Dal
fantastico mondo de “Lo
Schiaccianoci”, romantica fiaba
ottocentesca di E. T. W. Hoffmann, arriva sul palco
del Teatro Parioli, una nuova versione. L’orchestra
NuovaKlassica diretta da Carlo Stoppoloni, composta
da 45 elementi, suona le sinfonie di P. Tchaikovsky,
alternandole al racconto di Angela Di Sante. Sulla scena
le seggiole vuote e i leggii aperti richiamano la presenza
di musicisti che, uno ad uno, con i propri strumenti,
compaiono. Iniziano i legni, poi gli archi fino ad arrivare
alla celesta, particolarissimo strumento a tastiera
che Tchaikovsky utilizzò nel 1892 per creare
le incantate note della “Danza della Fata Confetto”.
Dopo la presentazione dell’orchestra,
il racconto può avere inizio. È la notte
di Natale e Clara sta allestendo l’albero con
il fratellino. Eccitata per la festa, ha ricevuto
dallo zio uno strano giocattolo: un pupazzo dalle
sembianze umane, che in passato era stato un principe
ma dopo il maleficio del re dei topi si è tramutato
in uno schiaccianoci. Le tematiche irreali si susseguono,
seguendo la forma argentina dei passaggi musicali;
le note evocative richiamano l’atmosfera magica,
i giocattoli prendono vita, ognuno ha una sua provenienza
e sinfonia. La Di Sante si traveste da Clara, da marionetta,
da matriosca e da Fata Confetto. Ogni cambio d’abito
è un personaggio della storia e un motivo musicale
specifico: una bambola spagnola dalla gonna larga
e dallo scialle rosso porpora, una odalisca dalle
movenze sensuali o una damina di fine Settecento.
Eppure
la Di Sante fa trapelare poca attenzione alla parte
parlata, nonostante la volontà di creare un
parallelo fra musica e teatro. Le parole spesso non
articolate e le frasi improvvisate, fanno perdere
l’atmosfera incantevole dell’opera. Si
salva la musica: l’orchestra, anche se poco
numerosa, ben esegue i pezzi, con qualche fuori tempo
accettabile e un bis finale. Quello che non si è
raggiunto è l’idea originale; se l’intento
era di raccontare “Lo Schiaccianoci” di
Tchaikoscvki a teatro, ammaliando il pubblico in una
dimensione fiabesca, con intervalli musicali e storia,
secondo le regole che il palcoscenico pretende, il
risultato non è stato ottenuto. Lo spettatore
non si appassiona, ricade nel reale per via degli
intoppi narrativi, delle luci accese e dell’inesperienza.
Ci si riaddolcisce solo al suono soave degli archi,
alla meraviglia del “Valzer dei Fiori”,
al prodigio di Tchaikoscvki e alla fantasia di questa
fiaba infantile e spettrale. [serena
giorgi]
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intervista
a ernesto celani |