È
un evento straordinario quando a teatro il tempo vola.
E se l’opera messa in scena non lo lascerebbe
nemmeno presagire, allora è certo che l’impianto
generale dello spettacolo funziona.
“Il teatrante”
di Thomas Bernhard è una bella scommessa non
solo per la portata critico-grottesca del testo, ma
anche per la struttura generale a monologo, che vede
il suo protagonista (Bruscon) quale fulcro indiscusso
della pièce. La regia e l’interpretazione
di Franco Branciaroli rendono onore all’opera
del romanziere e darammaturgo austriaco, seguendo
la lunga riflessione sul Teatro e sul suo rapporto
con la società attraverso la Memoria che ne
è l’elemento fondamentale. In un oscuro
teatro di provincia, un attore-autore di origine italiana
frustrato e megalomane si trova alle prese con uno
spettacolo impossibile, stretto tra la propria ambizione
- che gli fa scrivere testi deliranti e respingenti
- e le necessità della compagnia, composta
dalla sua stessa famiglia, più impegnata a
sbarcare il lunario che a dare dignità al proprio
lavoro. Tra invettive e paradossi sulla vita e sulla
morte, sulla società e sulla felicità,
il vecchio attore vedrà ancora una volta frustrato
il tentativo di portare in scena “La ruota della
storia”, testo pretenzioso e non compreso. L’attitudine
al realismo (in questo caso estremo e caustico) di
Branciaroli valorizza tanto il cinismo e il fastidio
quanto l’umanità e l’illusione
del personaggio, in un’ironica prova d’attore
capace di far ridere a crepapelle delle idiosincrasie
della categoria, sbeffeggiandone senza ritegno la
più triviale quotidianità. Accanto a
lui, gli altri interpreti (più silenziosi ma
per nulla marginali) vivificano attoniti la scena
caratterizzando ciascuno il proprio ruolo in maniera
efficace.
Bella
e particolarmente curata la scenografia (slancita
verso l’alto) nella resa della bettola anacronistica
in cui la compagnia deve recitare; interessante il
contrasto tra i costumi sdruciti e demodè degli
abitanti del posto e quelli più conformi al
“ruolo” dei componeti della famiglia.
Equilibrate le luci, soffuse e con effetti ben utilizzati
sul finale. Un ‘teatro nel teatro’ contemporaneo
spietato nelle sue stoccate, che proprio per la spiazzante
impudenza si riconosce ancora - volente o nolente
- quale arte collante tra reale e ideale.
[benedetta corà]