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Anno
2013
Genere
dramma
In
scena
fino al 24 marzo
Teatro Argentina | Roma
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Autore |
Luigi
Pirandello |
Adattamento/Traduzione |
Gabriele
Lavia |
Regia |
Gabriele
Lavia |
Scene |
Alessandro
Camera |
Costumi |
Andrea
Viotti |
Luci |
Giovanni
Santolamazza |
Musica |
Giordano Corapi |
Interpreti |
Gabriele
Lavia, Giovanna Guida, Riccardo Monitillo |
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Dopo
l'allestimento di “Tutto
per bene”, presentato lo scorso gennaio
al teatro Argentina Gabriele Lavia torna a misurarsi con Luigi
Pirandello, questa volta con una novella poco conosciuta “La
trappola” del 1912, già rappresentata
in anteprima a Roma lo scorso maggio durante la rassegna dei
Teatri di Cintura.
Il testo narra del dramma di un uomo che si rapporta con le
grandi "trappole" della vita: l'amore, la vecchiaia
e la morte. La pièce inizia con le riflessioni di Fabrizio,
il protagonista, chiuso in casa, incastrato tra libri e vecchi
ricordi, in compagnia di un vecchio padre che, prossimo alla
morte, non fa altro che piangere. L'uomo riflette sul senso
della vita, sul buio e la luce, su quella sottile speranza che
ci tiene attaccati all'esistenza e che alla fine non svela altro
che il triste epilogo della fine. La morte è l'unica
nostra certezza. La riflessione si fa ampia, si citano filosofi
quali Nietzche e Schopenauer, che hanno restituito riflessioni
profonde sul male di vivere. Anche la donna rappresenta uno
strumento negativo, che attira l'uomo spingendolo a riprodursi
e a generare altri infelici, destinati a loro volta a morire:
«Io odio tutte le femmine!», ripete a se stesso
in modo ossessivo il protagonista, come se con quest'atto riuscisse
ad esorcizzare il loro potere seduttivo.
La filosofia pirandelliana esplode
e si esprime nei toni più estremi senza dare soluzioni.
Lavia, che cura anche l'adattamento del testo, oltre che esserne
il regista e l'interprete principale, vince la sfida dell'autore
dando un taglio quasi beckettiano al lavoro, riuscendo a creare
momenti di forte ironia e di grande azione teatrale, nonostante
la difficoltà che della struttura sintattica pirandelliana,
con le parti filosofiche ricche di incisi e rimandi. La sfida
è vinta in modo elegante e soprattutto con una scelta
registica ben precisa che definisce la novella con un deciso
finale. Il pubblico gradisce, sorride e applaude, nonostante
l'amara riflessione sulla morte che porta con sé a
fine spettacolo. [annalisa
picconi]
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