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Anno
2012
Genere
commedia
In
scena
fino al 2 giugno
Teatro Argentina | Roma
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Autore |
Eduardo
De Filippo |
Regia |
Toni
Servillo |
Scene |
Lino
Fiorito |
Costumi |
Ortensia
De Francesco |
Luci |
Cesare
Accetta |
Interpreti |
Betti
Pedrazzi, Chiara Baffi, Marcello Romolo, Lucia Mandarini,
Gigio Morra, Peppe Servillo, Toni Servillo, Antonello
Cossia, Vincenzo Nemolato |
Produzione |
Piccolo
Teatro di Milano-Teatro d'Europa, Teatro di Roma, Teatri
Uniti in collaborazione con Théâtre du
Gymnase, Marseille |
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Quando
si pensa al teatro inteso come spazio fisico, lo si immagina
colmo di spettatori dalla prima all’ultima fila e fino
all’ultimo palco. E quando si pensa al teatro inteso come
arte, come magia che si crea su un palcoscenico, lo si immagina
proprio come “Le voci di
dentro” scritto dal grande Eduardo De
Filippo e diretto da Toni Servillo.
Una regia al servizio del testo e degli attori: pulita, minimal,
discreta. Servillo guida una grande compagnia di attori, tra
i quali c’è anche il fratello Peppe, lavorando
sull’amato Eduardo e su una riduzione che è un
meccanismo perfetto. Il cuore, il senso intrinseco di questa
commedia sospesa fra sogno e realtà, risiede nella cattiva
coscienza dei personaggi, quindi dello stesso pubblico. E questa
cattiva coscienza viene fuori dal sogno fatto dal protagonista
Alberto Saporito (Toni Servillo), di un assassinio. Tale visione
onirica però perde i suoi confini: l’autore del
sogno si convince che l’omicidio sia stato realmente commesso
dalla famiglia dei vicini di casa, i Cimmaruta. Da qui sospetti
e delazioni che portano a una vera e propria «atomizzazione
della coscienza sporca» di cui Alberto Saporito si sente
testimone e, al tempo stesso, complice, perché incapace
di far nulla per redimersi.
Una commedia che, seppure scritta sulle macerie della Seconda
guerra mondiale, mostra grande attualità perché
centrata sulla caduta di valori. Nessuno è innocente.
Al termine il protagonista stesso dichiara: «Siete tutti
assassini e anch’io non sfuggo a questa disumanità.
Un assassinio lo avete messo nelle cose normali di tutti i giorni».
Su una scena semplice, in cui domina il bianco, ci sono pochi
elementi tutti funzionali al racconto, illuminati per definire
gli ambienti posti su una pedana obliqua. Un teatro popolare,
anche nella messinscena, che si concretizza nel sonno finale
di Carlo Saporito, il fratello, che cerca in tutti i modi di
sfruttare la situazione surreale a suo vantaggio.
A dieci anni di distanza
dal successo di “Sabato domenica e lunedì”,
quella di Servillo è una scommessa vinta e, soprattutto,
un’attesa non delusa.
[patrizia vitrugno]
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