In attesa della
nuova messa in scena di “Non
ti pago” di Edoardo De Filippo,
La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo propone
la commedia scritta nel 1937 da Eduardo “Sogno
di una notte di mezza sbornia”,
rielaborazione della commedia “La
fortuna si diverte” di Athos
Setti. Il Sogno è considerata da Eduardo una
sorta di prologo della fortunatissima “Non ti
pago”: anche qui si parla di sogni, vincite
al lotto, superstizioni e credenze popolari di un'umanità
dolente, che per sopravvivere ad un presente fatto
di ombre pensa, sogna e progetta un futuro migliore.
A Pasquale Grifone, povero
facchino, piace bere e quando lo fa sogni premonitori
si fanno largo sotto le vesti di Dante Alighieri,
di cui tiene un busto in gesso in casa. Attorno all’elemento
scenico sono costruite le scenografie curate da Bruno
Buonincontri che ci precipita in una Napoli edoardiana,
fatta di suoni, sapori, colori, atmosfere rese sul
palco dalla musicalità del napoletano italianizzato
di Eduardo.
Il Poeta suggerisce a Pasquale
quattro numeri da giocare al Lotto: se da una parte
gli renderanno la vita come «quella più
volte sognata», allo stesso tempo segneranno
la sua fine, visto che corrispondono a data e ora
della sua morte. La vincita al Lotto porta nella Famiglia
Grifone una grossa somma di denaro e l’adattamento
al benessere sarà veloce, ma non senza un pizzico
di cafonaggio da cui trae spunto la comicità
dell'opera. Cafonaggio attualissimo se comparato al
Cafonal dilagante di questi anni da Grande Bellezza.
A contrastare la felicità familiare c’è
la preoccupazione crescente e quasi disperata del
povero Pasquale nell'approssimarsi alla fatal data,
a cui la famiglia reagisce con scherno e goliardia,
forse solo apparente...
“Sogno
di una notte di mezza sbornia”
permette a Eduardo di indagare diversi linguaggi e
ritmi teatrali, passando con la recitazione corale
che ben amalgama personaggi e situazioni dalla comicità
al grottesco, fino alla farsa. Tutti elementi che
in seguito distillerà nella sua drammaturgia,
con diverse e svariate sfumature.
Lo spettacolo parte veloce
e a gran ritmo, catturando l'attenzione con la messa
in scena dei diversi componenti della famiglia Grifone
e dello snodo drammaturgico. È la parte centrale
che convince meno, mancando di quell'asciuttezza di
racconto apprezzata in altre opere del Nostro, per
poi risollevarsi nella costruzione del finale a sorpresa,
fatta di leggerezza e divertissment. A sipario calato
applausi scroscianti che avvolgono la compagnia tutta,
con un pensiero particolare a Luca De Filippo, reduce
da un delicato intervento che ce lo riconsegna un
poco affaticato, ma con un'espressività a dir
poco familiare.
[fabio melandri]