|
|
Autore |
Francis
Veber |
Regia |
Claudio Boccaccini |
Scene |
Gianluca
Amodio |
Costumi |
Lucia
Mirabile |
Luci |
Rocco
Giordano |
Interpreti |
Pietro
De Silva,
Felice Della Corte,
Silvia Brogi,
Marco Cavallaro,
Paolo Perinelli,
Guido Goitre |
Produzione |
Teatro
Nino Manfredi,
Ge.Ser.T.E C Srl
|
|
In
una stanza d’albergo, Ralph (Felice Della Corte), un killer
professionista molto quotato nel suo ambiente, serio, meticoloso
e che ha sempre rispettato alla lettera ogni contratto, sta
per portare a termine la “missione” più importante
della sua vita. Tutto è stato predisposto fin nel minimo
dettaglio e con la massima maniacale professionalità
per evitare qualsiasi imprevisto, ma il malvivente non ha fatto
i conti con il destino che gli appioppa come vicino di stanza
tale Pignon (Pietro De Silva), imbranato, vulcanico, instancabile
pasticcione. Dilaniato da pene d’amore, con improbabili
smanie suicide: la moglie lo ha lasciato e lui ha affittato
una stanza nel piccolo hotel nella stessa città in cui
l'ormai ex moglie si è trasferita con il nuovo compagno.
Vuole tentare di persuaderla a tornare con lui.
"Il rompiballe"
di Francis Veber è considerato un capolavoro della drammaturgia
comica mondiale. Dal testo teatrale sono stati tratti due film
di successo: "L’emmerdeur"
di Molinaro con Lino Ventura e "Buddy
Buddy" di Billy Wilder con Jack Lemmon
e Walter Matthau.
Se ne deduce che due sono le travi portanti dello spettacolo:
la regia e l'interpretazione dei protagonisti. Se questi elementi
sono deboli o poco convincenti, lo spettacolo non è riuscito;
in caso opposto avremo un risultato esilarante ed indimenticabile.
Purtroppo nella messa in scena diretta da Claudio Boccaccini,
prevalgono le debolezze e le imperfezioni che portano ad uno
spettacolo per nulla convincente.
La scenografia composta da un unico quadro, divisa in due camere
di albergo speculari e comunicante, avrebbe richiesto una regia
capace di movimentare la scena, oltre al facile passaggio da
una camera all'altra. Avrebbe richiesto un miglior uso del fuori
campo, un'idea capace di cambiare marcia e registro onde evitare
l'uniformità drammaturgia ed emotiva che invece accompagna
lo spettacolo per tutte le quasi due ore di durata.
Anche la coppia protagonista non convince. Pietro De Silva è
troppo impegnato in smorfiette acchiappa risate, per dare verosimiglianza
e spessore ad un personaggio che deve essere buffo, senza apparire
come un demente completo. Felice Della Corte, in teoria la spalla
seria di De Silva (una brutta copia di Dean Martin e Jerry Lewis
a cui probabilmente si ispiravano), risulta invece sin troppo
ingessato nella serietà del personaggio. Una coppia che
fatica ad incontrarsi; l'amalgama tra i due, forse per l'emozione
della prima (?), tarda a mostrarsi. Ne consegue uno spettacolo
freddo e per lunghi tratti irritante.
[fabio melandri] |