Tornano I Legnanesi,
gruppo teatrale lombardo fondato da Felice Musazzi
nel 1949, con “La
scala è mobile”, testo
dello stesso Musazzi che lo mise in scena nel 1986.
Rivisitata e aggiornata da Antonio Provasio (qui anche
regista) con un linguaggio più accessibile
con la commistione di dialetto legnanese e italiano,
la commedia come da tradizione presenta la vita della
famiglia Colombo: la Teresa, la Mabilia e il Giovanni,
alle prese con la morsa della crisi economica.
Nel mitico Cortile la famiglia
è al completo; con i vicini di casa è
in procinto di partire per New York, per inseguire
il sogno americano e dare una svolta alla miseria.
Un viaggio rocambolesco che inizia con gag legate
alle operazioni aeroportuali (check-in, boarding pass
e scale mobili) e che impedisce ad alcuni di loro
di raggiungere la meta agognata.
La Mabilia giunge
a New York e qui si esibisce omaggiando i musical
americani (da “New York New York” a “Hello
Dolly”) e la nostra tradizione musicale con
“Volare” di Domenico Modugno. Un’occasione
per irrompere con scene coloratissime e sfoggiare
sfarzosi costumi con tanto di lustrini, paillettes
e piume di struzzo disegnati da Enrico Dalceri autore
anche delle musiche. A corredo le performance vocali
e di ballo di dieci “boys”. Il sogno ha
breve durata e tutti tornano in Patria, più
squattrinati di prima e per di più costretti
ad affrontare l’esaurimento nervoso di Mabilia
che, in crisi d’identità (si crede Liz
Taylor), viene ricoverata in un ospedale psichiatrico
per ritrovare la memoria. Dimessa si ritrova con gli
altri nel Cortile, con i soliti problemi di “pover
christ”.
Un raro, e forse
unico, esempio di “teatro di rivista”
all'italiana, che fa leva su una comicità semplice
e mai volgare, su vicende di persone comuni alle prese
con problemi quotidiani, in equilibrio fra passato
e attualità. Innegabile la bravura dei protagonisti,
maschere della commedia dell’arte legnanese:
Antonio Provasio (la Teresa), Luigi Campisi (il Giovanni)
e Enrico Dalceri (la Mabilia). Un tuffo nel passato
per ricordare (o riscoprire) il sapore della cultura
popolare e raccogliere il messaggio finale: uno sguardo
sul futuro, valorizzando però la nostra tradizione
artistica e culturale.
[emiliana palmieri]