|
|
Autore |
Virginia
Woolf |
Adattamento/Traduzione |
Riccardo
Cavallo |
Regia |
Riccardo
Cavallo |
Scene |
Stefano
Massai |
Costumi |
Claudia
Balboni |
Luci |
Annalisa
Biancofiore |
Interpreti |
Claudia
Balboni, Nicola D’Eramo, Martino Duane, Cinzia
Villari, Giulia Adami, Elisa Pavolini |
Produzione |
Associazione
Culturale l’Ippogrifo |
|
Avvio
silenzioso, come se si fosse in attesa delle parole della scrittrice
inglese Virginia Woolf, musa ispiratrice dello spettacolo "la
Signora Dalloway e altri racconti". Adattare
un romanzo a teatro è sempre un’impresa da naviganti
esperti e ardimentosi: con coraggio si abbandona la sicurezza
del testo, le descrizioni dell’animo umano così
pregnanti, evocatrici di altri mondi e dimensioni, per rispondere
ad un linguaggio e a un pubblico completamente diversi. È
comune che un drammaturgo, o un regista teatrale, si lasci ammaliare
dalle parole e decida di trattenerle nella realizzazione scenica.
Non funziona.
Funziona invece l’idea di mostrare come la parola, letta
da due ignare cameriere, prenda vita, facendo materializzare
i personaggi. Interessante vedere come le fantasie suscitate
diventino realtà, un po’ come "Sei personaggi
in cerca d’autore" di Pirandello. Eppure... C'è
un ma. Il regista deve fare delle scelte drastiche, separare
nettamente i momenti di lettura: nel caso specifico affidarlo
esclusivamente alle cameriere e lasciare ai personaggi i dialoghi.
In questo spettacolo gli attori prima leggono il personaggio,
poi lo interpretano. Il risultato è che spesso il pubblico
si confonde e non sa più chi parli: gli interpreti non
marcano la differenza (scelta registica?) e allungano l’intensità
dell’interpretazione. Perdendola. Sul palcoscenico l’attore
fa, non dice quello che intende.
Pur essendo un cast composto da ottimi professionisti, ispirati,
fluidi e senza forzature intellettuali, tra tutti emerge la
cameriera Nellie: precisa, puntuale, movimenti lenti, movenze
da manichino, una maschera. Attrice nel miglior senso del termine.
La sua forza risiede, oltre che nelle doti personali, nella
chiara definizione del ruolo: è teatrale, sottolinea
con i gesti i momenti salienti del testo che legge, ascolta
le richieste della signora Woolf. Per dirla alla Stanislawsly,
vive il palcoscenico. E il pubblico le crede, la ascolta, aspetta
le sue mosse. Minore rispetto per il testo e scelte registiche
più personali, renderebbero questo spettacolo godibile.
[deborah ferrucci]
|