Nella
bottega d'antiquario di Santippe c'è di tutto:
dalla brocca di Micene all'Ercolino di Fidia. Tutti
pezzi unici, rari e "selezionati" dalla
scaltra mano di Socrate. Donna d'affari lungimirante
e dalla favella sciolta, Santippe è la vedova
del filosofo condannato a morte perché accusato
di corruzione nei confronti dei giovani. "La
vedova Socrate" è un ritratto esilarante
e pungente della donna che conobbe l'uomo Socrate,
che dormì e mangiò con lui. E nella
figura di Santippe c'è molto dell'arte di Franca
Valeri - che con questo testo ha vinto il premio "Eti
Gli Olimpici del Teatro 2003" per il miglior
monologo -, del suo mestiere e della sua scrittura
che ha trasformato una donna disprezzata dagli storici
in una divertente eroina di teatro. Di Socrate ci
racconta i retroscena familiari: un uomo dalla mano
lesta che, con la sua oratoria, ammaliava gli ascoltatori
e "distrattamente" si appropriava degli
oggetti che poi Santippe vendeva nella bottega; un
uomo pigro, sporco, affascinato dai fumi dell'alcol,
al quale piaceva intrattenersi coi giovinetti, solo
per dialogare, s'intende. "Perché una
moglie lo saprà pure se il proprio marito è
gay!".
Santippe
è una vedova consolabilissima, con una riccia
chioma verticale di un biondo luccicante, così
come le scarpe dorate con zeppa che indossa con nonchalance
e che si abbinano ai bracciali scintillanti che fanno
un po' drag queen. Unico segno di lutto, un abito
nero quasi a sfiorarle i piedi.
Nel
seguire i ricordi della vita matrimoniale, Santippe
racconta la sua versione dei fatti sul suicidio del
marito, condannato a bere la cicuta. Santippe parla
a ruota libera e ne ha per tutti. Primo della lista
è Platone, ma ce n'è anche per Aristofane,
quello delle commedie e poi Dionigi, il tiranno e
ancora Saffo, poetessa donnaiola. Santippe non piange
per la morte di Socrate, perché del resto "cosa
manca a una vedova ? Una faccia sul cuscino".
Giusto quello "perché per il resto è
una pace assoluta!". [viola
d'alconzo]