è un personaggio completamente
malvagio, senza possibilità di redenzione, senza etica.
Daryl Hannah le concede il suo giunonico fisico, una benda sull'occhio
destro le dà un tocco, se possibile, di maggior cattiveria.
Sarà lei a scontare la peggiore delle pene inflitte dalla
Sposa, che finirà il lavoro iniziato tempo prima dal
suo maestro Pai Mei. Lo scontro tra le titaniche bionde, rese
ancora più grandi dalla ristrettezza del campo di combattimento
(la roulotte del defunto Budd, fratello di Bill) è il
tipico esempio di catfight: le due donne si guardano, si girano
intorno, si giurano eterno odio e si colpiscono con cieca ferocia,
distruggendo il micromondo che le circonda. Il micromondo di
Budd, appunto, il capo delle Vipere Mortali. Ora è un
uomo solo che vive in una roulotte in mezzo al niente, che lavora
in un misero night attaccato alla bottiglia, che si fa licenziare,
si lascia dire dal suo capo che è inutile quanto "…un
buco di culo sul gomito" e stura i cessi intasati del My
Oh My. Un uomo disilluso. Un uomo che dice di aver venduto la
sua preziosissima katana fatta da Hattori Hanzo per $ 250 perché
a El Paso, Texas, tutto ha un valore. L'unico a rendersi conto
che Lei merita la sua vendetta e Loro meritano di morire. E
dopo molte peripezie, andrà a finire proprio così.
Cadono tutti, ad uno ad uno. Vernita Green, O-Ren Ishii, gli
88 Folli e Go Go Yubari, Elle Driver (non cade ma rimane "mutilata"
per sempre), lo stesso Budd. E Bill. Bill. Kill Bill. Soffermatevi
per un attimo su questa meravigliosa allitterazione. Chi è
Bill? Quando Lei gli domanda come ha fatto a trovarla lui risponde
"I'm the Man". Io sono io, nella traduzione italiana.
Nel sottotesto possiamo trovare molti significati. Bill potrebbe
intendere "Io sono il Killer più letale del mondo",
oppure "Io sono l'uomo più innamorato del mondo,
se sono qui, adesso" o ancora "Io sono il padre della
creatura che porti in grembo e che tu hai portato via da me".
Eppure dice "I'm the Man" che potrebbe voler dire
tutte queste cose come niente. Un killer di nome Bill. Un uomo
di nome Bill. Un innamorato di nome Bill. Un padre di nome Bill.
Probabilmente Shakespeare avrebbe voluto immaginare un personaggio
così completo. Bill è un Killer infallibile che
diventa un Uomo normale davanti alla donna di cui è Innamorato
scegliendo di morire per salvare la vita futura della bimba
di cui è Padre. Q costruisce una trama complessa per
il personaggio intorno a cui ruota tutto questo meraviglioso
secondo episodio. Sarebbe una persona detestabile se la incontrassi
nella vita di tutti i giorni. Sarebbe il vicino che non ti saluta
o quello che ti passa davanti nella coda. Poi te lo ritrovi
a giocare al Killer immortale con un'adorabile cucciola di nome
B.B., o sorridente solo quando sta con lei, la sua amata Beatrix.
In un attimo ti accorgi di essere rimasto affascinato dal suo
magnetismo, dalla chiarezza di quello che dice e da come lo
dice. Addirittura lo si adora nel complesso paragone tra Black
Mamba e Superman, Beatrix e Clark Kent. Non importa che abbia
compiuto un gesto ignobile "…in effetti ho esagerato".
Lo ammette e sa che il suo chiedere scusa rappresenterà
la fine per Lui e l'inizio di una nuova vita per Lei. Lo sa
e lo accetta. Con cinque teatralissimi passi va incontro alla
sua splendida morte. Cosa è più masochista? (tentare
di) Ammazzare la donna che si ama e la figlia che porta in grembo
o lasciarsi uccidere una volta riunita la famiglia (per quell'etica
di cui sopra)? Ad ognuno la propria risposta. Resta un film
fatto di tanti personaggi e delle loro intrecciate e incredibili
storie, di sottogeneri omaggiati, di citazioni, di bravi attori
completamente immersi nella parte. Di un'immensa regia che ha
saputo miscelare ogni singolo fotogramma, ora con ironia ora
con inquietudine. Tarantino ha saputo sublimare il feticcio
rendendolo opera d'arte. La cura maniacale con cui è
girata ogni scena rendono l'opera Kill Bill un'imperdibile capolavoro
pop - estetico da cui sarà difficile prescindere, nelle
videoteche, nelle Università e nelle scuole di cinema
del 2050.
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