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Anno
2011
Genere
comico
In
scena
fino all'8 gennaio
Teatro Olimpico, Roma
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Autore |
Lillo
& Greg |
Regia |
Mauro
Mandolini |
Scene |
Giamapolo
Fedeli
Marco Papalia |
Costumi |
Mara
e Marina |
Luci |
Idea
Music Service |
Musica |
Claudio Greg Gregori
Attilio Di Giovanni |
Interpreti |
Lillo
& Greg,
Francesca Cenci,
Danilo De Santis,
Vania Bella Bidia,
Marco Fiorini |
Produzione |
AB
Management e LSD |
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Inizio
scoppiettante. Lillo, in pigiama e pantofole, si lamenta della
moglie che gira per casa in vestaglia. Ritroviamo subito quell’umorismo
paradossale, grottesco, caciarone, sferzante, quella comicità
pura, dettata dal quotidiano e sul quotidiano intessuta, che
ha fatto della trasmissione radiofonica “610” un
appuntamento imperdibile per chiunque voglia ridere senza il
terribile ricatto della satira politica.
Viste le premesse, non si vede l’ora di ‘entrare
in argomento’. “L’uomo
che non capiva troppo” è per l’appunto
uno sceneggiato all’interno di “610” e più
precisamente una sorta di spy story dove il protagonista non
riesce a comprendere (o meglio a decriptare) la lingua con cui
gli vengono date delle informazioni per tirarsi fuori dai pasticci
in cui si è ritrovato, suo malgrado. Difficoltà
di comunicazione, imbarbarimento del linguaggio o soltanto immedesimazione
(quante volte partecipiamo a una discussione e non capiamo ciò
che viene detto, oppure dovendo esprimere stati emotivi imbarazzanti,
biascichiamo versi incomprensibili invece di spiccicare fonemi
intellegibili?), rendono questi due minuti un vero spasso.
Due minuti: uno sketch non può durare di più.
Al terzo già diventerebbe faticoso seguirlo, al quarto
non farebbe più ridere. Al quinto spegneresti la radio.
E così, nel momento esatto in cui, dopo le schermaglie
iniziali, la storia (se così si può chiamare un’accozzaglia
di situazioni non congruenti) prende corpo, lo spettacolo crolla
verticalmente. Si potrebbe abbandonare il teatro, se ciò
non recasse disturbo al prossimo (scegliere sempre poltrone
laterali…). È purtroppo vizio comune del teatro
(e del cinema) comico contemporaneo: vivere di una trovata e
dilatarla fino a trasformarla in un contenitore di battute.
Ma alla fine il contenitore si strappa e le battute volano via
senza che nessuno possa raccoglierle. A nulla serve il tentativo,
seppur ingegnoso, di dare senso o perlomeno smalto, al vuoto.
Nello specifico: echi di “James Bond” (il plot),
spruzzi di “Matrix” (la scenografia), sentori di
fumetto (la regia), vagiti multimediali ( i filmati), due gocce
di trash (le attrici in mutande), una fettina di kitsch (il
finale) e una bella tirata contro la musica commerciale (la
morale).
In una parola uno spettacolo pretenzioso. In due parole uno
spettacolo pretenzioso e inutile. In tre parole uno spettacolo
pretenzioso, inutile salvato dalla vis comica di Lillo, unico
tra gli attori a reggere la scena (e il testo).
[paolo zagari]
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