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Anno
2012
Genere
drammatico
In
scena
fino al 28 ottobre
Teatro Dell'Angelo | Roma
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Autore |
Giuseppe
Manfridi |
Regia |
Giancarlo
Fares |
Scene |
Red
Bodò |
Costumi |
Red
Bodò |
Interpreti |
Debora
Caprioglio, Antonello Avallone |
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Il
disamore (più dell’amore), è un tema ricorrente
nella letteratura, in teatro e nelle canzoni. Un disamore datato
10 anni, come quello tra Sandro (Antonello Avallone) e Maria
(Debora Caprioglio) nello spettacolo “Ti
amo, Maria!”, cos’ha da dire? Viene
in mente l’aggettivo “sfilacciato”: si pensa
ad una trama, che non può esserci senza la stoffa. Il
ricordo del ricordo non è la fine di una passione. È
il rapporto nevrotico di dipendenza tra due persone che giocano
al gatto e al topo, nemmeno alla vittima e al carnefice, dove
invece esiste ancora dell’intensità. Mancano i
sentimenti, persi in quei dieci anni di lontananza, c’è
rabbia razionale, soprattutto da parte di Sandro, il sedotto
e abbandonato. Lei, Maria, è l’oggetto d’amore
mancato, gattina che gioca in difesa da un’ossessione
incomprensibile, un uomo che vedeva solo lei. Debora Caprioglio
cura l’interpretazione di Maria in modo naturalmente seducente,
ma senza la voce dell’attrice di teatro; Antonello Avallone
gioca in casa, conosce tutti i gesti giusti dell’attore
di mestiere.
Il testo lascia a tratti perplessi, è difficile anche
attribuirgli un genere, sembra girare in cerca di un senso,
si perde a volte nei dialoghi. La difficoltà è
nel tema, non c’è nulla da aggiungere ad un amore
finito che non ha lasciato un segno, un frutto, a parte una
“magnifica ossessione” per parafrasare il titolo
dell’ultimo film di Ozpetek.
Disamore+solitudine=ossessione.
È un’operazione matematica che torna spesso nei
rapporti amorosi di oggi, forse perché, come dice il
filosofo Umberto Galimberti nel libro “Le cose dell’amore”,
nell’epoca della tecnica l’essere umano può
ritrovare se stesso solo nell’amore; se questo viene
a mancare è come perdere tutto, si rischia di impazzire.
La passione è quindi un gioco d’azzardo per giocatori
esperti. Si assiste allo spettacolo basiti, diretti verso
un finale inevitabile, cronaca di una fine annunciata, senza
provare il minimo sentimento, senza partecipazione. Anche
perché tra Maria e Sandro forse l’amore non c’è
mai stato, la corrispondenza neppure, lui voleva darle dolcezza
e lei non la voleva. Forse si erano incontrati due ologrammi,
non due persone reali. L’amore è per i coraggiosi,
amorevoli, generosi. Quindi altrove. L’essenza dello
spettacolo “Ti amo, Maria!” risiede nella scenografia
di Red Bodò: marmo funereo del corridoio condominiale
e quelle porte chiuse… All’amore.
[deborah ferrucci]
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