E’
brava Francesca Reggiani. Porta il ritmo e la spontaneità
della televisione in teatro con sapienza e moderazione.
Politica, costumi sociali, imitazioni dei personaggi
famosi - esilarante quella di Patty Pravo - collegamenti
televisivi, che ricordano le trasmissioni di Serena
Dandini “Avanzi” e “Tunnel”
e forse un po’ Sabina Guzzanti, ma con più
leggerezza. La Reggiani riabilita i programmi televisivi
della De Filippi definendoli “educativi”,
perché vedendoli i vecchi sperano di morire
presto per non vedere più i tronisti e i giovani
notano come si diventa ignoranti a non studiare. L’universo
femminile viene analizzato con minuzia: il tempo che
passa, la velina, la ragazza russa che passa l’aspirapolvere
con in reggicalze, che non urla ed è sempre…
“aperte”, che insegna alla donna italiana
come tenersi un uomo dopo “sessanta anni di
matrimonio”. Un marito italiano che ha la polvere
sulla canottiera, tanto “polvere siamo e polvere
torneremo”. Separazioni, donne di 45 anni che
come grappoli rincorrono l’uomo giusto - al
posto giusto - nel momento giusto, perché l’autonomia
è bella, ma c’è anche tanta solitudine.
I temi vengono attraversati con leggerezza da una
mattatrice che non esagera mai i toni, a volte strizza
l’occhio alla battuta facile, conversa amabilmente
con il pubblico, richiama tutti ad un senso civico
fantasma, evocando la responsabilità individuale
dell’italiano medio, ossessionato dall’abusivismo
edilizio che trasforma “una lettiera del gatto
in un bed&breakfast a tre piani”. E soprattutto
la Reggiani si affida ad un testo ben scritto, ad
una regia lieve, evitando così l’errore
di molti comici, di ripetere a teatro gli sketch televisivi.
Sane risate, battute che si ricordano e che fanno
riflettere.
Uno spettacolo godibilissimo.
[deborah ferrucci]