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Autore:
Gianni
Clementi |
Traduzione:
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Regia:
Roberto
Valerio |
Scene:
Massimo Bellando Randone |
Costumi:
Laura Rhi-Sausi |
Luci:
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Musica:
Marcello Cotugno |
Produzione:
Teatro Stabile di Firenze, Tauma |
Interpreti:
Federica
Bern, Cloris Brosca, Maurizio Castè, Giovanni
Costantino, Ilario Crudetti, Elisabetta Piccolomini,
Roberto Valerio |
Anno
di produzione: 2010 |
Genere:
commedia |
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Sogni,
illusioni e delusioni di una famiglia romana matriarcale
di periferia degli anni '60. Atmosfere da "Peppone
e Don Camillo", "Roma città aperta"
e "Onorevole Angelina". Ovvero l'avvento
dell'ideologia comunista in Italia, la chiesa come
mentore per ottenere un posto di lavoro, una periferia
romana fatta di innocenti cialtroni, che lottano per
sopravvivere. Scarpe troppo strette e abiti troppo
grandi per la messinscena dell'agenzia di pompe funebri:
"impresa" a gestione familiare, bare sul
tavolo della cucina insieme a lapidi, pasti frugali,
grembiuli e scialli di lana, ciabatte, battute colorite.
Lo spettatore viene gettato in questo interno romano
senza presentazioni, con dialoghi concitati e apparentemente
confusi. All'improvviso la trama si chiarisce, ogni
personaggio racconta la sua storia. Lucia (Cloris
Brosca), capofamiglia, chioccia combattiva e risoluta,
perno della famiglia; Edda (Federica Bern), la figlia
che sogna di fare l'attrice in un film americano;
il figlio carabiniere, anima semplice e buffona; il
figlio imprenditore, che cerca di avviare un'attività
di pompe funebri; Tito, ribelle e comunista; il proprietario
delle pompe funebri che cerca di accasarsi in tarda
età; infine, la zia svampita (l'ottima Elisabetta
Piccolomini), che passa le giornate pregando e baciando
la foto del defunto marito.
Vita e morte danzano nella modesta cucina, in un periodo
in cui tutto cambia nella società, dalla speranza
di un futuro migliore al consumismo che fa capolino
con l'arrivo della televisione, carosello, la prima
500, tutti i miti del boom economico degli anni '60,
e con essi anche le prime delusioni di quel sogno
che non era riservato a tutti, con il tragico epilogo
di "passioni che muoiono e non tornano più".
Testo vero, intenso, forse all'inizio dialoghi troppo
lunghi, che disorientano lo spettatore; attori convincenti,
regia serrata, nervosa, che si rilassa solo nella
lentezza surreale della Zia Assunta, che regala attimi
di emozione e una Roma da rimpiangere. [deborah
ferrucci]
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