“Dopotutto
potrebbe essere vero che i miei racconti siano scritti
per scherzare, anche se è possibile che questo
scopo sia rimasto ignoto in parte anche a me”.
Edgar Allan Poe
“Mi
hanno chiamato folle; ma non è ancora chiaro
se la follia sia o meno il grado più elevato
dell'intelletto, se la maggior parte di ciò
che è glorioso, se tutto ciò che è
profondo non nasca da una malattia della mente, da
stati di esaltazione della mente a spese dell'intelletto
in generale”. Da Eleonora, 1841.
Così troviamo Edgar Allan Poe il 6 ottobre
1849, rinchiuso in un ospedale di Baltimora all’alba
della sua ultima notte di vita. Verrà ritrovato
morto alle cinque del mattino successivo. Una notte
piena di rimpianti e d’incubi è quella
immaginata da Biagio Proietti, autore nonché
regista dello spettacolo: in queste ore Poe - un convincente
Luca Milesi in un ruolo assolutamente non facile e
sulle cui spalle si sostiene tutto il “peso”
dello spettacolo -, viene visitato dai fantasmi del
passato e dalle creature fantastiche da lui partorite,
protagonisti delle sue storie e trattati come figli
amati ed odiati, cercati e respinti, in un flusso
continuo ed angoscioso che lo conduce al delirio,
fisico e mentale.
Racconti della vita del poeta, dall’esperienza
nell’esercito alla moglie morta di tubercolosi,
si mescolano con evocazioni tratte dalle sue opere
(Hop-Frog. Manoscritto trovato
in una bottiglia, La verità sul caso di Mr.
Valdemar, Il pozzo ed il pendolo, La maschera della
morte rossa), come gli incontri nello spazio
fisico e nella sua mente si mescolano con alcuni dei
personaggi da lui creati (Morella,
Berenice).
Un patchwork di vita, opere, poetica, incubi che vanno
a comporre lentamente sotto i nostri occhi il ritratto
di un uomo ‘bigger than life’ come direbbero
a Hollywood, attraverso un fiume di parole ed un lavoro
sulla prossemica degli oggetti che appaiono confusamente
gettati a caso sul palcoscenico nudo e oscuro, come
un quadro di Magritte, con il quale condivideva la
medesima rappresentazione del reale: mai interpretato,
sempre mostrato nel suo ‘mistero indefinibile’.
[fabio melandri]