Due
amici, due testimoni casuali di un omicidio consumatosi
all'interno della malavita organizzata, decidono di
riconoscere e denunciare gli assassini e di testimoniare
contro di loro al processo. Vivono quindi isolati
in una sorta di bunker, studiando la loro nuova identità
all'interno del programma protezione testimoni. Da
uomini liberi, diventano due reclusi, due braccati
costretti ad abbandonare la propria identità
per indossarne una nuova.
Lo spunto sociale dà il via ad una serie di
riflessioni tra il comico e l'amaro che portano alla
nascita di domande personali, che costringono i due
a riflessioni etiche e morali sul loro passato ma
soprattutto sul loro incerto futuro.
“Testimoni”
di Angelo Longoni, già regista per televisione,
cinema e teatro, è una commedia paradossale
con un finale straniante, da incubo metropolitano.
Un gioco psicologico a tre, tra i due testimoni, Giampiero
Ingrassia con una recitazione un po' troppo sopra
le righe e Cesare Bocci posato in modo dosato ed il
poliziotto a dir poco ingessato Giovanni Vettorazzo,
che si dilunga a lungo in disquisizioni di cui è
facile perdere il filo.
Ne esce uno spettacolo straniante, intermittente,
indecifrabile che vive di lampi improvvisi e che convince
solo a tratti nei suoi repentini passaggi dal comico
al tragico, dal burlesco al riflessivo, dalla leggerezza
all'introspezione psicologica. Opposizioni e scontri
incapaci di far decollare uno spettacolo ambizioso
e difficile.
[fabio melandri]