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Anno
2013
Genere
Drammatico/Biografico
In
scena
dal 22 al 24 marzo al teatro Eutheca
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Autore |
Romano
Talevi |
Regia |
Romano
Talevi |
Scene |
Verunska
Nanni |
Costumi |
Mariella
D’Amico |
Luci |
Luca
Barbati |
Musica |
Filippo Torre Swicth |
Interpreti |
Rita
Pasqualoni, Pierfrancesco Ceccanei, Antoinette Kapinga
Mingu, Romano Talevi |
Produzione |
Teatro
Eutheca |
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«C’è
una strada nel deserto, immersa nelle sabbie. Una linea lunga
e nera che penetra nel cuore della terra, verso la fine del
mondo… Potresti camminarci su quella strada per una vita
intera, senza incontrare mai nessuno. Perché non serve
a nessuno, non ha nessuna utilità pratica». Così
comincia “Sabbie”,
spettacolo teatrale diretto da Romano Talevi e dedicato alla
giornalista Ilaria Alpi, uccisa a Mogadiscio mentre indagava
su una losca collaborazione tra governi e criminalità
locale. Al centro dei suoi pensieri una strada, la Garoe-Bosaso,
opera imponente ma completamente inutile per la popolazione
somala. In verità sotto l'asfalto si nascondono tonnellate
di rifiuti radioattivi, interrati nel Corno d'Africa con il
benestare di governi ed autorità locali. La curiosità
diventa caratterizzante nel personaggio interpretato da Rita
Pasqualoni, giornalista indomabile nella ricerca della verità,
sempre pronta a registrare ogni scoperta sul taccuino. L'interpretazione
dei segni è la chiave della sopravvivenza; segni che
però Ilaria non riesce a cogliere durante la permanenza
in terra africana, sebbene i personaggi del militare e della
donna somala (metafore di una doppia cittadinanza occidentale
e orientale della reporter) si sforzino di metterla in guardia
più volte. Il mondo deve sapere, la storia va raccontata...
Ma il tragico epilogo è dietro l'angolo.
La sceneggiatura ricalca
per gran parte della sua articolazione il film di Ferdinando
Vicentini Orgnani “Il più crudele dei giorni”:
l'incontro con Marcello Costa, la partenza per Bosaso, l'inefficacia
della risoluzione ONU Enduring Freedom, il ruolo di Giancarlo
Marocchino. Sono tutti tasselli di un mosaico che, per quanto
ampiamente discusso nelle arene televisive e parlamentari,
non può considerarsi di pubblico dominio. L'opera teatrale
pecca proprio nel considerare risapute le vicende collaterali
di quel 20 marzo 1994, spaziando a mano libera tra i numerosi
viaggi in Somalia, la pregressa esperienza in di Ilaria e
Miran nell'ex Jugoslavia e i cambi al vertice del contingente
italiano, mescolando il tutto in una sequenza priva di continuità
cronologica. Le interviste, gli incontri e le indagini sono
flashback in ordine sparso e lasciano lo spettatore sufficientemente
cosciente per l'indignazione finale: ricordiamoci dei morti
quando sono ancora in vita.
Apprezzato dal pubblico
il colorato tributo finale a “Mamma Africa”.
[gianluigi cacciotti]
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